Stupro ultimo atto

Il fenomeno dello stupro è un po’ come il coronavirus, sta assumendo connotati e caratteristiche variabili, che lo rendono ancora più sfuggente e difficile da combattere e soprattutto da prevenire.  Non esistono infatti limiti territoriali: si stupra a Milano e a Roma come in tutte le altre città e zone. Non ci sono limiti localistici: si stupra in piazza e nelle ville. Non si vedono limiti sociali: si va dallo stupro di massa a quelli della società bene. Non si hanno procedure particolari: si passa dai sabba allargati ai festini a base di sesso, alcool e droga. C’è lo stupro popolare e quello d’élite, quello dei ragazzi di strada e quello dei “bravi” ragazzi.

Un dato comune ed inquietante è la totale assenza e indifferenza genitoriali. Mia sorella, acuta ed appassionata osservatrice dei problemi sociali, nonché politicamente impegnata a cercare, umilmente ma “testardamente”, di affrontarli, di fronte ai comportamenti strani, drammatici al limite della tragedia, degli adolescenti era solita porsi un inquietante e provocatorio interrogativo: «Dove sono i genitori di questi ragazzi? Possibile che non si accorgano mai del vulcano che ribolle sotto la imperturbabile crosta della loro vita famigliare?». Di fronte ai clamorosi fatti di devianza minorile, andava subito alla fonte, vale a dire ai genitori ed alle famiglie: dove sono, si chiedeva, cosa fanno, possibile che non si accorgano di niente? Aveva perfettamente ragione. Capisco che esercitare il “mestiere” di genitori non sia facile ed agevole: di qui a fregarsene altamente…

Un altro presupposto drammatico è costituito dalla cosiddetta cultura dello sballo. La trasgressione, da che mondo è mondo, è tipica dei giovani e porta in sé anche degli elementi interessanti su cui costruire qualcosa di buono. La trasgressione invece è ormai diventata un modus vivendi, l’altra faccia della medaglia esistenziale, il contrappunto psicologico delle giovani generazioni, una fuga totale dai valori, il rifiuto del vivere da persone per ripiegare sugli istinti animaleschi. È inevitabile che a farne le spese siano i soggetti più deboli: le giovani e giovanissime donne e i ragazzi diversi per debolezza fisica, mentale e culturale. A volte scatta addirittura una sorta di sindrome di Stoccolma, in cui le vittime potenziali di un abuso, in maniera quasi paradossale, si immergono in situazioni che possono fare da prologo ai misfatti, salvo poi rimanerne sconvolte e distrutte. Mi capita di pensare a ciò, quando osservo le ragazze affascinate dall’emergente potenziale bullismo dei ragazzi e la loro smania di emulazione. Mi verrebbe spontaneo chiedere a queste ragazze, che si prostrano psicologicamente agli atteggiamenti violenti e presuntuosi dei loro coetanei: “Ma non capite che state andando incontro alla rovina? Svegliatevi!”.

Un ulteriore dato comportamentale riguarda l’assenza totale di interesse verso i problemi sociali e politici: i giovani che non discutono, ma sanno solo ridacchiare, non litigano sui problemi, ma sulle ragazzine da coinvolgere nelle loro scorribande sessuali. La valutazione dei problemi è infatti un grosso antidoto alla devianza ed all’alienazione. La politica è la grande assente non tanto in quanto incapace di elaborare una strategia di attenzione verso i giovani, ma in quanto totalmente fuori dalla portata dei giovani stessi, elemento ad essi estraneo, da non prendere nemmeno in considerazione.

La vita si incaricherà di metterli drammaticamente di fronte alla realtà: lutti, disavventure tragiche, delusioni cocenti, choc anafilattici a livello psicologico. Sarà comunque sempre tardi per svegliarsi, forse troppo tardi.

Non c’è più nemmeno lo scontro generazionale, perché le generazioni si ignorano reciprocamente, salvo accorgersi dei disastri a “stupro avvenuto”. È un quadro allarmante e sconfortante. Sono venuti meno tutti i riferimenti educativi: dalla famiglia alla parrocchia, dalla scuola allo sport, dalle amicizie agli innamoramenti, etc. etc. Il nulla che avanza e ci interroga. Cosa rispondere?

Da anziano, catalogabile come brontolone inconcludente, tento di reagire con la testimonianza, l’unica arma che alla lunga può almeno interessante se non vincente. Non la supponenza derivante dalle nostalgie del passato, ma l’umiltà frutto dell’esperienza e della cultura. La mia principale ansia è quella di comunicare qualcosa ai giovani, prendendolo dal mio bagaglio esistenziale fatto di errori, difetti ed elementi di vita vissuta. Tentare non nuoce, anche se le occasioni sono poche, in una società assurda nella sua frenesia e vuota nel suo struggente conformismo. Non mi scandalizzo, non piango e non rido, vorrei provare a dire e fare qualcosa. Sono a disposizione!