Il sesso inverso

Eravamo solo agli inizi dello scandalo della pedofilia all’interno del clero cattolico. Mi capitò di partecipare ad una messa, durante la quale il celebrante, armato di sacro zelo, presentò il problema in chiave meramente difensiva: i soliti attacchi maliziosi alla Chiesa, che meritava quindi comprensione per le sue sofferenze. Non potei starmene zitto e apostrofai ad alta voce quell’ingenuo ma inopportuno intervento: “Forse meritano innanzitutto e soprattutto solidarietà le vittime della pedofilia annidata nella Chiesa…”.

Il tempo è passato e la valanga si è accentuata ed allargata. A distanza di anni mi è capitato di registrare la reazione stizzita di un sacerdote, che comprensibilmente dall’ambone si lamentava della generalizzazione delle accuse a carico dei preti: “Sarebbe ora di finirla con questo fango gettato a raffica su tutti: i preti, grazie a Dio, non sono tutti pedofili…”.

Fra questi due estremi, che peraltro non si toccano, oso situare il discorso della pedofilia nella Chiesa. Da una parte la difesa ad oltranza dell’indifendibile, dall’altra la preoccupazione di non buttare via il bambino assieme all’acqua sporca. Siamo purtroppo ancora in alto mare da tutti i punti di vista.

Non si ha infatti il coraggio di cercare e rimuovere, per quanto possibile, le cause di un simile fenomeno, che affondano nella cultura bigotta e sessuofobica, nell’obbligo del celibato sacerdotale, nell’educazione sbagliata impartita nei seminari, nel ruolo marginale e mal tollerato della donna, nel maschilismo e nel clericalismo imperanti, nell’insistente e fuorviante demonizzazione del sesso, nell’ipocrisia di non voler ammettere le proprie debolezze preferendo risolverle nel nascondimento.

Non si ha nemmeno il coraggio di fare piena e completa luce sul fenomeno temendone l’impatto disastroso sul piano della credibilità, sul piano del mantenimento del potere e finanche sul piano delle finanze ecclesiastiche. Capisco l’imbarazzo papale nell’affrontare con la sferza evangelica i responsabili a tutti i livelli, comprendo l’esigenza di mantenere comunque aperto il canale della misericordia e del pentimento per i colpevoli, mi rendo conto della prudenza nel non voler squalificare tutto il sistema, vedo la difficoltà nell’accertamento della verità in mezzo a tanta omertà frammista a ingenuità e superficialità.

Non si può però rimanere a mezz’aria, galleggiare su un mare fetido e tempestoso per paura del naufragio totale, finendo col favorire una deriva pressoché inarrestabile e devastante. Non si può convivere con l’eco mediatica del fenomeno. Ammettiamo pure che non sia tutto vero quanto emerge, che esista una certo qual accanimento, ma, anche volendoci fare la tara, rimane un peso netto insopportabile per il futuro della Chiesa. Riporto alcuni recentissimi esempi.

Lo tsunami della vergogna sull’Europa: pioggia di denunce per 60 anni di abusi nella Chiesa cattolica.

L’inchiesta giornalistica di Boston del 2003 scoperchiò il vaso di Pandora delle violenze sessuali all’ombra dei campanili. Da allora, la mappa delle denunce si è estesa a tutti i continenti. Lo spettro delle cause civili incombe sul Vaticano. Nel 2003, il quotidiano americano The Boston Globe fece un’inchiesta giornalistica che arrivò ad accusare il cardinale Bernard Francis Law di aver coperto molti casi di pedofilia. L’indagine valse il Premio Pulitzer al giornale. Per questo scandalo, la Chiesa di Boston ha pagato 660 milioni di dollari. 

Dalla Francia alla Germania, dalla Polonia all’Irlanda, fino agli Stati Uniti, al Cile, al Messico e alla lontana Australia, per citare i casi più clamorosi: la piaga della pedofilia nelle Sacre Stanze ha gravemente infettato decine di Stati e migliaia di diocesi e parrocchie nel corso dei decenni. La geografia degli orrori della Chiesa continua ad allargarsi.

Forse la soluzione del problema consiste in una difficile ma indispensabile opera di declericalizzazione, demaschilizzazione, demisogenizzazione, femminilizzazione, laicizzazione e democratizzazione della Chiesa cattolica. Non è roba da niente. Qualcosa si sta muovendo in “periferia”: dalla Francia arriva un assist piuttosto consistente e interessante. Sono stati adottati strumenti e modalità nuovi per l’accertamento dei fatti e per il risarcimento dei danni arrecati. Mi sembra al riguardo molto centrata l’analisi di Lucetta Scaraffia al punto da citarla di seguito integralmente.

“I francesi hanno preso atto più tardi di altre comunità cattoliche della gravità del problema degli abusi al loro interno – e comunque prima che in Italia e Spagna, rimasti gli unici Paesi cattolici di rilievo in cui un’inchiesta simile non si è realizzata e neppure è in corso – ma stanno facendo sul serio. La conferenza episcopale riunita a Lourdes ha deciso infatti di indennizzare tutte le vittime, anche a costo di vendere i beni ecclesiastici. E ha avviato un processo di riflessione critica sulle modalità di governo seguite finora nella chiesa francese, a opera di gruppi di lavoro coordinati da un laico che daranno conto del lavoro nel corso delle prossime riunioni episcopali, con l’intento di rinnovare radicalmente queste modalità.

L’idea da cui nasce questa proposta è evidente: se le modalità finora adottate hanno permesso uno sbandamento così profondo e sistemico – questo è il termine più volte adottato – del clero, vuol dire che c’è qualcosa che non va. E saranno i laici – quelli a cui finora era stato detto che dovevano solo obbedire e fare poche domande sul funzionamento interno della chiesa – a pilotare questo necessario processo critico: una vera rivoluzione. Finora, nei paesi in cui le inchieste sulla pedofilia e il clero avevano dato risultati allarmanti, l’istituzione ecclesiastica aveva cercato di fare resistenza e di difendersi: in genere, si è limitata a promettere una campagna di prevenzione degli abusi per il futuro, cercando di coprire con il silenzio il passato. Come se una campagna di prevenzione potesse essere credibile ed efficace se i colpevoli non venivano denunciati e puniti.

La chiesa francese dà a tutti i cattolici una lezione: se il terreno favorevole all’abuso è costituito dal potere e dal denaro – usato per tacitare le vittime, in genere provenienti da famiglie povere, e che serve a fondare il potere – la disastrosa realtà che si è rivelata impone di rinunciare a entrambi. Le commissioni di analisi delle modalità di governo coordinate da un laico segnano la rinuncia al controllo perfino al cuore dell’istituzione, mentre la decisione di vendere i beni ecclesiastici, quelli che rendono la chiesa una potenza economica, non è solo una necessità materiale richiesta dalla commissione presieduta da Jean-Marc Sauvé – la quale precisa che gli indennizzi devono provenire dal patrimonio della chiesa e non da donazioni esterne – ma il riconoscimento che soltanto spogliandosi del potere la chiesa può sperare di non ripetere gli errori commessi.

In Francia la crisi è stata profonda, come sempre innescata da articoli di denuncia di uno scandalo che si voleva dimenticare e che ha coinvolto anche personaggi pubblici in fama di santità: come Jean Vanier, il fondatore di un nuovo modo di essere cristiani che ha incontrato un successo enorme anche fra i laici. I vescovi francesi hanno capito che quando anche il rinnovamento e la creatività evangelica – se pure indubbiamente vivi – sono avvelenati da un uso troppo disinvolto del potere e da una indifferenza totale verso le vittime, l’esigenza di un rinnovamento radicale e di una purificazione vera è indispensabile.

Non in tutti i paesi in cui le inchieste hanno rivelato che la piaga degli abusi commessi dal clero era diffusissima ed endemica la capacità di rinnovamento e di purificazione è stata così radicale e chiara. Speriamo che sia anche efficace, e che questa novità sia di insegnamento a chi – come in Italia e in Spagna – è ancora molto lontano da questo percorso di salvezza”.