Il patriottismo meloniano e i fascisti impuri

Fratelli d’Italia nella bufera. Il partito guidato da Giorgia Meloni è sotto attacco dopo una inchiesta pubblicata dal giornale online Fanpage. La video inchiesta su Fdi di Fanpage ha rivelato un presunto sistema di finanziamenti in nero, ma non solo.

Finanziamenti in nero ci sarebbero stati ad esempio per Chiara Valcepina, candidata per un seggio in consiglio comunale alle elezioni amministrative di Milano del 3 e 4 ottobre in una lista che sosteneva Luca Bernardo, il pediatra che la coalizione di centrodestra ha schierato contro il primo cittadino uscente Giuseppe Sala.

Nel video pubblicato da Fanpage si vedono i dirigenti di Fratelli d’Italia irridere ebrei e immigrati, inneggiare al fascismo e al nazismo e fare il saluto fascista ribattezzato “saluto Covid”. L’un l’altro, i dirigenti della formazione di Meloni si definiscono “patrioti”, una parola che sostituisce il termine “fascisti”.

Giorgia Meloni ha reagito rabbiosamente definendo una polpetta avvelenata l’inchiesta sui presunti fondi neri a Fratelli d’Italia. Parole, le sue, arrivate mentre su Instagram il “barone nero” Roberto Jonghi Lavarini, protagonista dello scoop sulla “lobby nera”, postava due foto – una che lo ritrae con la presidente di Fratelli d’Italia, l’altra con il segretario leghista Matteo Salvini: «Sono assolutamente indipendente e apartitico, ma nessuno faccia finta di non conoscermi o, peggio, si permetta di offendere gratuitamente me e la comunità di veri patrioti che rappresento». (Ho riportato notizie pubblicate da agenzie di stampa).

Emerge cioè una miscela ributtante tra apologia di fascismo e affarismo, che non stupisce più di tanto, ma aggiunge una cucchiaiata di sporcizia ai guai politici del centro-destra. Per la verità anche la Lega di Salvini ha un suo importante collaboratore invischiato in una vicenda di traffico di stupefacenti. Sono tutte questioni da lasciare alle cure dell’autorità giudiziaria.

Il dato politico però è quello di una destra estrema che scherza spregiudicatamente col fuoco delle nostalgie fasciste abbinate al sottobosco affaristico del sistema partitico. Da sempre esiste l’equivoco fascista nella destra italiana: un macigno del passato che grava sul presente. Non so cosa mai possa venire di buono da gente che ostenta metodi e contenuti di fascismo e nazismo.

Nell’opera lirica “Simon Boccanegra” di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, il doge non esita a perseguire un suo opportunistico sostenitore e alto funzionario, riconoscendo in esso il vile mandante del rapimento di una giovane donna (peraltro la figlia del doge stesso). Simone si rivolge a Paolo, di cui ha intuito la colpevolezza, e lo invita a maledire pubblicamente il traditore infame che si nasconde nella sala. Paolo, inorridito, è in tal modo costretto a maledire se stesso. “Sul manigoldo impuro piombi il tuon del mio detto: Sia maledetto! e tu ripeti il giuro”.

Non vado molto per il sottile: Giorgia Meloni avrebbe questo coraggio nei confronti dei fascisti impuri che si aggirano intorno al suo partito? Un tempo si scandiva uno slogan: “Fascisti carogne tornate nelle fogne”. La leader di Fdi avrebbe il coraggio di gridarlo pubblicamente e di farlo gridare ai suoi amici in puzzolente odore di fascismo? Immagino la risposta: di personaggi impuri nella politica ce ne sono molti, ognuno ha i suoi, e allora mal comune mezzo fascismo gaudioso.  Non sono d’accordo con questo revisionismo qualunquistico e non accetto che un partito politico presente nelle istituzioni democratiche italiane brighi più o meno apertamente con i residuati di un passato da cancellare totalmente e completamente dalla nostra storia.