Il gioco allo scaricabarile

Quando il governo Meloni è alle strette, si difende col fatto di essere in carica da pochi mesi e di dover affrontare problemi annosi su cui non ha responsabilità. È una scusa che lascia il tempo che trova. Innanzitutto gli attuali governanti provengono da forze politiche che hanno governato e governato male anche in passato: si pensi ai berlusconiani, ai leghisti, alla stessa Meloni e ai suoi predecessori destrorsi. Quasi nessuno ha il coraggio di dirlo e quindi resiste questo assurdo scaricabarile verso il passato: non si possono pretendere soluzioni immediate per problemi annosi.

C’è tuttavia in ballo una questione enorme a carattere contingente: il PNRR con tutti quei soldi che ballano tra Ue e Stato italiano. Ebbene mentre stanno emergendo gravissimi ritardi, che rischiano di farci perdere un’occasione irripetibile, è pronta la scusa come emerge da quanto scrive il giornale online “Open” in un pezzo che di seguito riporto integralmente, sperando di non incorrere in qualche involontaria scorrettezza formale (mi hanno insegnato che si può copiare, basta citare la fonte).

“La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha telefonato pochi giorni fa a Mario Draghi. Il tema del colloquio è stato il Pnrr. E il discorso è stato temporalmente precedente al comunicato di Palazzo Chigi sul Recovery Plan in cui il governo Meloni ha accusato il suo predecessore per alcuni dei ritardi del piano. La premier ha spiegato all’ex Bce che non è lui il bersaglio dell’esecutivo, ma l’Europa. Che, secondo il suo punto di vista, è ostile ai sovranisti mentre era assai meno rigida con il governo precedente. Mentre non vuole concedere nulla su sbarchi e immigrazione. Non sono attacchi rivolti a te, ma un tentativo di far intendere all’Unione Europea che c’è bisogno di un atteggiamento meno rigido nei confronti del governo, è stato il senso della telefonata. Ma, scrive oggi Repubblica, a quanto pare l’ex banchiere non ci ha creduto più di tanto.

L’antefatto del colloquio tra Meloni e Draghi sta in un invito ricevuto dal professor Francesco Giavazzi. La trasmissione Rai Mezz’ora in più lo chiama per partecipare alla puntata del 26 marzo. Giavazzi è stato consigliere economico di Draghi a Palazzo Chigi. E sente proprio l’ex premier prima di accettare l’invito. Poi va in tv. E quando gli chiedono dell’Operazione Verità annunciata dall’esecutivo sul Recovery Plan è piuttosto caustico: «Chi parla di ritardi sul Pnrr non sa come funziona». E si riferisce chiaramente ai ministri dell’attuale esecutivo e alla premier. Poi fa nomi e cognomi: «Non si potevano spendere 190 miliardi. Bisognava preparare l’assetto normativo. Ora bisogna essere pronti. E il ministro Fitto comincerà ad attuare le cose». Proprio quel ministro che ieri ha accusato il governo precedente per i progetti sugli stadi di Firenze e Venezia. Il messaggio è chiaro: noi abbiamo lasciato le cose in ordine. Voi prendetevi le vostre responsabilità. Ma anche la replica rischia di esserlo.

Il quotidiano spiega che dopo le dichiarazioni di Giavazzi nel cerchio magico di Meloni si comincia a pensare che Draghi sia irritato. Un fastidio profondo che però non traspare dai comportamenti di SuperMario. Che ieri è stato visto mentre consegnava abiti e oggetti usati alla comunità di Sant’Egidio. E qui si arriva alla telefonata. Nella quale Meloni spiega la sua strategia politica: non sono attacchi rivolti a te, ma il tentativo di far intendere all’Europa che sta adottando nei nostri confronti un atteggiamento improvvisamente più rigido. Non si accontenta dei chiarimenti. Vuole sempre approfondimenti. La premier si sente vittima degli arbitri del Pnrr. Che vede come più severi rispetto al governo precedente. Un chiaro caso di sindrome dell’assedio. Che si riverbera anche nei comportamenti dei giorni successivi.

Ma c’è anche altro. Ovvero la convinzione che la rata di giugno 2023 sia a rischio. Così come quella di dicembre. Si temono richiami. E anche difficoltà nel dare spiegazioni all’opinione pubblica. Dove sarà ben chiaro a tutti che se mancano i progetti e l’Europa ci toglie i soldi sarà difficile dare la colpa a Bruxelles. In più, non sembra che le spiegazioni di Meloni abbiano convinto granché Draghi. Almeno secondo chi lo conosce bene, come Bruno Tabacci: «Io so solo che Draghi ha lasciato i conti in ordine. Ha promosso una transizione leale e ordinata. E loro adesso lo tirano in ballo. Difficile che succeda, ma se Draghi dovesse seccarsi davvero ne vedremo delle belle»”.

Gira e rigira, la colpa è della Ue e…di Draghi. Per quanto concerne la Ue (che poi, fino a prova contraria, siamo anche noi) dovremo stare molto attenti a non irritare l’interlocutore, ma a dialogare umilmente e costruttivamente, pena un corto circuito a dir poco pazzesco.

Ma mi permetto di parlare un attimo del governo Draghi. I casi sono due. Se non era in grado di gestire questa partita, chi lo ha buttato all’aria per andare a sostituirlo, avrebbe dovuto essere al corrente della cosa e non tirarla fuori adesso, sul più bello, per giustificare una situazione che sta diventando insostenibile e rischiosissima. Diversamente avrebbero dovuto lasciare Draghi stesso a cavare dal fuoco le proprie castagne.

Se invece Draghi, come credo, aveva impostato bene il lavoro, perché lo hanno sbrigativamente mandato a casa ben conoscendo la difficoltà di prenderne e gestirne l’impegnativa eredità? E poi non c’è da sorprendersi se in Europa si fidavano più di Draghi rispetto a quanto si fidino di Meloni e c. Lo sapevano benissimo: il carisma e la classe di Draghi non erano e non sono acqua. Invece di investirlo maldestramente con critiche assurde, sarebbe meglio che provassero a chiedergli qualche consiglio e qualche appoggio.

È quindi perfettamente inutile questo gioco allo scaricabarile. Gli italiani sembrano aver dimenticato in fretta la stima e l’ammirazione che nutrivano verso questo personaggio e sembrano in netta contraddizione rispetto all’ammirazione che nutrono per il presidente Mattarella, il quale lo aveva opportunamente investito della responsabilità governativa. Adesso c’è Giorgia Meloni, l’hanno voluta e se la tengano. E se perderemo un sacco di soldi, peggio per noi. Vorrà dire che siamo riusciti a farci del male con le nostre stesse mani. Speriamo che non succeda.