E se provassimo ad essere seri?

Dico, come al solito, la (mia) verità: non ho mai capito perché si festeggi il primo maggio con un concertone rock trasmesso in diretta televisiva. La festa del lavoro meriterebbe qualcosa di più profondo e meno consolatorio, qualcosa che dia un senso storico e sociale alla importante ricorrenza. In tempo di pandemia le pubbliche manifestazioni diventano impossibili e quindi si deve ripiegare su eventi televisivi. Quest’anno la festa del primo maggio è diventata addirittura l’occasione per un corto circuito fra libera espressione artistica e controllo politico sui programmi Rai, discorso vecchio come il cucco, che riaffiora a seconda dei casi e dei momenti.

Fedez, pseudonimo di Federico Leonardo Lucia, è un rapper italiano, vale a dire un artista impegnato in una forma di oratoria musicale che presenta «rima, discorso ritmico e linguaggio di strada», che è eseguita o cantata in diversi modi, spesso sopra un beat o un accompagnamento musicale. Non vado oltre perché non sono appassionato di queste forme artistiche: sono vecchio (anziano per chi mi vuole bene) e non mi cimento nel tentativo di voler fare il giovane a tutti i costi.

Fatto sta che questo rapper interrompe la sua esibizione alla festa del primo maggio per leggere un lungo intervento in difesa del Ddl Zan e contro le recenti dichiarazioni di esponenti della Lega su omosessualità e libertà sessuali. La Rai smentisce il tentativo di censura, ma Fedez pubblica la telefonata che la dimostra.

Il disegno di legge proposto da Alessandro Zan ha l’obiettivo di combattere ogni tipo di discriminazione. Omotransfobia, dunque, ma non solo. “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” si legge sul frontespizio del disegno di legge trasmesso dal presidente della Camera dei deputati alla presidenza il 5 novembre 2020. Non si parla solo di omosessualità e omofobia, quindi, come certa propaganda contraria al ddl vorrebbe far credere. Si affrontano anche temi come la violenza di genere, la discriminazione nei confronti dei disabili. Si quantificano le condanne, pesanti peraltro, per chi commette violenza o discriminazione e si propone l’istituzione di iniziative di sensibilizzazione reale.

L’argomento è politicamente caldo e Fedez lo cavalca entrando in polemica con chi esprime in modo sbracato critiche e contrarietà contro questa legislazione in itinere.

Se è vero che gli omosessuali hanno la tendenza a mettere al centro del mondo i loro sacrosanti diritti, rischiando a volte di mantenere una diversità conflittuale più che di ottenere una pacifica parità, è altrettanto vero che in materia abbondano gli atteggiamenti reazionari e conservatori che puzzano di vecchio, di stantio e di violento. Non voglio però entrare nel merito anche se sono favorevole, senza se e senza ma, ad ogni e qualsiasi legge che promuova l’uguaglianza e combatta la discriminazione.

Mi sembra però che la questione si sia spostata dal merito al metodo. Era quella la sede per innescare una polemica contro le parti politiche refrattarie ad una visione aperta e moderna della sessualità? Tutte le occasioni sono valide per portare avanti discorsi seri, anche in modo non politicamente corretto, ma nemmeno meramente provocatorio. La Rai ha il diritto di censurare o giudicare preventivamente uno spettacolo da essa ospitato? Censurare direi proprio di no, chiedere misura ed obiettività forse sì. L’argomento in questione, per la delicatezza e la serietà che lo contraddistinguono, non si dovrebbe prestare a populistiche e volgari speculazioni in cui è specializzata la Lega, ma nemmeno a propagandistici, festaioli e goliardici sostegni.

Da una parte sento odore di insopportabile e inaccettabile restaurazione a livello di costume prima ancora che in senso politico; dall’altra vedo un chiasso assordante su problemi che meritano grande e lucida attenzione coniugata con una forte apertura mentale e culturale. Non facciamo un buon servizio a chi viene discriminato sbraitando: i diritti, ce lo insegna la festa del primo maggio, si conquistano con battaglie coinvolgenti ed avvolgenti e non con sbrigative ed epidermiche spettacolarizzazioni. I rapper fanno il loro mestiere ma dovrebbero evitare un pericoloso mix vociante tra arte, cultura e politica (si fa cultura progressista anche senza fare comizi tra una canzone e l’altra); i sindacati dovrebbero allargare, approfondire e quotidianizzare le loro battaglie sui diritti di chi viene dovunque e comunque maltrattato; la politica dovrebbe smetterla di fare propaganda sulla pelle di chi soffre e tentare risposte legislative ed amministrative volte a togliere di mezzo le ingiustificate ed ingiustificabili sofferenze delle persone; la Rai dovrebbe fare meno spazzatura, perché, a furia di spazzatura nei salotti e nei talk show, non riesce forse più a distinguere le cose serie nelle piazze e nelle istituzioni.