In ginocchio, solo se piace agli ultras

Il Galles si inginocchia all’Olimpico per Black Lives Matter, e per la prima volta il gesto è compiuto anche da quattro azzurri, all’Olimpico, prima della partita Italia-Galles. Si tratta di Belotti, Pessina, Bernardeschi, Emerson e Toloi, primi italiani dopo l’arbitro Orsato a manifestare all’Europeo col gesto contro ogni discriminazione razziale. Sono invece rimasti in piedi gli altri Azzurri in campo. E questa mancata unità di intenti non è piaciuta a Claudio Marchisio, che commentando la partita su Rai1 ha osservato: «C’è libertà di scelta, ma sarebbe stato meglio vederli tutti inginocchiati».

Black Lives Matter (BLM, letteralmente “le vite dei neri contano“) è un movimento attivista internazionale, originato all’interno della comunità afroamericana, impegnato nella lotta contro il razzismo, perpetuato a livello socio-politico, verso le persone nere. Black Lives Matter organizza regolarmente delle manifestazioni per protestare apertamente contro gli omicidi delle persone nere da parte della polizia, nonché contro questioni più estese come profilazione razziale, brutalità della polizia e disuguaglianza razziale nel sistema giuridico degli Stati Uniti.

Non so come interpretare la renitenza degli atleti azzurri a questo gesto. Spero soltanto non sia una cautela verso le destre razziste, che tifano lanciando fischi e critiche social contro i giocatori che si inginocchiano prima di cominciare la partita. Aumentano infatti gli oppositori al messaggio “black lives matter”. Dopo l’episodio della Croazia a Wembley e i fischi dei russi al Belgio, in Spagna la questione si è vomitevolmente ingigantita: “Se vi inginocchiate, spegniamo il televisore”.  Il movimento dei tifosi della Selección ha minacciato di non guardare più le gare della nazionale se i giocatori dovessero fare in campo il gesto divenuto simbolo della lotta al razzismo negli Usa nel 2016 e rilanciato dopo che l’agente Derek Chauvin il 25 maggio 2020 ha ucciso a Minneapolis l’afroamericano George Floyd.

Non mi si dica che è una questione risibile attorno alla quale sta screscendo una polemichetta stucchevole. Il razzismo è presente nella nostra società come un «fiume carsico», che scorre sotterraneo per poi riemergere con forza in superficie. Sottovalutarne la portata mi sembra un omertoso e gravissimo atteggiamento rientrante nell’indifferenza fatta ormai sistema. Sicuramente scatterà anche la reazione dei benaltristi, i quali mormoreranno: non basta trasformare i campi di gioco in un inginocchiatoio per combattere il razzismo. Qualcun altro griderà alla strumentalizzazione politica dello sport o sarà infastidito dal disturbo arrecato all’agognata ripresa dello spettacolo calcistico.

È sempre la solita storia: i motivi per fregarsene altamente dell’ingiustizia e della discriminazione sono tanti e ricordiamoci bene che tali aberrazioni sociali trovano un notevole appoggio proprio nell’insensibilità della gente. Da tempo gli stadi si sono trasformati in un caleidoscopio di tutti i peggiori istinti. Non sarebbe la prima volta che i calciatori e le società calcistiche si piegano davanti alla violenza organizzata dei tifosi: gli ultras rappresentano una intollerabile massa critica assorbita e vezzeggiata. Come potrà la violenza degli ultras essere contro la violenza dei razzisti? Violenza chiama violenza! Che stupisce è la reazione da conigli dei pedatori, che magari non si schierano per timore di alienarsi le simpatie dei padroni degli spalti in via di graduale riempimento.

Non ero durante la pandemia fra i vedovi degli spalti gremiti, credo anzi sia stato un azzardo riaprire seppure parzialmente gli stadi. Mi dà fastidio la retorica del tifo intonata dai media. Paola Ferrari, la bamboleggiante conduttrice televisiva da tappezzeria, continua ad osannare i tifosi così bravi, così belli, così buoni, così simpatici. E i giocatori? Tutti meravigliosamente capaci di darci tante soddisfazioni… C’è qualcosa che tocca in un sistema che non è capace nemmeno di un gesto simbolico contro il razzismo.

In cotanta miseria etica la nazionale di calcio che fa? Sol l’occhio di Claudio Marchisio, ex calciatore nonché uno degli attuali inutili commentatori tecnici a livello televisivo, esprime umanamente un guardo di pietà, piange, ma forse sono lacrime di coccodrillo. Sarà un caso ma gli unici atleti della nazionale di calcio che hanno aderito al gesto di solidarietà verso il movimento antirazzista sono giocatori di riserva, seppure di lusso e nonostante il santo commissario tecnico continui a dire che il gruppo è compatto e non esiste differenza fra titolari e riserve. Vuoi vedere che il messaggio è: siamo antirazzisti, ma solo un pochettino…per non disturbare troppo. Caro tifoso, ritornerò in ginocchio da te,
il razzismo non è, non è niente per me…