I giudici delle pulizie

Mia madre, nella sua spiccata semplicità di ragionamento, non riusciva a capacitarsi come la vicenda che portava alla luce tanta sporcizia fosse denominata “mani pulite”. Non coglieva il contrasto tra la realtà e le intenzioni. A trent’anni di distanza da quegli eventi, che segnarono comunque un’epoca, devo ammettere che aveva ragione mia madre: la realtà non è cambiata, anzi forse è peggiorata e le intenzioni sono rimaste tali o addirittura si sono ritorte contro chi le sbandierava troppo.

In quel momento storico ricordo di avere espresso ad un caro amico il mio disorientamento di fronte ad un sistema politico così compromesso con gli affari. Non rimaneva che fare riferimento a due istituzioni che promettevano pulizia e serietà: la Magistratura e la Chiesa. Qualcuno aggiungeva che per rifare una classe dirigente a livello politico sarebbero occorsi trent’anni: questo insegnava la storia.

Ebbene, sono passati trent’anni e siamo ancora senza classe dirigente, nel frattempo la Magistratura ha perso credibilità e referenzialità, la Chiesa si è trovata invischiata in affari sporchi, la corruzione continua a infestare la nostra società, il problema del finanziamento dei partiti è sempre in alto mare tra la velleitaria smania di chiudere i cordoni della borsa pubblica e il rassegnato pragmatismo di ricorrere alle borse private.

Riguardo alla Magistratura il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dice: “Nella salvaguardia dei principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della Magistratura – uno dei cardini della nostra Costituzione – l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini. È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all’Ordine giudiziario. Occorre per questo che venga recuperato un profondo rigore. In sede di Consiglio Superiore ho sottolineato, a suo tempo, che indipendenza e autonomia sono principi preziosi e basilari della Costituzione ma che il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini: questo sentimento è fortemente indebolito e va ritrovato con urgenza. I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la doverosa certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati. La Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei”.

Riguardo alla Chiesa papa Francesco afferma: «Nella Croce, Gesù è unito a tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche perché vedono l’egoismo e la corruzione o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio, per l’incoerenza di cristiani e di ministri del Vangelo».

Per quanto concerne i partiti il Capo dello Stato osserva: “La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono, in misura non marginale, dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al confronto. I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali. Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica”. 

All’inizio dell’operazione mani pulite si pensava che, come nella Bibbia, il popolo avesse bisogno di assegnare potere ai giudici: missione impossibile e sbagliata; che la politica dovesse fare un passo indietro e una cura dimagrante per rigenerarsi: desiderio utopico e fuorviante;  che all’ombra dei campanili e dei palazzi di giustizia potesse nascere una nuova classe dirigente, vaccinata rispetto ai pericoli della corruzione e dell’affarismo: discorso molto delicato e complesso, tutto da costruire pazientemente e laicamente.

Non intendo misconoscere l’importanza di una fase storica in cui emerse drammaticamente la corruzione che pervadeva la vita politica pur ammettendo che l’operazione fu portata avanti con una punta (?) di caccia alle streghe e con metodi giudiziari piuttosto sbrigativi. Resta il fatto che venne dato un colpo importante anche se non decisivo al sistema tangentizio che inquinava economia e politica. Tutti colpevoli, nessun colpevole: era la tesi craxiana. Diversi erano i livelli di responsabilità e di punibilità pur in una notte dove i gatti tendevano ad essere tutti bigi.

È stata fatta pulizia? Si è tolta parecchia sporcizia, ma le radici della corruzione sono rimaste intatte ed hanno alimentato nuove piante e nuove foreste. L’illusione delle scorciatoie si è sciolta in breve tempo e siamo ancora lì con qualche consapevolezza in più, con qualche “sporcaccionata” in meno (?), ma con intatta necessità di vera ed autentica opera di bonifica.

Le mani sono rimaste piuttosto sporche: fisiologico, inevitabile o patologico? Alla politica ed alle sue mani, andando a prestito da Gino Paoli e Ornella Vanoni, potremmo cantare così: “Senza fine, tu sei un attimo senza fine, non hai ieri non hai domani, tutto è ormai nelle tue mani, mani grandi mani senza fine”.