Lumache, lumachine, lumaconi

Avvocato Giuliano Pisapia, che sentimento le suscita questo dibattito sulla riforma della giustizia? «Sono allibito. Immaginavo delle reazioni, ma non fino a questo punto. È un argomento su cui purtroppo non si riesce a ragionare con serenità. E siccome ho già visto in passato prese di posizione da alcune parti della magistratura che hanno bloccato vere riforme complessive, come quella del ministro Flick, mi sembra di tornare indietro negli anni».

Così l’incipit di una intervista pubblicata dal quotidiano La stampa. In effetti mi sembra che la giustizia, come del resto anche la scuola, si stia rivelando come un settore irriformabile su cui si scatenano inconcludenti risse ideologiche, politiche e corporative che finiscono col pregiudicare ogni e qualsiasi tentativo di cambiamento. Tutti sostengono che la situazione così com’è non va, ma poi tutti vanno contro tutti col risultato di rendere immodificabile l’assetto tanto criticato.

Sta succedendo sulla riforma ipotizzata dall’attuale ministro Marta Cartabia. I magistrati reagiscono come le lumache, appena intravedono un minimo attacco ai loro privilegi ed alle loro prerogative. La chiocciola è un animale assai cauto in quanto si ritira appena molestato. Quando vengono anche solo sfiorate le antenne, queste si ritraggono. Purtroppo però i magistrati lumaca non fanno altro che rendere lumaca la giustizia.

La politica politicante fa il resto, combattuta ideologicamente fra giustizialismo e garantismo: i pentastellati, sulle ali del loro nuovo leader Giuseppe Conte, che ha fatto della giustizia il suo cavallo di battaglia, si mettono di traverso non appena sentono odore di colpi di spugna; i leghisti, diventati paradossalmente più draghiani di Draghi, si ergono strumentalmente a difensori oltranzisti della proposta governativa elaborata dal ministro Cartabia; gli altri vogliono discutere all’infinito, nascondendosi dietro il Parlamento, senza concludere un bel niente.

Ho la netta impressione che, se il Paese perde il treno/Cartabia, di riforma della giustizia non se ne farà nulla non so per quanto tempo. È vero che non bisogna varare una riforma purchessia solo in modo da conquistare la fiducia europea necessaria per ottenere i grossi fondi del recovery plan, ma è altrettanto vero che questa spinta dovrebbe indurre tutti a fare ogni sforzo possibile.

Non so se Mario Draghi riuscirà a far quadrare il cerchio. Una cosa è certa: la giustizia italiana non funziona. Ricordo una mia esperienza professionale a suo modo emblematica. Una cooperativa sociale, promossa da fior di esperti in materia giuridica ed amministrativa, mi pose un quesito molto delicato e difficile. Esposi al mia soluzione dettata più dal buon senso che dalla carente normativa in vigore. Si scatenò un dibattito infinito, forbito ma inconcludente, al termine del quale il presidente si attestò sulla soluzione da me proposta, tagliando di brutto tutte le inutili disquisizioni degli esperti. Draghi più o meno dovrà fare così: non parte da zero, ha una ministra all’altezza del compito, dovrà ascoltare tutti e poi decidere in solitudine mettendo tutti allo scoperto davanti alle loro responsabilità.

Durante un’intervista, a Mussolini venne chiesto: “Ma deve essere ben difficile governare gente così individualista ed anarchica come gli italiani!”. Mussolini rispose: “Difficile? Ma per nulla. È semplicemente inutile!”. Non vorrei che avesse qualche ragione. A Draghi l’arduo compito di smentirlo.