Una tenue luce nell’ambulatorio draghiano

Quando ho appreso della visita al penitenziario di Santa Maria Capua Vetere (recente teatro dell’orrore per quanto riguarda il trattamento dei detenuti) di Mario Draghi e Marta Cartabia ho avuto un riflesso condizionato dalla storia fatta di pianti sul latte versato e di promesse non mantenute.  A proposito, si sente tanto la mancanza di Marco Pannella: cosa direbbe a latere di questa ennesima macelleria carceraria? Draghi e Cartabia sono addirittura stati acclamati dai detenuti: “I vostri problemi sono i nostri”. E allora mi sono letto la bella cronaca di Viviana Lanza del 15 Luglio 2021, pubblicata dal quotidiano “Il Riformista”, che riporto di seguito integralmente.

«Oggi non siamo qui a celebrare trionfi o successi, piuttosto ad affrontare le conseguenze delle nostre sconfitte» ha detto il presidente Mario Draghi. «Siamo qui per dire che i vostri problemi sono i nostri problemi, perché quando si parla di carcere bisogna aver visto, come ci ricordano le celebri parole di Calamandrei che sapeva bene cosa significasse la vita del carcere» ha aggiunto la ministra della Giustizia Marta Cartabia.

Il discorso dei rappresentanti del Governo al termine della loro visita nel carcere dei pestaggi ha toni e contenuti che danno la sensazione di un cambiamento, di una nuova era dopo quella del vecchio governo e del ministro Bonafede. E il fatto che un vento frizzante spezzasse l’afa del pomeriggio, ieri, fuori al carcere di Santa Maria Capua Vetere, accompagnando le parole del presidente Draghi e della ministra Cartabia, potrebbe non essere soltanto una nota di colore. Il vento è cambiato, almeno si spera. Di certo è cambiato il linguaggio istituzionale e sono cambiati i contenuti dei discorsi dei rappresentanti del Governo. «Venire qui oggi significa guardare da vicino per iniziare a capire» ha affermato Draghi. «Quel che abbiamo visto nei giorni scorsi ha scosso nel profondo la coscienza degli italiani ma anche dei colleghi della polizia penitenziaria che lavorano con fedeltà in questo carcere. Le indagini in corso stabiliranno le responsabilità individuali, ma la responsabilità collettiva è di un sistema che va riformato».

«Il Governo – ha assicurato Draghi – non ha intenzione di dimenticare. Non può esserci giustizia dove c’è abuso e non può esserci rieducazione dove c’è sopruso». Poi, ricordando l’impegno e la dedizione di tanti agenti della polizia penitenziaria, di educatori, mediatori e volontari, il premier ha dettato la linea: «Deve essere l’inizio di un nuovo percorso di vita». A fare eco alle parole del premier c’erano le voci dei detenuti che provavano ad oltrepassare le sbarre e farsi sentire al di fuori delle mura carcerarie. «Indulto, indulto!» gridavano i detenuti e acclamavano «Draghi! Draghi!». Nel carcere sammaritano il presidente e la ministra hanno visitato di persona il reparto Nilo, quello dei pestaggi e delle umiliazioni, percorrendo il tragitto che il 6 aprile 2020 portò 192 detenuti ad attraversare l’inferno.

Hanno visitato, inoltre, il reparto Danubio, quello dove le vittime delle violenze furono tenute per alcuni giorni, e il reparto femminile dove le detenute hanno donato ai rappresentanti del Governo mascherine e asciugamani ricamati a mano. A salutare la visita dei rappresentanti del Governo, accompagnati dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, c’erano inoltre il garante nazionale Mauro Palma e il garante regionale Samuele Ciambriello. «Questa è una giornata storica – ha dichiarato la direttrice del carcere di Santa Maria Capua Vetere, Elisabetta Palmieri – Stiamo attraversando un momento terribile, senza precedenti, ma la vostra vicinanza il vostro supporto – ha aggiunto rivolgendosi al premier e al Guardasigilli – rappresentano per noi quello che auspichiamo possa essere un nuovo inizio per la polizia penitenziaria e per tutto il sistema penitenziario, il momento della svolta, della rivincita, del riscatto».

Quando è arrivato il momento del suo intervento, la ministra Cartabia ha rivolto un saluto anche ai detenuti e un pensiero a coloro che hanno subìto violenze e umiliazioni. «Mai più violenza nelle carceri europee ha commentato il commissario europeo Didier Reynders. – ha ricordato – Mai più violenza! Lo abbiamo detto con forza e lo ripetiamo anche qui» ha ribadito la ministra. «Quegli atti sfregiano la dignità della persona umana che la Costituzione pone come vera pietra angolare della nostra convivenza civile». «La sua presenza qui, presidente, è più eloquente di mille parole. Dice che ciò che accade nelle carceri ci riguarda tutti. I problemi delle carceri sono i problemi di tutto il Governo, di tutto il Paese e non solo di un settore dell’amministrazione della giustizia né di un solo istituto penitenziario. La sua presenza – ha aggiunto Cartabia rivolgendosi a Draghi – dice che di quei problemi tutto il Governo vuole farsi carico».

C’è un impegno in queste parole, c’è la promessa di partire dal caso Santa Maria Capua Vetere per riformare il mondo del carcere. «La pandemia – ha sottolineato la Guardasigilli – ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo, i problemi hanno una data antica e in questo istituto la pandemia ha determinato la morte di un agente, l’assistente capo Salvatore Spagnolo». «Ora – ha aggiunto – bisogna ripartire dai fatti concreti e da una fotografia autentica della realtà penitenziaria. Guardiamola in faccia» ha detto la ministra elencando la sua strategia per risollevare dal fallimento il sistema penitenziario. «Occorre una strategia che operi su più livelli: strutture materiali, interventi normativi, personale, formazione» ha spiegato. Il sovraffollamento resta «il primo e il più grave dei problemi», per risolverlo occorre «correggere una visione del diritto penale incentrata solo sul carcere» e puntare su «forme di punizione diverse dal carcere come ad esempio i lavori di pubblica utilità».

La rivoluzione Cartabia prevede anche più formazione e più assunzioni tra il personale della penitenziaria e una revisione dell’edilizia penitenziaria: «Nuovi spazi e nuove carceri non può significare solo posti letto». Più che una rivoluzione sembra un miracolo. A volte anche i miracoli si avverano.

Sono perfettamente d’accordo con le valutazioni etico-politiche di Viviana Lanza. L’aria sembra diversa e mi sento di aggiungere, con un pizzico di sarcasmo, che ci volevano due illustri tecnici (?) prestati alla politica per tentare di aprire almeno le finestre se non le porte delle carceri.  Speriamo sia la volta buona. Da un certo punto di vista sono serviti quanti profetizzavano sulla mancanza di visione politica del governo Draghi e sul suo mero ruolo di supplenza in una fase in cui la politica è vacante per una serie di fattori arcinoti.

Con uno stile sobrio ma deciso questa compagine ministeriale, tenuta insieme con la colla di marca mattarelliana, sta affrontando nodi fondamentali del nostro vivere civile.  Non si parla solo di soldi, anche se ce n’è un bisogno enorme, non si affronta solo la pandemia, anche se è tutt’altro che terminata, non si ripristina solo l’immagine dell’Italia a livello europeo ed internazionale, anche se al riguardo eravamo messi piuttosto male. I politicanti di tutte le sponde fanno fatica a tenere il passo, i commentatori vanno alla ricerca del pelo nell’uovo, i cittadini, al momento, sono sballottati fra ammirazione, scetticismo, incredulità e noncuranza. Qualche grosso pelo lo cerco anch’io, qualche scetticismo lo nutro anch’io. Devo comunque ammettere che in materia carceraria, e non solo, si intravede una lucina oltre il tunnel.

Guardiamo indietro, serve. Cosa ci faceva Gianfranco Fini, all’epoca vicepremier, nella sala operativa della Questura di Genova quel maledetto 21 luglio 2001? L’onorevole Gianfranco Fini non ha mai chiarito, non ha mai fornito spiegazioni: il ruolo governativo in quella debacle a livello di disordine pubblico e di mattanza ai tempi del G8 di Genova, non è mai stato chiarito. Sono passati vent’anni e forse qualcosa è mutato: la politica forse (i dubbi purtroppo rimangono) non è più ispiratrice e difensora ad oltranza delle malefatte repressive delle forze dell’ordine. Draghi dice infatti di volerci vedere chiaro.

Speriamo non gli succeda come a mio padre. «Non ci vedo chiaro!»: così diceva il radiologo mentre gli stava facendo una lastra allo stomaco. «A crèdd, rispose, a ghé scur cme la bòcca ‘dun lòvv!». Alla fine il responso fu che il mio genitore era sano come un pesce. Uscendo dall’ambulatorio nella sala d’aspetto si imbatté di nuovo in una frenetica e grassa signora, che precedentemente gli aveva esternato tutta la sua insofferenza a bere un bicchierone di bario per illuminare lo stomaco in funzione radiologica. Con una punta di sadismo la salutò e le disse: «A proposito, me ne stavo dimenticando, il dottore mi ha detto di preavvertirla che lei di bicchieroni di bario ne dovrà bere due…». Sul momento, non conoscendo la vena ironica di mio padre, sbiancò in volto, poi scoppiarono entrambi in una liberatoria risata. Liberatoria non tanto, perché qualche mese dopo mio padre dovette farsi operare: aveva ben tre ulcere che stavano degenerando…L’oscurità dell’ambulatorio non aveva evidentemente aiutato il radiologo.