Una federazione scotch…ciante

“Se Atene piange, Sparta non ride”: questa espressione usa le due antiche città greche (Atene e Sparta), note per essersi trovate spesso in conflitto, al fine di affermare che, sebbene le storiche differenze e i lunghi contrasti, qualora una delle due si trovi in una situazione difficile l’altra non ha vita più facile. È evidente dunque come il significato sia estendibile ai rapporti umani e a diverse situazioni di vita quotidiana. Mi permetto di estenderla anche alla politica.

Se in questo momento il centro-sinistra piange, leccandosi soprattutto le ferite pentastellate, il centro-destra non ride: dopo essere entrato nella recente vicenda parlamentare per l’elezione presidenziale con piglio oserei dire egemonico, ne è uscito con le ossa rotte. L’aperitivo è stata la fuorviante e incredibile candidatura iniziale di Silvio Berlusconi, poi è arrivato il primo piatto della ridicola conta sul nome di Elisabetta Casellati, tritata in pasta pseudo-istituzionale, poi il secondo piatto della improvvida accettazione della candidatura di Elisabetta Belloni, dal sen fuggita (di chi non si saprà forse mai), per poi arrivare al dolce ripiegamento sulla ricandidatura di Sergio Mattarella. Il tutto cucinato dallo chef Matteo Salvini con tanto di investitura leaderistica, che si è preso regolarmente le torte in faccia da destra e manca, più da destra che da manca.

Fatto sta che il centro-destra è identitariamente e politicamente spaccato in tre tronconi: uno all’opposizione del governo Draghi, uno con un piede dentro e uno fuori dal governo, uno incollato alle sedie del governo. A questa situazione abnorme, a cui si riesce a porre rimedio solo in periferia anche se con risultati piuttosto scarsi, si sono aggiunte le spaccature in itinere della recente maratona parlamentare per arrivare a quella addirittura sul nome di Mattarella stesso.

Se questa è una coalizione politica, che avrebbe peraltro la maggioranza nel Paese, io mi picco di essere papa Ennio primo. Non c’è argomento su cui le componenti del fantomatico centro-destra siano d’amore e d’accordo, non c’è una strategia comune se non quella di proporsi come forza di governo alle prossime elezioni. Su come e quando arrivare alla conta delle schede non c’è omogeneità di vedute: chi punta spregiudicatamente alle elezioni, intendendo trasformare il centro-destra in una destra-destra, chi preferisce aspettare la scadenza normale accontentandosi di un destra-centro, chi lavora per arrivarvi con un centro-centro. Sembra una barzelletta, ma non è così.

Su tutto domina la lotta per la leadership personale tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e un berlusconiano di ritorno ancora tutto da inventare.  Non c’è alcun dubbio che un minimo di stoffa da leader sia solo appannaggio di Giorgia Meloni: è penoso il doverlo ammettere. Salvini continua a scalpitare come un cavallo (?) pazzo assai restio ad accettare i morsi di Giorgetti, Zaia e c. (l’anima governista, autonomista e periferica della Lega).

Dopo i vari conigli della kermesse presidenziale, è spuntato quello di una federazione di centrodestra sul modello del Partito repubblicano americano. “La federazione di centrodestra delle forze che appoggiano il governo Draghi sarà uno spazio politico ove troveranno ospitalità le varie anime e le diverse sensibilità di una cultura politica alternativa al progressismo di sinistra, tutte diverse, ma tutte protese verso uno stesso obiettivo politico – dice Salvini, in un intervento su ‘Il Giornale’ – Ci troviamo a un bivio: vivacchiare può significare morire, decidersi per un cambiamento e federarsi è un rischio, ma anche un’opportunità. È l’occasione per cambiare il centrodestra e, con esso, trasformare, finalmente e in modo sostanziale, anche l’Italia. Ora o mai più”.

È pur vero che in molti casi la forma è sostanza, ma in politica tendo sempre a privilegiare la sostanza per poi vedere la forma. Non credo quindi che la forma federale possa superare le differenze sostanziali fra le forze politiche del centro-destra. Il tutto sembra più un escamotage formale per occultare i conflitti sostanziali. Oltre tutto, se ho ben capito le idee di Salvini, si tratterebbe di federare le forze che appoggiano il governo Draghi: e Fratelli d’Italia, il segmento numericamente più forte sarebbe quindi (auto)escluso dalla partita?

Non so gli elettori, ma io non ci vedo chiaro. Qualche tempo fa si discuteva del “trattino” delle coalizioni, nel caso centro-destra o centrodestra. Salvini sembra prendere atto delle diversità insanabili per combinarle positivamente in una politica alternativa al progressismo di sinistra: un progressismo (sic!) di destra o un conservatorismo di centro? Siamo sempre alle solite. Le etichette contano poco e anche il riferimento ad esperienze lontane lascia il tempo che trova. Quando militavo nella democrazia cristiana accettavo, seppure non entusiasticamente, un partito di centro che guardava verso sinistra come sosteneva Alcide De Gasperi. Gira e rigira mi sembra che Salvini ipotizzi un centro che guarda verso destra. E lui dove colloca la sua Lega? E cosa significa guardare verso destra, pensare ad un apparentamento con Giorgia Meloni? In conclusione il centro-destra “o famo strano”!