La corda dello sciopero nella società impiccata

«I gh’ la fan» diceva mio padre fra sé, seduto davanti al video, ma in seconda fila, come era solito fare, per dare libero sfogo ai suoi commenti al vetriolo senza disturbare eccessivamente. Stavano trasmettendo notizie sulle battaglie sindacali a tappeto. Mi voltai incuriosito, anche perché, forse volutamente, la battuta, al primo sentire piuttosto ermetica, si prestava a contrastanti interpretazioni. «Co’ vot dir? A fär co’?» chiesi, deciso ad approfondire un discorso così provocatorio e intrigante. «A ruvinär l’Italia!» rispose papà in chiave liberatoria, sputando il rospo. Badate bene, mio padre era un antifascista convinto, di mentalità aperta e progressista, un tantino anarchico individualista: tuttavia amava ragionare con la propria testa e si accorgeva, fin dagli anni settanta, che la strategia sindacale stava esagerando e rischiava di compromettere, in nome del “tutto e subito”, un processo di montante benessere da accompagnare con equilibrio e saggezza.

Immaginiamoci se non avrebbe qualcosa da ridire in questi giorni in cui i sindacati stanno rialzando stucchevolmente la testa e minacciano addirittura uno sciopero generale. Capisco che debbano fare il loro mestiere, che peraltro non dovrebbe comportare prioritariamente una difesa dei pensionati e dei pensionandi e nemmeno degli occupati, ma semmai dei disoccupati, delle persone in cerca di lavoro, dei giovani soprattutto. Evidentemente è più comodo raccogliere consensi e adesioni fra chi è più a portata di mano e di facile protesta.

Landini, dopo un periodo di appiattimento, persino eccessivo, sulla linea del trionfalismo draghiano, si è improvvisamente svegliato e, dopo il varo della manovra di bilancio da parte del governo, ha inopinatamente e lapidariamente dichiarato: “Sciopero se non si ascoltano i lavoratori. Draghi rinvia e non risolve i problemi».

Che la manovra economica vada «cambiata e migliorata» può essere vero. Che Mario Draghi debba abbandonare la linea del sostanziale “faso tutto mi” di berlusconiana memoria o del più leggero “ghe pensi mi”, sempre roba da Berlusconi, è altrettanto opportuno e auspicabile. Maurizio Landini assicura di essere «il primo ad augurarsi che lo sciopero generale non sia necessario», ma non può escludere che si arrivi fino lì, «se dal governo non arriveranno risposte e il mondo del lavoro non sarà ascoltato». Per il segretario generale della Cgil è decisiva la scelta su come usare gli 8 miliardi stanziati per tagliare le tasse, «di cui devono beneficiare lavoratori dipendenti e pensionati», la volontà di superare la precarietà del lavoro e la disponibilità ad accogliere le proposte dei sindacati sulla riforma del sistema previdenziale, «a cominciare da una pensione di garanzia per i giovani».

Per fortuna il suo collega Luigi Sbarra, segretario della Cisl, si smarca dalla linea piuttosto dura della Cgil: “Caro Landini, ti sbagli non è l’ora degli scioperi, ma ora Draghi ci ascolti. Subito i tavoli su Fisco e pensioni”. Speriamo non si tratti del giochino tra il poliziotto cattivo e quello buono, ma di un benefico confronto sulla tattica sindacale da adottare in un periodo di estrema difficoltà per tutti. Quindi l’imperativo è riprendere subito il confronto con il governo e smetterla di evocare lo sciopero generale: «La mobilitazione del sindacato deve essere costruttiva e responsabile – avverte Sbarra – evocare continuamente lo sciopero rischia di sminuirne il valore». Ben detto, parole sante!

Non posso essere tacciato di anti-sindacalismo: ho militato lungamente e convintamente nelle file della sinistra DC di matrice sindacal-aclista, quindi ero e sono molto attento alla funzione e alle battaglie del sindacato dei lavoratori. Guai a sottovalutarle o bypassarle. Di qui a parlare di corda scioperante in casa dell’impiccato agonizzante…

Vediamo di ragionare con calma e magari anche di far ragionare il governo e soprattutto un Mario Draghi un po’ troppo pieno di sé e del proprio indiscutibile carisma. Nessuno ha la verità in tasca: né Draghi né Landini.   Questo è sempre vero, più che mai in una situazione così grave come quella che stiamo vivendo. Non vorrei che, il primo con la bacchetta magica del Pnrr e il secondo con la riserva mentale dello sciopero, facessero la fine degli attori della famosa barzelletta delle promesse politiche: vi daremo questo, vi concederemo quest’altro, vi offriremo ciò che vorrete… E l’afta epizootica? chiese timidamente un agricoltore della zona interessata. Vi daremo anche quella! rispose gagliardamente il comiziante di turno.

Il sindacato dirà: va bene stare calmi, ma l’emergenza non la devono pagare i soliti noti, gli ultimi della pista. È verissimo! Ma è proprio compito del sindacato individuare gli ultimi della pista e difenderli adeguatamente senza demagogia e senza conflittualità pregiudiziali. Buon lavoro a Landini, Sbarra e c. Capisco come non sia facile fare i sindacalisti in tempi così duri. Hanno tutta la mia comprensione, ma…