Il papato draghiano

Sembra proprio che Sergio Mattarella faccia sul serio. Per la verità non ne avevo il minimo dubbio, anche se la speranza è sempre l’ultima a morire. È arrivato addirittura ad una citazione biblica per giustificare il suo rifiuto ad una eventuale ricandidatura alla presidenza della Repubblica. Così si legge nella bella cronaca della giornata torinese del Presidente a firma Maurizio Tropeano sul quotidiano La stampa.

Durante gli incontri avvenuti il Capo dello Stato ha ricevuto attestati di stima e di ringraziamento per il suo settennato al Quirinale. E succede anche lì. Il Presidente ringrazia e, nello stesso tempo, rassicura: «Nel Paese abbiamo tante risorse autorevoli e prestigiose. Lascerò l’Italia in ottime mani e nelle migliori condizioni». 

Quindi le parole di Mattarella chiudono per ora la possibilità di una sua conferma al Colle, sollecitata anche ieri a Torino da chi non fa politica. «Se per caso tu avessi bisogno di qualche consiglio, noi ne abbiamo uno molto importante che migliaia e migliaia di persone ci hanno detto», aveva detto nella mattinata Ernesto Olivero, il fondatore del Sermig nella cerimonia d’inaugurazione di un impianto sportivo.

C’è uno stretto rapporto tra il Presidente e il fondatore del Servizio missionario giovani. E forse è anche proprio per questo legame che Olivero, accogliendolo con le autorità civili e militari che lo accompagnano, lo esorta: «Rimani, rimani, rimani». Chi ha assistito allo scambio di battute rivela che Mattarella ha scelto di rispondere con una citazione del Qoelet nella Bibbia: «Per ogni cosa c’è il suo momento». E se c’è il tempo per seminare e per raccogliere il «mio tempo è di andare».

Niente da dire riguardo al Qoelet. Mi permetto invece di considerare una vera e propria bugia pietosa la rassicurazione di “lasciare l’Italia in ottime mani e nelle migliori condizioni”. Violetta Valery nell’ultimo atto di Traviata, opera di Giuseppe Verdi, sta morendo di tisi. Il premuroso medico che le fa visita tenta di rincuorarla: “Coraggio adunque, la convalescenza non è lontana”. Violetta risponde affettuosamente e realisticamente: “Oh, la bugia pietosa ai medici è concessa”.

La situazione dell’Italia è quella che è. D’altra parte proprio la scelta mattarelliana di varare un governo tecnico presieduto dal miglior fico del bigoncio nazionale, Mario Draghi, sta a dimostrare che la politica italiana naviga in acque poco tranquille, mentre la situazione sociale, sanitaria ed economica è sotto gli occhi di tutti. Forse Mattarella non vuole accanirsi terapeuticamente e preferisce che la nostra malattia faccia il suo corso naturale. Temo che ci lasci nella cacca. Ce ne dobbiamo fare una ragione: resteremo senza di lui e…auguri.

Qualcuno, prendendo atto della impraticabilità ormai conclamata dell’ipotesi Mattarella bis, pensa che per il Quirinale sia in atto la difficile caccia a un candidato che tenga insieme la maggioranza di governo e che serpeggi nei partiti il timore che il governo possa arrivare al capolinea se Draghi non va al Colle. Fino ad ora pensavo che il ragionamento fosse inverso, vale a dire che Draghi dovesse rimanere al suo posto, magari un tantino riveduto e corretto nei modi e nei tempi di intervento, anche perché la sua salita al Colle potrebbe comportare la fine di un’esperienza di governo strana ma necessaria.

La permanenza di Mattarella al Quirinale sarebbe auspicabile proprio perché consentirebbe una continuità diversamente non garantibile. Allora, in mancanza di Mattarella, i partiti sarebbero orientati a prendere il toro per le corna, piazzando Draghi all’alto scranno. Della serie dove ci sta il più ci sta anche il meno o meglio dietro il più faremo i nostri comodi.

Infatti secondo l’autorevole commentatore Matteo Pucciarelli de la Repubblica, “la partita per il Quirinale ad oggi consegna una sola certezza, cioè che replicare lo schema di maggioranza che tiene insieme l’attuale governo appare impossibile con tutte le ipotesi finora circolate. Che di maggioranza per eleggere il nuovo presidente della Repubblica se ne possa creare un’altra è ovvio e rientra nelle regole del gioco, ma ci sono buone probabilità che ciò significherebbe la fine dell’attuale esecutivo”. Si tratta di un ragionamento un po’ astruso ed assai poco costituzionale: legare la maggioranza per l’elezione del capo dello Stato a quella di governo è uno strafalcione istituzionale ed un grosso rischio politico. Una manovra minimalista e di basso profilo. Dopo avere eletto Draghi alla quasi unanimità, chi avrebbe il coraggio di “imporgli” la fine immediata della legislatura? Si farebbe un governo pilotato da Draghi, con un suo uomo a palazzo Chigi, dando tempo ai partiti di rimettere insieme i cocci di una situazione politica frammentata e frammentaria. D’altra parte – a pensar male si fa peccato ma ci s’azzecca – i parlamentari non hanno alcun desiderio di andare a casa senza pensione e senza prospettive di ritorno e quindi Draghi e poi Draghi e ancora Draghi.

Il disegno di Mattarella non era certo questo, ma quando manca il gatto i topi ballano. In fondo le elezioni anticipate fanno gola solo a FdI e non so nemmeno fino a qual punto. E Draghi sia! Coram populo, alla prima votazione quasi plebiscitaria, con un suo luogotenente a presiedere il governo delle astensioni dalla politica. Potrebbe però succedere quel che è successo spesso con i papi di transizione o di copertura curiale: si sono rivelati i più rivoluzionari. Può darsi che Draghi metta tutti in fila e tutti a tacere per un bel po’ di tempo. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Chissà che Mattarella, alla luce di queste (quasi) oscene prospettive, non decida di ripensarci in extremis. Il Qoelet dice che c’è un tempo per seminare e per raccogliere. C’è purtroppo anche il tempo, per la politica, di combinare un gran casino e, per Mattarella, …di ripensarci.