Ai sostenitori della Lazio è stata proibita la trasferta a Marsiglia per la sfida di giovedì in occasione della quarta giornata di Europa League «a causa dei ricorrenti comportamenti violenti tenuti da certi tifosi nei pressi dello stadio e nei centri delle città che ospitano le partite», oltre «alla ripetuta intonazione di canti fascisti e all’esibizione di saluti romani». È la motivazione contenuta in un’ordinanza del ministero dell’Interno francese che vieta «ai tifosi della Lazio o a chi si presenta come tale» non solo l’accesso allo stadio Velodrome di Marsiglia e la circolazione o lo stazionamento negli arrondissements centrali della città, come era stato indicato nei giorni scorsi, ma persino «l’ingresso in Francia dai posti di frontiera stradali, ferroviari, portuali e aeroportuali» da mercoledì 3 a giovedì 4 novembre.
Se a qualcuno potesse mai interessare il mio parere, sono perfettamente d’accordo con il ministero francese. La convivenza degli italiani con i cugini francesi e viceversa non è mai stata troppo facile e serena: ci si odia cordialmente. Ricordo come mia sorella, nella sua solita schiettezza di giudizio, una volta si lasciò andare e parlò di “quegli stronzoni di Francesi”: forse non sbagliava di molto. Un conto è essere superiori su basi oggettive, un conto è ritenersi aprioristicamente migliori. Sono convinto che la Francia, come del resto l’Italia, abbia parecchi scheletri nell’armadio da nascondere e invece di cercare l’alleanza con i Paesi più simili, con cui instaurare collaborazioni e solidarietà, preferisca la fuga in avanti verso la Germania: della serie “è meglio leccare i piedi ai tedeschi” che condividere “la puzza dei piedi” con gli italiani.
Non la sto buttando in politica, anzi ammetto che questa volta la stronzata, se stronzata c’è stata, si è rivelata molto azzeccata. È ora di finirla con gli stadi occasione di violenza e dove c’è violenza ci sta perfettamente anche il fascismo con tutto il suo contorno.
La dura reazione della Lazio alla nota del Ministero degli Interni di Parigi risulta patetica. La Lazio prende posizione contro quella che ritiene essere una «inaccettabile offesa gratuita a tutta la tifoseria biancoceleste e alla Società stessa, che ha sempre combattuto con azioni concrete i comportamenti violenti ed ogni tipo di discriminazione, dentro e fuori gli stadi», A sorprendere è il contenuto delle motivazioni, in cui tra un passaggio e l’altro si fa riferimento al «comportamento violento di certi gruppi di tifosi della Lazio» e a «l’abitudine» di alcuni supporters biancocelesti di «intonare canti fascisti e di fare il saluto nazista». Aspettando «un chiarimento da parte delle istituzioni francesi ed una presa di posizione netta della nostra diplomazia verso espressioni di qualunquismo che dovrebbero indignare tutti gli italiani», la Società Sportiva Lazio sottolinea nella nota che «ha sempre posto in essere iniziative tese a promuovere i principi valoriali dello sport ed il superamento di tutti gli steccati di carattere sociale, culturale, economico, etnico e religioso come è stato ampiamente riconosciuto anche ai massimi livelli istituzionali», ricordando come peraltro «la violenza negli stadi è un fenomeno purtroppo ancora diffuso e preoccupante, a partire da quanto è accaduto recentemente proprio al Velodrome di Marsiglia».
Siamo d’accordo, un filino di stronzaggine c’è e può anche dare fastidio, ma le autorità francesi hanno toccato nel vivo e sarebbe molto meglio che la Lazio facesse un serio esame di coscienza e la smettesse di vezzeggiare una tifoseria da tempo inaccettabile nei suoi comportamenti e nelle sue nostalgie.
Mio padre, quando capitava di ascoltare qualche notizia riguardante provocazioni fra nazioni, incidenti diplomatici, contrasti internazionali, era solito commentare: “S’ag fis Mussolini, al faris n’a guera subita. Al cominciaris subit a bombardar”. Forse la Lazio, quando chiede “una presa di posizione netta della nostra diplomazia verso espressioni di qualunquismo che dovrebbero indignare tutti gli italiani”, desidera sotto-sotto dalle autorità italiane che ne facciano un casus belli, auspicando una politica della reciprocità per la quale i tifosi laziali sono bravi e buoni nella misura in cui anche quelli marsigliesi non sono certo stinchi di santo? Finiamola con queste penose difese d’ufficio e cerchiamo di avere il coraggio di rispondere al meritatissimo schiaffo francese porgendo l’altra guancia di una seria azione di pulizia etica della tifoseria calcistica (persino lo stesso termine di tifoseria sarebbe da eliminare…).