Sono allergico al vaccino e al manganello

Quando vedo una carica della polizia contro i manifestanti, mi prende una sorta di angoscia e sono immediatamente portato a schierarmi dalla parte di chi protesta purché non usi violenza. A volte è molto difficile stabilire fin dove la protesta sia pacifica, anche perché per essere efficace punta a disturbare l’ordine costituito, altrimenti che protesta sarebbe…

In questi giorni, in cui la polizia è ripetutamente intervenuta in modo abbastanza virulento contro i lavoratori portuali che protestavano contro l’adozione del green pass, il mio dramma personale si è ripresentato. Fare il ministro degli Interni non è un mestiere facile, lo ammetto, ma ho l’impressione che la ministra Lamorgese stia esercitando la sua delicatissima funzione in modo assai burocratico: senza sperimentare convintamente possibilità di dialogo con i manifestanti, senza usare la indispensabile pazienza e senza un disegno politico nella gestione dell’ordine pubblico. Mario Draghi non può lavarsene le mani (la società italiana non è la Bce…), mandando la Lamorgese allo sbaraglio: la situazione è gravissima e non basta, nel modo più assoluto, dare ai dimostranti l’idea dell’inutilità delle loro proteste, facendogliela bere da botte.

C’è sempre qualche margine di dialogo da sperimentare, qualche seppur piccolo accordo da ricercare, qualche atteggiamento di attenzione e di comprensione verso le ragioni di chi protesta senza metterlo inesorabilmente dalla parte del torto ancor prima di avere effettuato alcun tentativo di timido confronto.

Siamo proprio sicuri che i lavoratori che stanno protestando non abbiano qualche ragione da mettere sul tavolo? Siamo proprio sicuri che siano un’accozzaglia di fanatici? Siamo proprio sicuri che l’obbligo del green pass non leda qualche diritto fondamentale. Troppa sicumera scientifica, troppa arroganza governativa, troppa presunzione di verità assoluta. Non stiamo facendo un gran bel servizio alla democrazia.

Possibile che chi ha programmato e introdotto l’obbligo del green pass non immaginasse simili reazioni e avesse considerato la questione solo sul piano dell’ordine pubblico peraltro gestito in modo piuttosto dilettantesco? Non riesco ad ingoiare il rospo messo in gola ai lavoratori toccati nel vivo dei loro sacrosanti diritti per il partito preso dell’obbligo di un vaccino, l’uso del quale più passa il tempo e più sta dimostrando incongruenze, rischi e incognite di vario genere.

Siamo l’unica nazione al mondo che abbia introdotto un così rigido e generalizzato obbligo del green pass. Pensiamo di essere i primi della classe? I dati sull’andamento della pandemia sono piuttosto pirandelliani. Ho in testa l’idea che bisognasse in qualche modo fare ripartire il sistema e su questo altare si stiano sacrificando taluni diritti intoccabili. Qualcuno ha già cominciato a parlare di revoca a breve termine di questa misura restrittiva, mettendola in correlazione con eventuali dati di miglioramento pandemico. Ma cosa stiamo combinando? Ma abbiamo riflettuto bene prima di decidere e di agire? Se devo essere sincero credo sia molto più rischiosa la riapertura degli stadi con tanto di green pass che non l’apertura delle fabbriche senza green pass. Perché? Date un’occhiata a quel che sta succedendo negli stadi e mi darete ragione.

Sono convinto che chi ci governa ostenti certezze che non ha. Un noto detto parmigiano recita così: “Dmanda a ‘l òst’ s’al ga dal vén bón…”.  Fin dall’inizio siamo andati per tentativi, abbiamo brancolato nel buio: non ne faccio una colpa a nessuno, ma spacciare per manovra unica e irrinunciabile l’adozione di questo passaporto vaccinale non mi convince affatto. Come ho già scritto, era meglio introdurre l’obbligo direttamente. Non lo si è fatto per aggirare l’ostacolo insormontabile della Costituzione e ancor più per non essere invischiati in una pletora di cause per risarcimento danni.