I Galli e…i Bonaccini…nel pollaio

Il loggione di Parma ogni tanto ruggiva: il famosissimo e simpatico critico Rodolfo Celletti ammetteva di godere, sotto sotto, allorquando i parmigiani spazzolavano qualche mostro sacro del bel canto. Però aggiungeva: «Ho la sensazione che a voi parmigiani piacciano un po’ troppo gli acuti sparati alla viva il parroco…».

Ho introdotto per l’ennesima volta questo gustoso episodio in quanto lo trovo abbastanza propedeutico al recente scontro televisivo tra il governatore emiliano Stefano Bonaccini e l’infettivologo Massimo Galli, professore ordinario all’Università Statale di Milano e primario dell’ospedale Sacco. All’imbarazzata presenza di una Bianca Berlinguer, molto dalemiana e poco berlingueriana, i due se le sono date di santa ragione o meglio, mentre Galli tirava giù con colpi ai limiti della cintura, Bonaccini sembrava quel pugile che all’angolo, reagiva all’incoraggiamento dei suoi secondi, chiedendo da dove provenissero i pugni che arrivavano.

Il professor Galli, uno dei troppi scienziati habitué del video – ai quali vorrei tanto chiedere dove trovino il tempo per essere così spesso e lungamente in televisione -, ha spazzolato ben bene il malcapitato autoreferenziale ed auto-osannante Bonaccini, sparando acuti alla viva il parroco per coprire di vergogna le stonature e i “falsettoni” della politica politicante. Al che il sedicente primo della classe si è visto spiazzato e contestato e non ha potuto fare altro che imitare il baritono che venne accolto da urla e fischi e, rivolgendosi al pubblico lo pregò ironicamente di pazientare ed attendere l’esibizione del tenore. Fischiate me? Sentirete il tenore! Nel nostro caso si potrebbe dire: «Fischiate me? Guardate gli altri governatori regionali!».

Il sussiegoso ed irascibile scienziato non aveva tutti i torti: volevano convincerlo che le riaperture siano un bene, mentre lui era impegnato a dimostrare scientificamente che sono assai discutibili in considerazione dell’andamento ancora troppo limitato delle vaccinazioni e dei risultati molto relativi ottenuti dalle chiusure a macchia di leopardo. La politica voleva cioè imporgli le proprie regole, vale a dire l’impossibilità di reggere l’urto sociale della dilagante ondata protestataria di piazza e di affrontare una situazione economica sull’orlo del collasso. Bonaccini usava addirittura i toni e le parole dello scontro politico con uno scienziato, che si vedeva quindi trattato e ridicolizzato a pesci in faccia.

Il pavoneggiante Bonaccini, al quale do atto di presiedere una regione molto organizzata e strutturata ma non certo esente da difetti e lacune gravissimi, interpretava il ruolo del politico che vuol far credere a un ateo che “Cristo è morto dal freddo ai piedi”. Più dialogo fra sordi di così si muore.

Morale della favola. Gli scienziati farebbero un gran bene a tutti se rimanessero a lavorare nei loro laboratori, nelle loro cattedre e nei loro reparti invece di continuare a chiacchierare in televisione, litigando oltre tutto assai spesso fra di loro in una penosa e controproducente gara ad emergere come il primo della pista. I politici dovrebbero fare il loro mestiere con tanta umiltà, riconoscendo i propri limiti e senza pretendere di ottenere il consenso della scienza sui loro inevitabili compromessi. La scienza deve dare consigli e fermarsi lì, la politica non deve costringere la scienza a ripiegare sulle decisioni di governo.

Bianca Berlinguer, modesta routinière del giornalismo televisivo, ha perso una buona occasione per esprimere qualcosa di interessante a livello di metodo, ha lasciato fare e dire: si intuiva che era un arbitro silenziosamente partigiano, tifava per Bonaccini (io, sotto sotto, invece, tifavo, seppure a fatica, per lo scienziato di turno), mentre lui le chiedeva, quasi confidenzialmente, conto della correttezza dei pugni che arrivavano da Galli. L’ennesimo squallido dibattito che crea confusione di idee e di ruoli. Se la vogliamo chiudere in senso sportivo, non ha vinto nessuno. Il pubblico infatti ha assistito ad una discussione che ricordava la gustosa chiacchierata tra i due sordi. Uno dice all’altro: “Vät a lét?”;  l’altro risponde: ” No vagh a lét”. E l’altro ribatte: “Ah,  a m’ cardäva ch’a t’andiss a lét”.