“La motivazione è e deve essere la vittoria, che deve entrare nel cervello dei calciatori, deve diventare un’ossessione per superare i limiti”: è la filosofia di Antonio Conte, allenatore dell’Inter, il cui sorriso ha persino ammaliato la piccante e frizzante Paola Ferrari, conduttrice della rubrica televisiva “novantesimo minuto” (cosa si vuole di più da un uomo?).
“Nelle finali è difficile giocare bene, l’importante è vincere: se vai in campo con questa determinazione può girarti bene”: è la consolatoria teoria di Andrea Pirlo, allenatore della Juventus, avvinghiato alla sua “supercoppetta” conquistata qualche mese fa (cosa si pretende di più da un pirla qualsiasi?).
Dalla teoria passiamo alla pratica.
Durante i festeggiamenti per la promozione della Salernitana in Seria A, avvenuta dopo 22 anni, non sono mancati assembramenti e, in preda alla euforia, anche l’uso della mascherina non è stato sempre rispettato. In tilt per ore la circolazione stradale con le forze dell’ordine che hanno provato a disporre percorsi alternativi per tentare di decongestionare il traffico. E proprio a causa di questo traffico impazzito c’è scappato il morto: una tragedia ha funestato i festeggiamenti. Un giovane di 22 anni ha perso la vita durante il carosello che si è protratto, dal pomeriggio fino a tarda sera, per le strade della città. Stando a quanto si apprende il ragazzo era alla guida del suo scooter quando, per cause ancora in corso di accertamento, ha perso il controllo del mezzo a due ruote e si è schiantato contro un’automobile in sosta.
La partita tra Salernitana e Pescara, che ha sancito la promozione della prima e la peraltro già assodata retrocessione della seconda, ha avuto un vomitevole antipasto in un gravissimo atto di violenza e intimidazione a Salerno, dove la figlia 18enne di Gianluca Grassadonia, allenatore del Pescara, è stata aggredita sotto casa da parte di alcuni esagitati. È stato un preoccupante ed inquietante prologo per la sfida calcistica. In un certo senso tutto come da copione, prima, durante e dopo la partita.
Ho messo in corrispondenza biunivoca la teorizzazione nobile e altolocata con la concretizzazione popolana, anche se non direttamente connesse, ma ugualmente riconducibili al tremendo sciocchezzaio calcistico.
Le parole smisurate degli allenatori vengono lette in positivo anche se sono autentiche e pericolose cazzate: contribuiscono a creare un clima di forte tensione emotiva nel quale ci stanno poi anche le esagitate euforie e addirittura le smargiassate violente. È coccodrillesco piangere se in mezzo alla follia collettiva succede un episodio tragico, è ipocrita circoscrivere a pochi idioti un comportamento che trova le sue radici nelle prediche dei grandi e nelle stupidità dei molti.
Se vincere diventa un’ossessione, tutto è lecito pur di vincere e, se si vince, ci si sente superuomini a cui tutto è consentito. Non c’è niente di bello e comprensibile nelle feste trasgressive di Inter e Salernitana: gli sfoghi eccessivi a livello di squadra si traducono in bagarre piazzaiola dove tutto è possibile. Finiamola una buona volta con gli atteggiamenti indulgenti, diventiamo finalmente intransigenti.
Che un signore, superpagato per fare correttamente il proprio mestiere di allenatore, arringhi direttamente o indirettamente (forse, lo voglio sperare, inconsapevolmente e/o involontariamente) la folla (con tanto di placet dei porte-coton televisivi) è una vergogna. Che il calcio, con le mani sporche di affarismo, diventi lo sfogatoio del tifo dei frustrati è una miserevole contraddizione sociale. Che i media, omertosamente ed opportunisticamente inseriti nel fenomeno calcistico, continuino a pontificare, disquisendo sul tifo cattivo dei pochi che scaccerebbe quello buono dei molti, è un’inaccettabile sociologia spicciola.
Sullo sfondo si intravede la probabile sfida all’O.K Corral, innescata “ideologicamente” da Conte e Mourinho, allenatori rispettivamente di un’Inter ringalluzzita e di una Roma impaziente, che potrebbe ulteriormente trasformare il calcio in un vero e proprio far west. Forse però si tratterà solo di una edizione riveduta e scorretta della leggenda degli Orazi e Curiazi, con buona pace di chi desidera decantare “tartufescamente” le guerre del tifo buono nei duelli del tifo cattivo.