Le reazionarie ed oscurantiste convergenze parallele

«Non abbiamo una legge conto l’omosessualità in Ungheria. Abbiamo una legge che difende genitori e bambini. É sempre meglio leggere prima e poi reagire». Così il premier ungherese, Viktor Orban, arrivando al vertice europeo. Orban ha detto di aver risposto in questi termini ai leader che lo hanno criticato, ed ha ricordato di aver «lottato per la libertà sotto il regime comunista, anche per i diritti gay». «Non si tratta di omosessualità», ha insistito, dicendosi disponibile al confronto. Ma non ritirerà la legge, «già approvata e in vigore».

La posizione del premier ungherese, al vertice Ue, è più che delicata: come ha ribadito ieri il Presidente David Sassoli, il Parlamento europeo «è fermo nel pretendere il rispetto dei valori e delle regole europee».

«Noi abbiamo valori che si poggiano sul rispetto della dignità di ciascuno, e perciò la lotta contro le discriminazioni, e nessuna debolezza a questo riguardo, che mettono in pericolo lo stato di diritto” gli ha fatto eco il presidente francese Macron, che ha aggiunto: «Sulla legge dell’Ungheria avremo una discussione tra Stati membri, franca e ferma. Spero che nel dialogo di stasera con Orban si possa trovare un cammino che gli permetta di portare avanti le sue priorità, ma rispettando i nostri valori, e quindi di portarlo a modificare il testo».

Il premier belga, Alexander De Croo, si è presentato al vertice Ue in corso con al petto una spilla arcobaleno, mentre quello olandese Mark Rutte non ci ha girato troppo intorno. «Con questa legge anti-Lgbt l’Ungheria non ha posto nell’Ue». Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si è limitato ad affermare: «”I valori sono nel cuore del progetto europeo, spero che stasera durante la cena potremo discutere di questo tema»

Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ricordato al primo ministro magiaro Viktor Orban che cosa prevedono i trattati, che Budapest ha firmato quando è entrata nell’Ue e che è tenuta a rispettare. L’articolo 2 del Tue, ha detto Draghi secondo quanto riferiscono fonti italiane, esiste per un motivo ben preciso: l’Europa ha una lunga storia di oppressione dei diritti umani. Secondo l’articolo 2, l’Unione europea “si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”. Questi valori, prosegue l’articolo, “sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

Non ho alcuna intenzione di perdere tempo con l’oscurantismo ungherese, dedicandomi alla lettura della legge-crociata di Orban, che prevederebbe addirittura il divieto di parlare di omosessualità a scuola e nei film. Mi limito a due constatazioni. La prima riguarda l’eccessiva fretta e faciloneria con cui si è fatto posto in Europa agli Stati dell’ex impero sovietico. La smania comprensibile di mettere una pietra sopra il comunismo sovietico, la realistica preoccupazione di togliere questi Stati dal pericolo di ripiombare nella sfera di influenza russa, la voglia capitalistica di aprire nuovi mercati e nuove opportunità di scambio con questi Paesi, hanno comportato un ingresso sbrigativo, che crea non pochi problemi di varia natura. La classe politica post-comunista assieme all’acqua sporca del regime sovietico rischia infatti di buttare via anche il neonato bambino democratico: succede in materia di immigrazione, relativamente al rispetto della dignità umana e su tante altre problematiche.

Questi signori si stanno godendo i notevoli benefici loro concessi dalla UE e quando si tratta di rispettare i patti nicchiano vergognosamente e accampano pretese assurde. Sono dentro e intendono rimanervi a modo loro, considerato anche il diritto di veto che viene anche a loro concesso in parecchie materie ed occasioni. Oltre tutto ostentano una superbia ed una presunzione insopportabili. Bisognava pensarci prima, ora temo sia troppo tardi. Mi raccontavano di una donna che, rientrando in una famiglia il cui parentado nutriva qualche serio dubbio nei suoi confronti, si sprofondò in una poltrona dicendo: “E dig che i parént i bàjon…”.

La seconda constatazione chiama in causa il Vaticano. Volenti o nolenti, in materia di omosessualità, si è venuta a creare la convergenza parallela fra le posizioni estremistiche ungheresi e le diplomatiche perplessità delle alte gerarchie cattoliche. Una bella compagnia non c’è che dire…Il sovranismo post-comunista che fa il paio con il sovranismo concordatario vaticano. Il Dio dei cattolici di destra ha i suoi numerosi e potenti inventori e difensori. Le destre americane ed europee, direttamente o indirettamente, strizzano l’occhio ai tradizionalisti cattolici: cristofascismo, teo-conservatorismo, cattolicesimo anti-liberale, trumpismo, bolsonarismo, fondamentalismo polacco, sovranismo ungherese. Una pentola maleodorante che il Vaticano si illude di tenere a fuoco lento per cuocervi dentro le spinte progressiste connaturali al dettato evangelico.

La storica sera, in cui papa Francesco, appena eletto, si presentò, con atteggiamenti e simbologie rivoluzionari, sulla balconata di S. Pietro, ero davanti al video in compagnia di mia sorella Lucia. Eravamo entrambi convinti che fosse successo qualcosa di grande per la Chiesa cattolica. Questa volta lo Spirito Santo era arrivato in tempo. Io trattenevo con difficoltà le lacrime per l’emozione, Lucia era entusiasticamente propensa a cogliere finalmente il “nuovo” che si profilava. Erano gli ultimi mesi di vita di Lucia, che però trovavano esistenziale e incoraggiante riscontro, al livello più alto, di un cristianesimo vissuto sempre con l’ansia della novità che squarcia il dogmatismo, della scelta a favore dei poveri, del rispetto della laicità della politica, del protagonismo femminile. Ebbene forse è in atto la riscossa e lo Spirito Santo è in difficoltà: a casa sua nicchiano, i suoi parenti stretti abbaiano alla luna di papa Francesco, il sole deve fare i conti con i neri nuvoloni che si addensano nel cielo, sembra non sappia più cosa fare. Ma alla lunga vincerà.

“Sl’è nota us farà dé” ripeteva spesso il grande Benigno Zaccagnini in dialetto romagnolo, negli anni del terrorismo, ricordando un motto della Resistenza. Qualcuno sta cambiando questo detto popolare in “Sl’è dé us farà nota” per applicarlo sacrilegamente alla cristianità nel mondo. Forse lo Spirito Santo si aspetta che qualcuno faccia Resistenza.