Il camaleonte chiama, il gattopardo risponde

I miei ardori adolescenziali e giovanili si potevano sintetizzare in due smanie rivoluzionarie, che peraltro si riferivano paradossalmente ai miei due grandi amori: le donne e la società. Le prime le ho rincorse per tutta la vita più per cambiarle (da maschilista) che per corteggiarle (da Casanova), senza capire che le donne sono belle in quanto fresche, sguscianti, imprevedibili e molto diverse dagli uomini e volerne mutare i connotati sarebbe come pensare di togliere le ali alle farfalle.

Quanto alla società è sempre esistita in me l’ansia di cambiarla nelle sue strutture fondamentali: la contestazione ha pervaso, seppure in modo non violento, tutta la mia vita. Non ho capito che a rivoluzionare il mondo non ci ha provato neppure chi lo ha creato, il quale, sceso sulla terra, ha preferito occuparsi dei singoli, limitandosi a invitarli a stare nel mondo senza prostituirsi ad esso. Il punto d’attacco sta in questo!

In questo periodo di teorico sconvolgimento psico-sociale l’ardore rivoluzionario in me ha ripreso intellettualmente quota: bisogna rimettere in discussione e cambiare tutto. Mi sono illuso che si potesse aprire uno spazio per rivedere profondamente la società nei suoi principi e nelle sue strutture. Invece si sta profilando l’ennesima e definitiva disillusione: al virus camaleonte, che muta d’aspetto e sfugge al controllo scientifico e sanitario, fa riscontro una società gattopardesca che cambia tutto per non cambiare niente.

Volete qualche eloquente esempio? Si sta procedendo alla cosiddetta riapertura, ma si invita alla prudenza ed alla cautela: si apre la stalla e si pretende che i buoi restino disciplinatamente nei pressi di essa, pronti a rientrarvi al primo sintomo di pericolo ed al primo invito di tornare indietro.

Si vuole ridare fiato al turismo compresso e danneggiato dalle restrizioni imposte dalla pandemia, ma poi si chiede a gran voce di istituire rigidi controlli alle frontiere per arginare il dilagare della variante Delta. Un colpo basso al turismo non appena rimessosi in piedi? Non controllerà nessuno e tutti scorrazzeranno dappertutto.

Si riaprono le discoteche per togliere dall’isolamento i giovani oltre che per dare fiato al consumismo giovanile su cui la società fa grandi affari. Sì, però controlliamo che chi entra in discoteca abbia il green-pass: come cercare l’ago nel pagliaio, come porre un argine di cartapesta ad un torrente in piena.

Si possono abbassare le mascherine per guardarsi finalmente in faccia e riscontrare che magari nel frattempo l’abbiamo persa. All’aperto la mascherina non serve più (forse non serviva neanche prima, ma…), tuttavia quando anche all’aperto si sta vicini è più che opportuno usarla. Con una mano si dà, con l’altra immediatamente si toglie in un perfido gioco a rendere impossibile la vita nuova e ripiegare forzatamente sulla vecchia: le regole non contano e ognuno faccia quel cazzo che vuole!

Si cominciano a smantellare i reparti ospedalieri covid. Non sarà un po’ presto? Bisogna dare segnali di incoraggiamento e di ottimismo. Tanto si fa sempre in tempo a tornare indietro, pagando l’inevitabile prezzo in vite umane. E chi se ne frega. Oggi a te, domani a me, l’importante è andare avanti.

Vacciniamoci tutti. Ogni giorno spunta un consistente numero di vaccinati a grave rischio. È lo stesso, vaccinatevi, altrimenti…la variante vi colpirà. Ma la variante delta non c’entra niente con gli attuali vaccini. Non importa, il virus preferirà comunque intaccare i no-vax, mentre i vaccinati si sentiranno al sicuro sull’arca della scienza in balia delle onde.

Liberi tutti, ma con senso di responsabilità. Nel frattempo comunque apriamo gli stadi, soprattutto quello di Wembley per celebrare, davanti a settantamila tifosi scatenati, il rito calcistico sacrificale: un raduno imprescindibile, che ci riempie il cuore di gioia e il sangue di virus (Draghi e Merkel hanno provato ad alzare la manina, ma sono stati sommersi dalle critiche e tacitati come disfattisti e reazionari).

In conclusione “lasciate ogni speranza o voi che pensate di cambiare il mondo”: il mondo è bello perché è vario, ma immutabile. Che razza di pessimismo!!! No, un sano realismo che però non mi paralizza. Forse basta cambiare la strada del cambiamento, adottando quella che costeggia le persone e punta ad esse. Ma c’è pur sempre il distanziamento da rispettare. Uno strano distanziamento, che non permette di toccarsi, di abbracciarsi, di parlarsi a tu per tu, di baciarsi, di volersi bene, ma che consente a tutti di celebrare i riti di massa del caffè, della spiaggia, della discoteca, dello stadio, etc. etc. L’importante è infatti che il mondo vada avanti così com’è e che a nessuno venga in mente di provare a cambiarlo, magari tenendosi per mano.