Ma fatemi il piacere…

Sul suicidio assistito interviene con una nota la Pontificia Accademia per la Vita guidata da Vincenzo Paglia: “La materia delle decisioni di fine-vita costituisce un terreno delicato e controverso”. Per questo “la strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l’insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. È la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’équipe curante”.

Mi sovviene al riguardo una gustosa barzelletta, anche se la materia drammatica non si presta molto a simili divagazioni, ma l’equilibrismo dogmatico invece esige ironia per evitare la vergogna. Su un calesse trainato da un asino viaggia un gruppo di suore con tanto di madre superiora. Ad un certo punto l’asino si blocca e non vuol più saperne di proseguire. Il “cocchiere” le prova tutte, ma sconsolato si rivolge alla badessa: «In questi casi l’esperienza mi dice che l’unico modo per sbloccare la situazione, costringendo l’asino a proseguire, è la bestemmia. Mi spiace, ma non c’è altra soluzione…». La suora dopo qualche ovvio tentennamento pronuncia la sua sentenza: «Se è davvero così, non resta altro da fare, ma mi raccomando la bestemmia gliela dica piano in un orecchio…».

Il Vaticano purtroppo non si smentisce mai. La posizione in merito al fine vita assomiglia molto a quella inerente il tema del pre-vita, vale a dire della contraccezione. Qual è lo scopo concreto che essa persegue: evitare fecondazioni indesiderate. Perché mai ciò sarebbe lecito se si usano metodiche naturali, mentre diventerebbe illecito se si usano mezzi tecnici o farmacologici. Non sono mai riuscito a capirlo: il grande papa Paolo VI, salito agli onori degli altari, mi perdonerà, ma mi è sempre sembrato il solito farisaico compromesso.  O consideriamo la fecondità un obiettivo complessivo della vita di coppia o altrimenti ci continuiamo a disperdere nel solito e ridicolo labirinto precettale per cui, se mi astengo dall’atto sessuale in certi giorni, tutto va bene, se invece in quei giorni non mi astengo ma corro diversamente ai ripari, tutto male. Ma fatemi il piacere… Pensiamo davvero che Dio sia così meschino da trattarci in questo modo?

Quando vedo la gerarchia cattolica incaponita su queste assurde posizioni mi chiedo: saranno in buona fede o intenderanno solo mantenere intatto il loro potere “dogmatico” senza indulgere al minimo cedimento che potrebbe diventare una catastrofe. Si vuole fare un passo avanti, si vuole togliere il Padre Eterno da questi imbarazzanti criteri? Il grande laico Indro Montanelli amava definire queste disquisizioni quali “beghe di frati” e ammetto di essere totalmente d’accordo.

Aggiungo una piccola nota in ordine alla pandemia. La posizione ufficiale della Chiesa è nettamente allineata sui discorsi della vaccinazione, del distanziamento, del rispetto degli indirizzi scientifici, addirittura con qualche forzatura rispetto alla libertà di coscienza dell’individuo.  Un sacerdote ha recentemente e simpaticamente ironizzato sulla eccessiva preoccupazione clericale in ordine al rigoroso rispetto delle norme anti-covid. “L’importante, ha detto, è accostarsi alla comunione con tanto di mascherina, ben distanziati, con le mani disinfettate. Non ha importanza se magari non ci si è confessati da dieci anni o si partecipa alla messa con la disinvoltura prevista per un apericena qualsiasi…”. Della serie il dogmatismo va benissimo, se e quando serve al mantenimento del potere.

Come mai infatti un non vaccinato non può andare al ristorante e può invece tranquillamente andare in chiesa per partecipare anche ad affollati riti? Non credo ci sia molta diversità nel distanziamento fra i tavoli rispetto a quello fra i banchi. Chiedetelo a Draghi. Vi dirà che l’importante è non rompere i coglioni alle gerarchie cattoliche: questa è la priorità, in materia di covid, di fine vita e di tutte le questioni etiche. Aggiungo che il discorso vale anche per le questioni fiscali. Quindi niente pass per andare a messa.

La Chiesa cattolica però, bisogna riconoscerlo, è ligia al dovere di rispettare le regole civili: “Scambiamoci uno sguardo di pace” non più un segno di pace perché è pericoloso. Ma fatemi il piacere… Poi, se un povero cristo qualsiasi langue da anni in un letto e vorrebbe chiudere dignitosamente la sua esperienza terrena, vade retro satana. Diamogli pure dei calmanti, togliamogli finanche la lucidità mentale per non farlo soffrire, ma guai a parlare di suicidio. Ripeto per l’ennesima volta: ma fatemi il piacere…