Sembra ormai assodato che Sergio Mattarella non abbia alcuna intenzione di accettare un eventuale reincarico da Presidente della Repubblica. La motivazione ufficiale è di carattere istituzionale, se non addirittura costituzionale: non è opportuna una replica del settennato, molti lo hanno autorevolmente sostenuto in passato, sarebbe addirittura auspicabile una modifica in tal senso della Carta costituzionale.
Mi permetto di non essere d’accordo. Perché, se un presidente, a giudizio del Parlamento, organo competente in materia di elezione del Capo dello Stato, ha ben operato e merita la conferma anche alla luce della situazione generale del Paese bisognoso di continuità, non consentire il bis, assimilando l’inquilino del Quirinale ad un Paganini qualsiasi? Ci possono essere sessanta motivi a favore e sessanta motivi contro la conferma, meglio pertanto lasciare decidere al Parlamento, come nel silenzio prevede la Costituzione, difficilmente discutibile e riformabile.
Mattarella lascia poi intendere una motivazione di carattere umano: la stanchezza dopo un lungo e snervante periodo zeppo di difficoltà di ogni genere e quindi la conquista di un meritato riposo considerata l’età avanzata. Anche qui mi permetto di dubitare. Non vedo nell’uomo Mattarella evidenti segni di logoramento psico-fisico, mentre l’età non è di per sé un elemento decisivo sullo stato di salute della persona. La stanchezza sarà innegabile, ma, siamo sinceri, il presidente della Repubblica ha a sua disposizione un esercito di consiglieri e collaboratori all’altezza della situazione, in grado di consentirgli uno svolgimento piuttosto tranquillo dei suoi compiti istituzionali e politici. Quanto alle uscite ed alle esternazioni, dove è scritto che il Capo dello Stato debba galoppare da un evento all’altro, da un incontro pubblico ad una visita all’estero, fare un discorso al giorno o addirittura due o tre prima o dopo i pasti. Un tempo il presidente della Repubblica taceva molto. Un mio simpatico amico ai tempi del Presidente Gronchi aveva coniato un emblematico soprannome: “Giovanén tajanastor”. Non voglio che Mattarella interpreti il ruolo in chiave minimalista, ma, senza esagerare e dosando le forze, potrebbe, a mio giudizio, proseguire tranquillamente il suo lavoro.
Siccome ho un’altissima stima e considerazione per lui devo ammettere francamente che le suddette ostentate e reiterate motivazioni non mi convincono. Troppo intelligente per semplificare maldestramente la Costituzione, troppo serio e responsabile per ripiegare su passatempi innocui per vecchietti affaticati e oppressi. Non voglio fare della dietrologia: ce n’è fin troppa, oltre tutto molto banale e sguaiata. Mi permetto solo di azzardare due diverse ragionate e ragionevoli serie di ipotesi.
La prima è legata al governo presieduto da Mario Draghi di cui Mattarella è l’indubbio ispiratore e mentore. Mi faccio una domanda: sarà soddisfatto dell’operazione in corso? Condividerà il protagonismo assoluto di Draghi? Temerà che la politica, messa provvisoriamente in cantina, possa ammuffire e diventare un ferro vecchio inutilizzabile? Sarà d’accordo nel vedere un governo sempre più avviato verso un premierato di fatto che bypassa i partiti e si mette in collegamento diretto con una popolazione tutta comprensibilmente affaccendata nello schivare il ciclone Covid, che peraltro non accenna a diminuire di intensità? I suoi interventi lasciano trasparire, seppure in filigrana, la preoccupazione per la portata sociale dei problemi di fronte ad un governo che tende, per sua naturale vocazione, ad affrontarne gli aspetti economici ed emergenziali, trascurando o per lo meno sottovalutando il dialogo con le forze sociali. Detta in modo un po’ meno elegante, ci sarà il timore che le riforme tanto sbandierate, dal fisco al sistema pensionistico, possano finire in cavalleria sotto una montagna di euro che partorirà il topolino di una ripresa economica assai poco equa e redistributiva? La liaison con Draghi si è andata indebolendo? Il matrimonio sta uscendo dalla luna di miele ed evidenzia due visioni politiche molto diverse, che strada facendo potrebbero diventare incompatibili? Non ho risposte, ma le domande incalzano e fanno sorgere non pochi dubbi.
La seconda ipotetica serie, che mi permetto surrettiziamente di sollevare, riguarda il sistema politico e partitico. La debolezza della politica era ed è talmente evidente da aver indotto opportunamente il Presidente della Repubblica a mandarla in vacanza per un periodo di cura ed ossigenazione. Non vorrei che Mattarella temesse che la terapia possa diventare peggio della malattia e che la politica venga gradualmente relegata in una casa di riposo da cui si rischia di non uscire vivi. Ragion per cui meglio ricorrere ad altri medici prima che sia troppo tardi: l’attuale medico potrebbe avere esaurito la spinta e la fantasia terapeutiche necessarie. Gli inviti a rimanere in sella, formulati ad ogni piè sospinto dalla gente, affascinata più dalla impoliticità del personaggio che dalla sua caratura istituzionale, possono essere un’arma a doppio taglio e diventare un vero e proprio boomerang per il sistema nel suo complesso. Persino un pronunciamento parlamentare pressoché unanime potrebbe nascondere, dietro un atteggiamento dettato da piaggeria populista, il maldestro tentativo per la politica di guadagnare tempo in attesa della pensione (nella peggiore delle intenzioni) e/o del rimescolamento delle carte truccate (nella migliore delle ipotesi).
Tutte queste argomentazioni saranno sicuramente presenti alla sensibilità e profondità mattarelliana. Certo, se il Presidente nutrisse, pure in minima parte, i dubbi che mi sono permesso di sollevare, avrebbe oltre modo ragione di respingere sul nascere ogni e qualsiasi proposta di rimanere per far contenti i tanti che lo tirano per la giacca, ma finendo col compromettere un’encomiabile e programmata (?) coltivazione, pretendendo una raccolta prematura o, ancor peggio, una reiterata seminagione fine a se stessa.