Al centro della disattenzione

Ci risiamo con questo centrismo del cavolo, che non si capisce cosa sia e dove stia. Ne ho fatto il pieno durante la mia militanza politica nella Democrazia Cristiana, consolato dalla visione degasperiana di un centro moderato che guarda però a sinistra. Oggi la scena politica è cambiata, vedo soltanto estremismo di destra, sarebbe meglio dire populismo e sovranismo, mentre la sinistra, sarebbe meglio dire il PD, è forse già anche troppo moderata e quindi centrista.

Secondo il Dizionario di Politica di Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino, il centrismo “indica, secondo la tradizionale visione geometrica della politica, […] la posizione intermedia per antonomasia”. “Non vi è dubbio che il centrismo corrisponde al moderatismo, ma mentre per i centristi “in medio stat virtus”, per gli oppositori esterni centrismo è sinonimo di indecisione, di immobilismo, di opportunismo e così via”.

Personalmente non sono in cerca del centro, ma di una sinistra veramente tale, ecco perché guardo con scarso interesse al limite dello scetticismo alle manovre in corso per il fantomatico partito dei centristi. Italia viva (il partitino di Renzi), Coraggio Italia (il partitino dei forzisti pentiti), gli altri cespuglietti più o meno anacronisticamente nostalgici della DC cercano l’ago centrista nel pagliaio della incasinata politica italiana. Come scrive Niccolò Carratelli su La stampa, una parte importante la potrebbe giocare Pierferdinando Casini. “Da aspirante presidente della Repubblica a possibile federatore dei centristi italiani. Pierferdinando Casini si muove, come d’abitudine, sottotraccia. Ieri è stato a pranzo ad Arcore da Silvio Berlusconi: «Un incontro affettuoso e di connotazione umana, più che politica – assicura l’ex presidente della Camera – non abbiamo parlato dell’attualità politica, solo degli scenari internazionali». Sarà, ma tra gli ex democristiani in Parlamento c’è chi racconta che l’ex leader Udc stia seguendo con interesse i “lavori in corso” al centro: «Lui pensa di mandare avanti gli altri, come Renzi e Toti, vedere come si sviluppa il progetto e poi entrare al momento giusto», spiega un deputato amico”.

Mettiamoci anche la manina di Berlusconi e la frittata è fatta. Con un padrino come lui e una eminenza grigia come quella di Casini siamo sicuri che la manovra avrà i crismi della pura e opportunistica ricerca del potere. Una DC più riveduta e scorretta di così…

Mi stupisco un po’ di Matteo Renzi: quando si tratta di fare mosse tattiche ha una certa lucidità, ma, quando il livello si alza e diventa strategico, ci casca l’asino. Capisco l’ansia di liberarsi definitivamente delle scorie della mentalità comunista assai dure a morire, capisco il tentativo di modernizzare la politica sganciandola dagli schemi rigidi dei tempi passati, capisco l‘intenzione di recuperare i valori di quel cattolicesimo democratico che fatica molto a trovare il giusto riscontro nel partito democratico, capisco persino le ambizioni personali dell’uomo, ma se Renzi si scioglie nell’ipotizzabile contenitore centrista temo che farà una brutta fine: fin qui niente di drammatico (se piace a lui…), ma il problema riguarda l’ulteriore  falsa piega che prenderebbe il panorama politico italiano.

Ho ascoltato una lettura di parte grillina della recentissima vicenda parlamentare finalizzata all’elezione del presidente della Repubblica. I pentastellati si vantano di avere stoppato manovre e candidature negative, riferendosi soprattutto a quella di Casini e a quella di Amato. Non hanno tutti i torti. Glielo concedo. Non ritorno su Giuliano Amato, che vedo molto meglio alla breve presidenza della Corte Costituzionale. Quanto a Casini, se la sua salita al Colle voleva essere una premessa istituzionale alla manovra centrista, un motivo in più per stopparlo e buttarsi nelle braccia di Mattarella. Mi sento di applicare ai grillini il famoso detto parmigiano: “Anca i mat i gan la sò virtù”.

A parte le mattate più o meno positive dei pentastellati, tornando alla bombetta del centrismo all’italiana, ricordo come questo discorso spunti sempre nei momenti di maggiore incertezza politica, come una improbabile e illusoria bussola equilibratrice dei contrasti e dei conflitti.

Il benaltrismo è un espediente retorico che consiste nell’eludere un tema o un problema posto in una discussione, adducendo semplicemente l’esistenza di altre problematiche più impellenti o più generali, spesso senza chiarirle specificamente.  Ciononostante non esito ad affermare che alla politica italiana occorre “ben altro” che un ricorso pragmatico e tattico al centrismo.