Viviamo in un mondo posto nelle mani di un autentico criminale politico, Vladimir Putin (la domanda che mi pongo su questo personaggio, in una sorta di macabra verifica contabile, è se abbia più o meno cadaveri sulla coscienza rispetto a Stalin e Hitler), di una nazione, la Cina, che riesce a combinare il peggior comunismo con il peggior capitalismo, degli Usa preoccupati solo di arginare in qualche modo lo strapotere cinese e governati da un deludentissimo Joe Biden, al quale va dato il merito di avere accantonato il trumpismo, ma che, oltre ai piedi, si trascina il cervello, di una fantomatica Europa disunita che ha paura di disturbare i “grandi” senza avere l’ardire di diventare “grande”.
Cosa può capitare se queste sono le premesse? Di tutto e di più. Una guerra qui, una guerra là, una guerra continua, come dice papa Francesco. Non voglio fare l’idealista ad oltranza, ma, se la considerazione degli interessi economici prevale sul rispetto dei diritti dei popoli e delle persone, si può arrivare a ben miseri e squallidi equilibri internazionali.
La Russia invade l’Ucraina. Sono più importanti i diritti degli ucraini o il gas della Russia? A parole si attacca Putin, gli si affibbia qualche sanzione, che gli fa solletico, ma in realtà non lo si vuol disturbare più di tanto, perché non si può prescindere dalle fonti energetiche controllate dalla Russia. Gli Usa fanno finta di preparare una “guerretta”, gli europei trattano sotto banco, i cinesi ammiccano.
Qualcuno dirà che sto scoprendo l’acqua calda, che il mondo è sempre andato così, che è perfettamente inutile pensare alla pace, meglio accontentarsi di galleggiare sulla guerra.
Giustamente si ritiene che il prossimo presidente della Repubblica italiana debba essere un perfetto atlantista ed un convinto europeista. Io lo vorrei un po’ pacifista, anche perché l’atlantismo è ormai relegato da tempo nelle cantine della storia, mentre l’europeismo è collocato nelle soffitte dell’idealismo. Degli “ismi” l’unico che rimane valido è appunto il pacifismo, quello alla Giorgio La Pira, che andava a colloquio con i “grandi” a mani nude, armato solo delle preghiere delle suore di clausura.
In questi giorni rivedo in modo critico l’esperimento di Mario Draghi al governo ed ammetto di essere decisamente stanco del “draghismo” imperante: dopo essere stato l’antidoto della pandemia, l’artefice della ripresa economica, il simbolo della riscossa italiana, ora sarebbe anche il perno degli equilibri mondiali. Qualcuno ha ipotizzato che la crisi russo-ucraina possa spingere Draghi sul Colle, così come l’attentato mafioso a Falcone portò Scalfaro al Quirinale.
Stiamo facendo un pessimo servizio a Draghi, all’Italia, all’Europa ed al mondo. Teniamo i piedi per terra, la terra della testarda e irrinunciabile ricerca della pace. L’Italia non conterà solo nella misura in cui avrà un presidente forte ed autorevole, ma soprattutto se avrà il coraggio di essere forte ed autorevole nella sua politica di pace, guidata da personaggi che partano autorevolmente e coerentemente da idee di pace.