La morte non è il mestiere genitoriale

Sono stati arrestati a Detroit i genitori del 15enne Ethan Crumbley, accusato per la sparatoria di martedì all’Oxford High School, una scuola del Michigan, con un bilancio di quattro studenti uccisi e sette feriti. Lo riporta la Cnn. James e Jennifer Crumbley sono stati rintracciati al primo piano di un edificio lungo Bellevue Street, nei pressi del luogo in cui era stata trovata la loro auto nelle scorse ore, ha detto alla Cnn il portavoce della polizia di Detroit, Rudy Harper. Il ragazzo è stato incriminato per omicidio di primo grado, terrorismo e sette tentativi di omicidio. La coppia è stata invece accusata di omicidio colposo per aver lasciato all’adolescente la possibilità di utilizzare un’arma da fuoco. Per la strage Ethan Crumbley ha usato una pistola Sig Sauer calibro 9, acquistata dal padre quattro giorni prima. Poche ore prima della sparatoria, il ragazzo era stato convocato dai dirigenti scolastici con i genitori per i suoi comportamenti sospetti.

Per il commento a questa notizia di cronaca cedo la parola a mia sorella Lucia che era un’acuta ed appassionata osservatrice dei problemi sociali, nonché politicamente impegnata a cercare, umilmente ma “testardamente”, di affrontarli. Di fronte ai comportamenti strani, drammatici al limite della tragedia, degli adolescenti era solita porsi un inquietante e provocatorio interrogativo: «Dove sono i genitori di questi ragazzi? Possibile che non si accorgano mai del vulcano che ribolle sotto la imperturbabile crosta della loro vita famigliare?». Di fronte ai clamorosi fatti di devianza minorile, andava subito alla fonte, vale a dire ai genitori ed alle famiglie: dove sono, si chiedeva, cosa fanno, possibile che non si accorgano di niente? Aveva perfettamente ragione. Capisco che esercitare il “mestiere” di genitori non sia facile ed agevole: di qui a fregarsene altamente…

Quanto alle armi vado a prestito da mio padre, il quale rifiutava rigorosamente che mi venissero regalate armi giocattolo, in quanto riteneva che con le armi non si potesse scherzare, nemmeno per gioco: si comincia infatti giocando e si finisce ammazzando. Aveva fatto il servizio militare con spirito molto utilitaristico ed un po’ goliardico (per mangiare perché a casa sua si faceva fatica), cercando di evitare il più possibile tutto ciò che aveva a che fare con le armi (esercitazioni, guardie, tiri, etc.) a costo di scegliere la “carriera” da attendente, valorizzando i rapporti umani con i commilitoni e con i superiori, mettendo a frutto le sue doti di comicità e simpatia, rispettando e pretendendo rispetto al di là del signorsì o del signornò.

Le uniche armi che consentiva ai ragazzi che proprio volevano azzuffarsi erano “i bastón ‘d pàn francêz. Aggiungeva però un avvertimento con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a  guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón».