Balliamo coi lupi

Sono perfettamente d’accordo col fatto che Vladimir Putin sia il più inaffidabile degli interlocutori, ma non capisco trattare e contemporaneamente dare per scontato che la Russia abbia già deciso di invadere l’Ucraina: non mi sembra il modo migliore per tentare un dialogo, seppure con il massimo realismo e con tutte le cautele del caso.

Non vorrei che succedesse come nella vicenda irachena: Saddam Hussein avrebbe avuto le armi proibite e quindi gli si fece guerra, salvo a distanza di tempo ammettere che le prove delle violazioni erano fasulle. Putin non merita certo fiducia, ma continuare a gridare al lupo, serve solo al lupo stesso.

D’altra parte se il presidente russo è un personaggio squallido anche l’occidente, in quanto a squallore non scherza.  Aggiungiamoci anche la triste realtà degli egoismi occidentali, che minano la forza d’urto in una trattativa paradossalmente fatta solo di parole, non di interessi contrapposti, e tanto meno di strategie internazionali a confronto. Tutto è sanguinosamente evanescente, avvolto nella nebbia guerrafondaia, paralizzato dalla miopia dei forti e dei deboli.

Se devo essere sincero rimpiango la guerra fredda: almeno c’era un minimo di chiarezza pur pagato a prezzi incalcolabili. I prezzi ci sono anche oggi e di chiarezza non esiste nemmeno un barlume. L’impero sovietico non esiste più, rimane solo la velleitaria e testarda volontà di potenza russa. L’occidente è diviso fra la fobia cinese degli Usa, lo stucchevole ombrello della Nato, l’armata Brancaleone europea. A latere il nuovo e possente imperialismo cinese che sta a guardare quanto succede, pronto a sfruttare le occasioni propizie per continuare a comprare il mondo.

Di fronte ad una simile situazione diventa impossibile pensare a una trattativa che possa aprire qualche spiraglio di coesistenza pacifica in uno scenario prebellico così articolato e incancrenito.

E l’Italia? Potrebbe giocare un ruolo che, partendo da una pragmatica difesa di interessi nazionali piuttosto particolari e sfruttando un certo qual rapporto di sopportazione con la Russia, avrebbe qualche possibilità di successo. Ci vorrebbero uno statista alla De Gasperi, un diplomatico alla Moro, un autorevole internazionalista alla Fanfani, il tutto condito in salsa Lapiriana.

Più i giorni passano e più mi accorgo che a Mario Draghi abbiamo consegnato una eccessiva cambiale in bianco. Come ho già detto e scritto, mi aspettavo molto di più. Mio padre direbbe comunque che “ ’na nóza in -t-un sach, la ‘n fa miga ‘d’armor”. Sono d’accordo, ma a volte anche una noce, se collocata nel punto giusto, può essere determinante. Il problema è che l’Italia non ha nemmeno la consistenza diplomatica di una noce. Mi auguro vivamente di  sbagliarmi e che Draghi possa fare almeno egregiamente la sua (e la nostra) parte.

Non resta che sperare come forse, in fin dei conti, nessuna delle parti in causa abbia interesse a far scoppiare una vera e propria guerra e che quindi si possa ripiegare su una tensione continua sempre sul filo del rasoio. In attesa che avvenga qualche miracolo pacifista. I pacifisti, si dice, non concludano un cavolo: sì, perché gli altri cosa concludono?