Il discorso dell’omosessualità e della sua normalizzazione è importante e delicato: se ne sta facendo al contrario un problema politico oggetto di vergognosi compromessi al massimo ribasso. La legge, in discussione al Parlamento, contiene una proposta per prevenire e contrastare le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo.
Giorgia Meloni sostiene che “la sinistra usa i gay come scudi umani”. Siamo arrivati a questo ignobile modo di dialogare sulla carne viva delle persone. Purtroppo però la prima sorella d’Italia un po’ di ragione ce l’ha: tutti. La Meloni in primis, stanno scherzando col fuoco dei diritti umani delle persone, facendone una sperimentale esercitazione per il raggiungimento di strani equilibri politici.
La destra cerca la quadratura del cerchio fra le strumentali posizioni avanguardiste del più sfrenato liberalismo da salotto e le più reazionarie teorie populiste da bar di periferia. La sinistra è incerta fra una decisa battaglia identitaria e l’apertura di un fronte di dialogo con la destra più disponibile, sollecitata da un Matteo Renzi in veste di pontiere.
Non ci sarebbe da scandalizzarsi se al di sotto di queste prove di finto dialogo non emergesse piuttosto chiaramente l’intenzione di segnare il proprio territorio a prescindere dal contrasto alle discriminazioni, delle quali forse non frega niente a nessuno.
Il dialogo per essere serio e costruttivo deve partire dalla condivisione dei valori e dei principi altrimenti diventa inevitabilmente un pateracchio da evitare scrupolosamente. Nel caso in questione non c’è condivisione di fondo e quindi tutto finisce in un confronto strumentale tra visioni contrapposte e inconciliabili.
Mi chiedo: possibile che alla luce del dettato costituzionale e dei principi basilari di democrazia e uguaglianza non si possa imbastire una discussione seria intorno all’idea di inasprire pene e sanzioni per i casi di violenza e discriminazione per motivi di genere, sesso, disabilità e orientamento sessuale? L’inasprimento delle pene e un nuovo quadro normativo dovrebbero servire a tutelare maggiormente queste persone. Non vedo difficoltà a lavorare seriamente su una legge che parta da questi obiettivi. Evidentemente esistono dei pregiudizi e dei condizionamenti pseudo-culturali che lo impediscono.
Se Renzi strizza l’occhio a Salvini per fare l’ennesimo dispetto a Letta, se Salvini strizza l’occhio a Renzi per ridimensionare gli ardori egemonici di Giorgia Meloni, se Letta rifiuta sdegnosamente il confronto per timore di essere politicamente spiazzato, se Berlusconi teme che questa legge possa essere di ostacolo alla rinascita del centro-destra unito sotto la sua campana, se i grillini scaricano spudoratamente le loro magagne sul Parlamento, se la gerarchia cattolica tenta di influenzare la politica intromettendosi, in modo peraltro assai maldestro, nell’agone istituzionale italiano, non si può andare da nessuna parte.
Quando il gioco si fa duro e sporco, le tifoserie si scatenano a furia di gay pride e di assalti all’omosessualità: nel primo caso però non c’è violenza (ci potrà essere qualche inutile e controproducente esasperazione dei toni), mentre nel secondo la violenza corre sui social, sulle aggressioni fisiche, sui bullismi che arrivano all’induzione al suicidio, sulla più becera delle culture discriminanti e razzistiche.
Chi sta politicamente giochicchiando, considerando la lotta alle discriminazioni come un campetto su cui provare inediti e cervellotici schemi di confronto dialogico, si assume gravissime responsabilità. Sì, le persone omosessuali, transessuali e disabili rischiano di diventare scudi umani, non come sostiene Giorgia Meloni con la sua solita faziosa e romanesca cocciutaggine, ma in una guerra assurda, anacronistica e disumana in cui la politica combatte contro se stessa.