La sinistra dormigliona

“Guardiamo ancora una volta al presepe e vediamo che Gesù alla nascita è circondato proprio dai piccoli, dai poveri. Sono i pastori. Erano i più semplici e sono stati i più vicini al Signore. Lo hanno trovato perché, «pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge» (Lc 2,8). Stavano lì per lavorare, perché erano poveri e la loro vita non aveva orari, ma dipendeva dal gregge. Non potevano vivere come e dove volevano, ma si regolavano in base alle esigenze delle pecore che accudivano. E Gesù nasce lì, vicino a loro, vicino ai dimenticati delle periferie. Viene dove la dignità dell’uomo è messa alla prova. Viene a nobilitare gli esclusi e si rivela anzitutto a loro: non a personaggi colti e importanti, ma a gente povera che lavorava. Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro. Ci ricorda quanto è importante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro. Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! E impegniamoci per questo”.

È il passaggio più interessante dell’omelia della Santa Messa della Notte di Natale celebrata in S. Pietro da papa Francesco. Tutti vi hanno letto un forte richiamo per la politica ad affrontare i problemi sociali più drammatici e urgenti. Non voglio certo fare l’esaltazione papale a tutti i costi. Anzi, parto proprio da una stridente contraddizione.

Afferma il papa: «Ecco che cosa chiedere a Gesù per Natale: la grazia della piccolezza. “Signore, insegnaci ad amare la piccolezza. Aiutaci a capire che è la via per la vera grandezza”. Ma che cosa vuol dire, concretamente, accogliere la piccolezza? Per prima cosa vuol dire credere che Dio vuole venire nelle piccole cose della nostra vita, vuole abitare le realtà quotidiane, i semplici gesti che compiamo a casa, in famiglia, a scuola, al lavoro. È nel nostro vissuto ordinario che vuole realizzare cose straordinarie. Ed è un messaggio di grande speranza: Gesù ci invita a valorizzare e riscoprire le piccole cose della vita. Se Lui è con noi lì, che cosa ci manca? Lasciamoci allora alle spalle i rimpianti per la grandezza che non abbiamo. Rinunciamo alle lamentele e ai musi lunghi, all’avidità che lascia insoddisfatti! La piccolezza, lo stupore di quel bambino piccolo: questo è il messaggio».

Mentre risuonavano queste provocatorie parole le telecamere indugiavano sulla maestosità della Basilica di S. Pietro e sulla scenografia natalizia improntata alla ricerca “dell’effettaccio”, della grandiosità dell’immagine della Chiesa e non certo della sua piccolezza. A quando celebrazioni più sobrie e coerenti con il dettato evangelico? Quel papa che alla sua prima apparizione sulla balconata esterna della Basilica rifiutò categoricamente segni lussuosi, perché non ha il coraggio di sfrondare le celebrazioni liturgiche riducendole all’osso eucaristico?

È un vero peccato perché anche le più forti esortazioni rischiano di perdere mordente inserite in un contesto così spettacolarmente fuorviante, che non lascia trasparire il contrasto tra sacro e profano, ma si mette perfettamente in linea con il consumistico ritualismo pagano. Demagogia liturgica o coerenza evangelica?

Nonostante ciò il papa riesce a lanciare messaggi molto ficcanti e toccanti. Tutti hanno applaudito al forte richiamo per la dignità e la sicurezza del lavoro, salvo poi continuare a fare orecchie da mercante e occhi foderati di prosciutto davanti alla orribile e terribile sequela di infortuni e morti sul lavoro. Un caro amico, nell’ambito di una graditissima telefonata augurale, mi ha posto una domanda: “È possibile che solo il papa abbia il coraggio di dire qualcosa di sinistra?”. Non si tratta di invasione di campo, ma di opportuno richiamo alle coscienze di tutti, in particolare di chi ha responsabilità politiche ed imprenditoriali.

Voglio soffermarmi solo un attimo sulla politica e sul partito che dovrebbe incarnare i valori del progresso sociale. Il partito democratico è afono e inconcludente su queste tematiche, preferisce divagare altrove, vale a dire alla ricerca di un benessere generale e indistinto, peraltro sempre più impossibile da raggiungere in una situazione di normalità emergenziale, senza capire che la difesa della propria identità consiste innanzitutto e soprattutto in queste concrete ed irrinunciabili battaglie sociali. Va benissimo (si fa per dire) sostenere il governo Draghi, schierarsi per la vaccinazione, brigare a livello istituzionale, ribadire la vocazione europeista, ma ai poveri cristi chi ci pensa? Attenzione perché i piccoli e i poveri possono anche prendere degli abbagli a livello populistico e rivolgersi incautamente a chi sbraita senza costrutto. E se succede, come poi dar loro torto. Se mancano gli annunciatori credibili, i poveracci possono rifugiarsi nell’illusorio luccichio dei falsi profeti.

Dal momento che siamo in periodo natalizio, accogliamo l’invito papale, guardiamo al presepe, quello tradizionale, e scegliamo la figura che meglio rappresenta la politica, la sinistra in particolare: quella del “dormiglione”. Lui della nascita di Gesù se ne sbatte altamente, sta vicino al fuoco, dorme della grossa, non si scompone minimamente.