Il latte di Letta

Enrico Letta ha accettato la proposta di candidatura alle elezioni suppletive della Camera nel collegio uninominale Toscana 12. Lo ha reso noto il Pd di Siena. “Sono felice del vostro affetto e onorato per la vostra richiesta – ha detto il segretario Dem in collegamento con la direzione senese – La voglio fare sul serio questa campagna elettorale”. Il seggio è stato lasciato vacante da Pier Carlo Padoan dopo le dimissioni del 4 novembre 2020, in seguito alla sua nomina nel cda di UniCredit.

“C’è una missione nazionale – ha detto Letta – dobbiamo vincere per dare un messaggio forte alla Toscana e al Paese e per avere un segretario in Parlamento dove i nostri gruppi parlamentari sono usciti falcidiati dal disastro delle elezioni del 2018 e dalle fughe successive”. “In pratica – ha sottolineato – come Pd noi siamo forti nel Paese e nella proposta politica, ma siamo purtroppo esigui in Parlamento”. Per il segretario Dem, che domani completerà il suo percorso ascoltando la direzione di Arezzo, quello di Siena “è un territorio con molte sfaccettature, eccellenze e fragilità, problemi e enormi potenzialità. Per ciascuna di queste questioni dobbiamo costruire una proposta politica seria e all’insegna della prossimità”.

“A livello politico nazionale riteniamo che per rendere incisiva l’azione politica del Partito democratico, il segretario debba essere presente attivamente in Parlamento”, avevano scritto gli 80 delegati senesi nel documento approvato all’unanimità a metà giugno. Un testo con cui chiedevano ufficialmente a Letta di candidarsi, “apprezzando il coinvolgimento della base, le parole chiare su tematiche identitarie e le modalità di guida del partito”. “Vedremo, valuterò e deciderò in questi giorni”, aveva risposto il segretario Dem.

A quanto pare Enrico Letta ha deciso e anche abbastanza in fretta. In questa “vicendina senese” mi permetto di constatare due incoerenze o contraddizioni come dir si voglia, peraltro molto evidenti. La prima riguarda il fatto che il segretario democratico ha dimenticato in fretta la priorità femminile. In realtà non l’ha scordata, ma, come spesso succede, l’ha fatta pagare agli altri, in particolare all’incolpevole Graziano Del Rio, costretto sbrigativamente a lasciare l’importante incarico di capo-gruppo alla Camera dei deputati per far posto ad una improvvisata collega di cui si sono perse le tracce: forse Del Rio, a giudizio di Letta, portava la macchia di essere stato un renziano, pur essendosene affrancato nel tempo, e quindi poteva, forse doveva,  essere sacrificato sull’altare di un’assurda vendetta trasversale. Uno diventa segretario di un partito politico e la prima cosa che fa è tagliare fuori il migliore esponente di quel partito (tale era ed è giudicato un po’ da tutti), sacrificandolo sull’altare della finta valorizzazione delle donne impegnate in politica. Mi chiedo: se Letta tiene tanto a questa retorica parità di genere, perché non ha candidato una donna nel collegio uninominale senese? Probabilmente le donne vanno bene a corrente alternata, cioè fin quando non intralciano l’uomo al comando.

La seconda contraddizione la trovo nell’atteggiamento del PD di Siena che ha chiesto a Letta, uomo al vertice, di candidarsi in nome del coinvolgimento della base. Valli a capire i senesi…Una carenza, probabilmente la più eclatante e grave, del partito democratico è lo scarso legame col territorio, la insufficiente classe dirigente locale, spesso ingaggiata più per scelte opportuniste che per effettive preparazione, competenza e rappresentatività (lo ritengo l’errore principale della stagione piddina renziana). E allora, per ovviare a questo difetto, si preferisce addirittura calare dall’alto del Nazareno l’asso (?) di briscola per ricuperare campo e voti. “Forti nel Paese, ma esigui in Parlamento”: così viene giustificata la scelta, non certo storica, di piazzare il segretario nazionale in Parlamento. Vorrei capire dove sta la forza nel Paese e come verrà superata l’esiguità parlamentare. Se lo slogan non è stato buttato lì a caso, rivela una presunzione preoccupante e (quasi) patetica.

Se è vero, come è vero, che per coerenza si intende “costanza logica o affettiva nel pensiero e nelle azioni”, si può senza esitazione affermare che il Pd di Enrico Letta mette l’incoerenza nella carta d’identità. Niente di scandaloso: si è visto di peggio. Si può anche cambiare opinione, ma in tale caso occorrerebbe rimediare agli sbagli commessi. Sarebbe troppo difficile, meglio abbandonarsi al giochino dei bussolotti, salvo poi magari piangere sul latte di Letta (infatti quando lo sento mi viene, come si suole dire, il latte alle ginocchia). Se qualcuno non l’avesse ancora capito, questo falso e coccodrillesco cincinnato non mi piace: non sa dove tenere il culo (chiedo scusa per la scurrile immagine) e infatti ha pensato bene di riappoggiarlo su uno scranno di Montecitorio.