Bisogna saper vincere e perdere

Forse sono un po’ prevenuto verso gli inglesi, ma nel loro comportamento durante la partita finale del campionato europeo di calcio trovo molto da ridire. Lasciamo perdere i fischi all’inno di Mameli, perché nella bolgia iniziale (non) ci possono stare. Sorvoliamo sui fischi che hanno costantemente accompagnato il possesso palla dei calciatori azzurri (ormai sui campi di calcio ci siamo abituati a questo ed altro), come se giocare per la propria squadra costituisse un reato di lesa maestà. Perdoniamo il gesto ostentato dai calciatori inglesi di togliersi dal collo la medaglia d’argento: un atto stupido, dettato solo da presunzione e mancanza di stile (erano evidentemente sicuri di vincere e si sono sbagliati).

Quel che mi ha infastidito di più è stata la freddissima accoglienza riservata al nostro Presidente della Repubblica, isolato in tribuna d’onore, senza un cenno di cordialità e di saluto da parte delle autorità inglesi: forse era tutta questione di distanziamento in un Paese dove sono saltate tutte le limitazioni in tal senso.

Non la voglio buttare in politica, ma questo comportamento rientra perfettamente nella strategia brexit: gli inglesi sono fuori dall’Europa a tutti gli effetti. E pensare che Sergio Mattarella ha tenuto il suo solito atteggiamento sobrio, ha gioito appena, anche se molto spontaneamente e simpaticamente. Pensare che nessuno del clan azzurro aveva minimamente ipotizzato un qualche favoritismo arbitrale: ci avevano già pensato i danesi a subire robe di questo genere, facendo da antidoto. Pensare che il minoritario pubblico italiano ha tenuto un comportamento molto serio e dignitoso. Pensare che la gioia azzurra non ha minimamente infierito sulla delusione inglese.

In Inghilterra non c’è aria europea, nemmeno calcisticamente parlando. Pazienza! Non sono un fanatico del pallone, ma mi sono comunque divertito. Non sono un patriota, ma la vittoria italiana mi ha rincuorato. Mi sono virtualmente seduto accanto a Sergio Mattarella e ho gioito con lui, senza eccessi (a quelli sono purtroppo, ma inevitabilmente, scesi gli italiani, nelle strade e nelle piazze), senza retorica (a quella ha provveduto la Rai), senza sopravvalutare un evento sportivo che tuttavia ha coinvolto il Paese (il ricevimento al Quirinale dei vincitori ne è il segno, oserei dire, istituzionale).

Sforziamoci di mantenere questa avventura nei limiti che merita, senza eccedere in festeggiamenti fuori luogo, ma sfogando una legittima e motivata gioia. Mentre gli spagnoli avevano assorbito con eleganza e stile la sconfitta nella partita di semifinale, gli inglesi hanno sofferto troppo la bruciante sconfitta nella finale che pensavano di avere già in tasca. Nello sport, come nella vita, bisogna saper perdere ed è proprio quando si perde che si dimostra la serietà e la maturità. Mi pare che gli inglesi abbiano soprattutto perso una buona occasione per sentirsi uguali agli altri: è pur vero che il calcio lo hanno inventato loro, ma questo non dà il diritto di sentirsi superiori agli altri.

Semmai in sede Uefa sarebbe da promuovere un corso di recupero in materia di educazione sportiva, rivolto soprattutto agli inglesi: proporrei come docente Luis Enrique il commissario tecnico della nazionale spagnola. All’atto dell’iscrizione al corso i partecipanti verranno omaggiati con una confezione di crema emolliente. Poi ci sarà l’occasione per gli esami di riparazione…