Angeli e demoni della vaccinazione

«E’ un dono, la fede, ma è anche una conquista che si può perdere ogni giorno e ogni giorno si può riconquistare. Il dubbio fa parte della nostra umana condizione, saremmo angeli e non uomini se avessimo fugato per sempre il dubbio. Quelli che non si cimentano con questo rovello hanno una fede poco intensa, la mettono spesso da parte e non ne vivono l’essenza. La fede intensa non lascia questo spazio grigio e vuoto».

Penso di avere ricevuto il dono della fede, ma fortunatamente il dubbio mi è congeniale e quindi mi sento profondamente in linea col pensiero del cardinal Carlo Maria Martini, che ho citato in premessa. Ho una mentalità politica rigorosamente laica, ma credo sia molto più laico il cardinale di tutti coloro che hanno “inquisito” la trasmissione televisiva Report per essersi permessa di dare (finalmente) voce ai sacrosanti dubbi in materia di vaccinazione anti-covid.

Se i dubbi sono il sale della fede in Dio, possono essere considerati anche il pepe della democrazia. Ma vediamoli questi dubbi in una rapida sintesi in negativo fornita dagli stessi inquisitori, che brandiscono la Commissione di vigilanza sulla Rai  come se fosse uno strumento di tortura contro chi si permette di dubitare: «Dubbi sull’efficacia dei vaccini, perplessità sulla durata della copertura degli anticorpi, affermazioni del tutto campate in aria sulla “larga frequenza di effetti collaterali”’ dopo la somministrazione del vaccino, speculazioni dietrologiche sul “grande business della terza dose” detenuto da multinazionali del farmaco concentrate solo “ad accumulare enormi profitti con la perdita di efficacia della terza dose”, fino ai dubbi sulla efficacia del Green Pass e della sua eventuale estensione, ai dubbi sulla competenza e coerenza dell’organismo su cui poggiano le decisioni politiche a tutela della salute pubblica dall’inizio della pandemia».

Non ho visto la trasmissione messa immediatamente sul banco degli imputati quale fastidiosa voce fuori dal coro (sono stanco di una Rai pedissequamente asservita al sistema, così come sono stanco in generale dell’avvolgente ed asfissiante ambaradan mediatico), ma mi sono perfettamente ritrovato nei dubbi di cui l’inquisizione interpartitica si è scandalizzata. Questo a prescindere dalla mia sofferta, scomoda e motivata scelta personale di non vaccinarmi (di decisioni sbagliate nella mia vita ne ho prese tante, magari fosse l’ultima!).

Se andiamo avanti così, avremo l’obbligo di inserire una laica (?) aggiunta all’atto di fede religioso: “Credo nella vaccinazione anti-covid, credo nel green pass, credo etc. etc. E Dio ci scampi e liberi da ogni demoniaco parere espresso degli eretici che osano dubitare”.

Infatti, immediatamente, chi si permette di dubitare viene classificato e immortalato come No vax e No green pass, mettendo peraltro insieme due discorsi molto diversi: un conto infatti è il rifiuto del vaccino, un conto è ritenere inopportuno e spropositato l’obbligo vaccinale introdotto surrettiziamente all’italiana con la richiesta di esibire il certificato vaccinale per poter fare diverse cose di cui la più clamorosa è andare a lavorare.

Respingo poi sdegnosamente il tentativo di squalificare aprioristicamente chi si permette di dubitare, facendolo passare per un violento, un estremista di destra, un fascista, un cretino sfascia-vetrine. Ogni e qualsiasi manifestazione di protesta porta sempre con sé il rischio di essere infiltrata: a quante manifestazioni degli anni sessanta ho partecipato con tanto di codazzo di extraparlamentari urlanti…Allora cosa facciamo? Vietiamo le manifestazioni? Commissariamo la democrazia? Si è arrivati persino a considerare filonazisti o antisemiti coloro che hanno usato provocatoriamente le discriminazioni razziali contro gli ebrei per significare la deriva filo-vaccinale in cui siamo immersi. Non si riesce più a ragionare e discutere!

Se posso permettermi l’ennesimo dubbio: ai fini della diffusione del contagio saranno più pericolose le manifestazioni contro il Green pass o i “casini” che hanno regolarmente ripreso a riempire gli stadi calcistici? Sulle prime si può picchiare duro fino a vietarle, i secondi non si toccano.

È tutto molto strano. Non mi stancherò mai di ricordare un episodio a me autorevolmente riportato.  «Scusi, Lei è favorevole o contrario?», così chiese un intervistatore al mio professore di italiano, in occasione dell’introduzione del divorzio nella legislazione italiana, con l’assurda coda del referendum voluto a tutti i costi dalla gerarchia cattolica al cui volere la Democrazia Cristiana si piegò per ovvi motivi elettoralistici. «Tu sei un cretino!», rispose laicamente stizzito il professore. Credo non ci voglia molto a capire come l’intervistato rifiutasse il modo manicheo con cui veniva affrontato il problema. Di tempo ne è passato parecchio, ma è fortissima la tentazione di ridurre tutto ad un perpetuo referendum pro o contro qualcosa, ma soprattutto pro o contro qualcuno: un continuo strisciante plebiscito strumentalmente azionato, usato per ridurre a zero il dibattito sui problemi e fuorviare i cittadini con la ratifica delle finte ed illusorie soluzioni. Se non si discute, se si viene costantemente posti di fronte ad una facilona scelta di campo, lo sbocco è condizionato dai media e vince chi ha la voce più forte, vale a dire il peggiore, che non è chi si permette di dubitare, ma chi vuol togliere il beneficio del dubbio.