“Quirinale o no, c’è una cosa che Berlusconi di questi tempi ripete a tutti i suoi interlocutori: i no vax sono un pericolo per la salute e per la ripresa. Il Cavaliere quindi vede di cattivo occhio che ai nemici dei vaccini venga dato un microfono, che diventa facilmente un megafono. Se poi tutto questo avviene nelle sue televisioni allora non ci siamo”. Così dicono e scrivono i bene informati.
Affermava Nicola Tranfaglia agli albori del berlusconismo: “Giornali e televisioni sono oggi più’ efficaci e penetranti delle squadre di ribaldi che usò il Fascismo per conquistare le campagne e poi le città”. Il Berlusconismo è decollato, si è affermato, ha messo le radici, si è riproposto una seconda e poi una terza volta basandosi soprattutto su questo strapotere mediatico, frutto di una legislazione clientelare varata durante la cosiddetta prima Repubblica, di una normativa successiva sempre più invasiva, di un conflitto d’interessi gigantesco e paradossale subìto, sottovalutato, stemperato nel gioco al massacro di “tutti hanno il loro conflitto d’interessi”, di opportunismo e di trasformismo da parte della casta giornalistica, di illusoria “par condicio” buona solo a fare da specchietto per le allodole in campagna elettorale, di autorità messe a far la guardia alla stalla dopo che i buoi sono scappati o addirittura già macellati, di un menefreghismo legale che fa orecchie da mercante verso le contestazioni di provenienza UE e via discorrendo.
Le macerie del berlusconismo ci hanno comunque regalato uno strapotere mediatico che si è gradualmente trasformato in conformismo mediatico imponente e stomachevole, che tutto avvolge nell’ovatta, che tutto sfuma, che tutto stempera. É assai più fastidioso e subdolo chi tace per non dire, chi dice e non dice, chi fa l’equilibrista di maniera, chi si è specializzato nella critica sempre e comunque bipartisan, chi sostiene che il potere è sempre stato invadente (chiunque lo abbia esercitato), chi, esperto in matematica, fa le equivalenze che tornano sempre alla pari, chi fa di ogni erba un fascio.
Questo conformismo mediatico sta trovando una evidente manifestazione nel pensiero unico riferibile ai discorsi imperanti sulla vaccinazione e sul governo Draghi. Nessuno mi toglie dalla testa che il presidente Mattarella si sia accorto di essere diventato suo malgrado il perno di questo pensiero unico dell’extra-politica e che quindi intenda togliere un pericoloso alibi istituzionale a tale deriva cultural-mediatica.
Silvio Berlusconi si sta accorgendo di essere tagliato fuori da questo processo involutivo e sta sparando le sue ultime cartucce al fine di rientrare nel gioco che gli è sfuggito di mano. Le sue televisioni sono forse le uniche fuori da questo circuito sistemico: lui sta tentando un rientro piuttosto invasivo al limite del farsesco con la candidatura alla presidenza della Repubblica e si accorge che i media di sua proprietà cantano fuori dal coro e rischiano paradossalmente di ostacolare o, quanto meno, di non agevolare, la sua tattica di perfetta omologazione al sistema.
Lui un giorno sì e l’altro pure si schiera dalla parte dei “vaccinisti” e le sue televisioni osano stonare maldestramente nel coro mediatico osannante verso lo scientifico toccasana di tutti i mali. Lui suda sette camicie per affrancarsi da una destra rissosa e inconcludente e le sue televisioni fanno da cassa di risonanza ai Salvini e alle Meloni di turno. Lui la dà su alla grande a Mario Draghi e le sue televisioni osano mettere in discussione l’operato del governo di cui lui è il più convinto sostenitore e difensore. Lui punta al Colle e le sue televisioni si sbizzarriscono in dietrologie spurie e contrarie ai suoi, peraltro impenetrabili, disegni.
Se, come si poteva temere nella fase trionfante, il berlusconismo faceva il verso al fascismo, oggi Berlusconi, rimasto senza berlusconismo, fa penosamente il verso a Pietro Badoglio. C’era una canzoncina satirica che diceva: “O Badoglio, Pietro Badoglio, ingrassato dal fascio littorio, o Badoglio, Badoglio, Badoglio, tu ci hai rotto abbastanza i coglion…”.
Da tempo il cavaliere è stato sbalzato giù dal podio: gli è rimasto soltanto l’orchestrina dei suoi affari più o meno privati. È tornato a cantare a ruota libera sulle navi da crociera. Negli ultimi tempi sta provando a rimettere in piedi almeno un coro che lo possa accompagnare nelle sue scorribande solistiche. Niente da fare, i coristi stonano e lui si trova costretto a cantarsela tutta da solo. Oltre tutto non si riesce nemmeno a capire la romanza o la canzone che sta tentando di cantare. Chi ci capisce qualcosa è bravo.