Più che per i cittadini occorrerebbe un green pass per il governo, una certificazione di buona condotta contro il covid. Per rilasciare un tale attestato bisogna ripercorrere la storia (ancora in pieno svolgimento) del comportamento tenuto dallo scoppio della pandemia in avanti. Qualcuno fa addirittura il processo alle intenzioni precedenti il devastante scoppio dell’infezione: mi sembra eccessivo e dietrologico, meglio stare all’evidenza delle scelte compiute piuttosto che all’immaginazione delle ritrosie omertose.
Il filo conduttore è quello della rinuncia alla politica con la scusa di rimettere i destini del mondo nelle mani della scienza. L’agenda l’hanno dettata i virologi e gli organismi ad essi annessi e connessi. Gli impegni decisionali sono stati assolti sotto il continuo ricatto dell’urgenza in barba alla Costituzione ed alle Istituzioni repubblicane, al limite della illegalità giustificata da una conclamata precarietà nella salute dei cittadini. Tutto si è svolto all’interno di questo discutibilissimo e rischiosissimo canovaccio.
Il governo Conte aveva imbellettato la propria azione, ricorrendo ad una sorta di conferenza stampa permanente, atta a caricare di preoccupazione il già drammatico stato d‘animo della gente ed a giustificare continue violazioni allo stato di diritto visto come un inciampo ad affrontare concretamente l’emergenza.
Speravo che il governo Draghi riuscisse a invertire questa tendenza reimpossessandosi del quadro completo della situazione, invece con l’incarico al generale Figliuolo è stata fatta la quadratura del cerchio: per la vaccinazione di massa serviva l’esercito vero e proprio, per il resto è continuata l’abdicazione di potere verso la sfilacciata e contraddittoria armata della scienza.
Il green pass, in attesa dell’imminente introduzione dell’obbligo vaccinale più o meno camuffato dall’allargamento dello stesso pass (anche i costituzionalisti sembrano ormai convinti e schierati sulla ragion di vaccino), altro non è che il sigillo procedurale apposto ad un’azione sconclusionata nella sua rigidità, rigida nella sua sconclusionatezza. Basta osservarne gli effetti devastanti sul piano sociale, economico e politico. Socialmente parlando è stato come buttare benzina sul fuoco della tensione accumulata: sono esplosi i rancori e i conflitti con tanto di inevitabili strumentalizzazioni. Si pensava che la piazza andasse fuori controllo per la mancanza di lavoro e per l’impoverimento di larghi strati della popolazione, invece la rabbia si è sfogata, come spesso avviene, sul problema dei vaccini o meglio sulla provocatoria questione dell’obbligo del green pass.
Dal punto di vista economico, proprio nel momento in cui si sta profilando una seppur problematica ripresa indotta dalla promessa dei finanziamenti europei, stanno riemergendo gravi difficoltà a cui non sono estranee la burocratizzazione dei controlli e le demenziali penalizzazioni, che stanno provocando ulteriore pioggia sul bagnato della crisi. E allora ci si aggrappa al green pass come salvagente contro il baratro della povertà e si ammicca all’obbligo vaccinale con cui allontanare gli spettri di un ritorno al lock down: viene istituzionalizzato il ragionamento della cruenta contrapposizione tra la virtuosità dei vaccinati e la inciviltà dei non vaccinati, ripiegando così sullo scaricare le colpe piuttosto che sull’affrontare i problemi. Siamo o non siamo finalmente i più bravi del mondo? Cos’altro si vuole?
I rapporti politici sono stati ideologizzati e la battaglia tra i partiti è diventata ancor più rissosa e fine a se stessa. L’azione di governo non è riuscita a compattare le forze politiche, ma le ha ulteriormente divaricate, facendo fare al sistema partitico un notevole passo indietro. Lo scontro politico si è impropriamente e pericolosamente concentrato non tanto sulla problematica socio-sanitaria, ma sull’obbligatorietà del vaccino, che funziona da carta moschicida rispetto alle vere questioni. Nessuno parla più di potenziamento delle strutture sanitarie: in due anni non si è fatto niente al riguardo, sono state addirittura sbrigativamente smantellate quelle approntate per la vaccinazione, col risultato di dover riprendere quasi daccapo in occasione della somministrazione della terza dose. Per non parlare della scarsità di personale e delle disfunzioni organizzative. Sarebbe masochisticamente interessante stabilire quanto dei devastanti effetti covid sia dovuto alla virulenza del morbo e quanto invece non sia ascrivibile alla debolezza ed alla impreparazione del sistema sanitario.
Siamo riusciti persino a rimettere in piazza le carogne del fascismo, facendole uscire dalle tombe dove erano relativamente intanate anche se pronte all’uso. Abbiamo infatti creato un collegamento tra no vax e fascismo, mentre qualcuno ha fatto il percorso inverso, mettendo in guardia dai rischi anti-democratici di un clima discriminante e colpevolizzante verso i cittadini non vaccinati.
È interessante rivedere certe profezie con riferimento all’autunno del 2020, quindi a più di un anno fa. “Secondo Massimo Cacciari, in autunno la situazione sociale ed economica sarà drammatica con pericoli per l’ordine sociale. Per stare a galla, il governo dovrà coprirsi dietro il pericolo della pandemia e tenere le redini in qualche modo. Una “dittatura democratica sarà inevitabile”. Molto simile a questa piccante analisi, quella di Carlo De Benedetti, secondo il quale è la disuguaglianza il punto a cui si possono far risalire i principali difetti della nostra realtà. De Benedetti la vede come causa scatenante del malcontento destinato ad esplodere nel prossimo autunno, che, a suo dire, verrà calmato con mance e polizia, vale a dire con un po’ di ordine pubblico e un po’ di regali”.
Ad un anno di distanza le previsioni si sono rivelate azzeccate anche se le motivazioni si sono in parte involute e ulteriormente complicate. Il discorso della “dittatura democratica” è più che pertinente: si nasconde persino dietro i pericoli del risorgente fascismo (d’altra parte alle dittature fa sempre comodo avere un falso nemico). Ai no-vax, ai lavoratori senza lavoro ed a quelli con il lavoro che balla sul filo del rasoio vaccinale, si sono aggiunti i portuali che lasciano intravedere la chiusura dei porti, col rischio di cadere nella trappola parallela preparata dal più bieco degli estremismi neri in cerca di agganci con la realtà. Il governo sta a guardare i propri guasti, il Parlamento litiga sulla messa fuori legge di chi è già fuori legge, il sindacato fa la vittima, i partiti fanno la loro permanente campagna elettorale, nei salotti televisivi si discute di chi debba pagare il conto dell’inflazione “tamponistica”.
“Andrà tutto bene” ero lo slogan che, all’inizio della pandemia, campeggiava nell’immaginario collettivo: più demenziale che incoraggiante, scritto in buona (?) fede su striscioni e cartelloni. Circolava persino un video/bufala in cui un balcone, su cui era esposto lo slogan di cui sopra, crollava, lasciando un cumulo di macerie sul terreno sottostante. L’assurdità della frase, balcone a parte, era abbastanza evidente. Se ce n’era bisogno, il tempo lo sta dimostrando. Salvo dare la colpa di tutto ai no-vax: sono loro che fanno scaltri i veri burloni del covid.