Pensavo e speravo che il semestre bianco stoppasse i contrasti fra i partiti o, quanto meno, li ingentilisse, invece…li sta accentuando e abbrutendo. Mi sono chiesto il perché. Il fatto che per un certo periodo non fosse possibile sciogliere le Camere e andare alle urne avrebbe dovuto spingere le forze politiche a più miti consigli ed a rassegnarle a rinviare a tempi migliori le loro scaramucce, svuotandole di efficacia immediata e quindi costringendole ad evitare il rischio di un logoramento senza sbocchi a breve termine.
Il buon senso purtroppo in politica non vale ed allora la pausa istituzionale sta scatenando la conflittualità dialettica un po’ su tutti gli argomenti e con toni da rissa cortilizia. Tutti contro tutti in una sorta di lunga e penosa esercitazione, in un riscaldamento prepartita di un match che come minimo si svolgerà fra un anno o, nella migliore ipotesi per il Paese, fra due anni. Quindi rassegniamoci alla bagarre, ad un incontro di pugilato dove si sprecano i colpi bassi, ad un dibattito all’ultimo sangue.
Il governo Draghi dovrà resistere a questo logoramento giornaliero, forte della sua leadership e della sua improponibile caduta. Non cadrà perché non può cadere, ma come resterà in piedi? Emergono preoccupazioni in capo al premier, che fino ad ora ostentava in silenzio la forza dei nervi distesi.
Giustizia, reddito di cittadinanza, fisco, Monte Paschi di Siena, lotta al covid, tutte le occasioni sono buone per litigare e per lanciare offese pesanti ai competitori. Qualcuno, fra le tante definizioni inventate per definire il governo Draghi, aveva parlato di tregua: strana tregua basata su una stucchevole, confusa e continua guerra.
I polli di Draghi si beccano in continuazione auto-logorandosi in vista di una sempre più improbabile ripresa di potere reale nel Paese reale. Si sta infatti combattendo una battaglia virtuale volta a spararle grosse per il gusto di distinguersi a tutti i costi.
Se devo essere sincero non mi stupisce affatto questa tattica in capo ai grillini. L’unico modo per sopravvivere ai loro contrasti esistenziali è quello di scaricarli sull’esterno: una scappatoia vecchia come il cucco, che trascina tutti nel vortice. Anche per la Lega la strada è quasi obbligata: Salvini è stretto fra la concorrenza meloniana e la legittimazione della scelta governativa e allora difende il capo del governo e attacca i partner di governo. I Fratelli d’Italia giocano a fare l’opposizione e quindi il loro ruolo è segnato.
Che stupisce invece è l’atteggiamento rissoso del partito democratico, il quale non riesce a sganciarsi dalla logica perversa e autodistruttiva dello scontro parolaio e inconcludente. Enrico Letta sta cadendo nel trappolone: se pensa infatti di recuperare identità scontrandosi giornalmente e verbalmente con Salvini e i Salviniani, finirà col perdere ulteriormente credibilità e appeal. Si tenga fuori dalla mischia per non sporcarsi anziché crogiolarsi nel pantano in cui è costretta la politica e gridando alla sporcizia degli altri senza accorgersi della propria.
Si è aperta una gara a chi la spara più grossa contro l’avversario: non è una novità, il dato nuovo è che la gara è senza sbocchi e senza scopo. A meno che non si voglia logorare la situazione al punto da costringere Draghi a dimettersi e Mattarella a varare un governicchio che traghetti il Paese verso l’elezione del Presidente della Repubblica del febbraio 2022, un presidente ostaggio dei partiti, pronto a sciogliere immediatamente le Camere per ridare fiato ai suoi elettori, preparando tale evento in una sorta di finta pax politica del si salvi chi può. Una esperienza simile a mia memoria non esiste nella storia italiana. Ci può stare anche questo, tutto è possibile, quando la politica si avvita su se stessa e scarica le proprie contraddizioni sulle Istituzioni e sul Paese.