Ecco di seguito il retroscena dei rapporti fra Italia e Unione Europea durante la dirittura finale del recovery plan così come autorevolmente riportato dal Corriere della sera.
“Ad un certo punto del pomeriggio Mario Draghi alza il telefono per la seconda volta in due giorni, richiama la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non alza la voce, ma manda un messaggio che chiude una trattativa estenuante, ruvida, segnata dalla diffidenza degli uffici tecnici di Bruxelles: «Non credo che dobbiamo fornire ulteriori spiegazioni, basta così. Ci vuole rispetto per l’Italia». A Palazzo Chigi, alle nove di sera, dicono che l’accordo politico con la Commissione è chiuso, ma che il confronto con Bruxelles è stato segnato da una serie di richieste sulle riforme che accompagneranno il Piano «piene di cavilli» e «di sfiducia nelle capacità del Paese» di implementarle.
Ci sono stati anche momenti di scontro vero con Bruxelles: hanno chiesto più dettagli sul contrasto al lavoro nero, sui tempi e i contenuti della riforma della giustizia, sulle semplificazioni delle procedure, su concorrenza e liberalizzazioni. Su quest’ultimo punto è dovuto intervenire ancora una volta il presidente del Consiglio, con un messaggio diplomatico e al contempo molto fermo: «Non si può chiedere tutto e subito ad un Paese con un’economia in ginocchio». La riforma della concorrenza si farà, insieme alle altre, nel Pnrr sono indicati tempi e contenuti di almeno 15 fra decreti leggi e leggi delega di riforma del Paese nei prossimi mesi ed anni, con tanto di cronoprogramma.
Dopo 48 ore filate di videoconferenze e telefonate fra il governo italiano e gli uffici della Commissione, la trattativa si conclude con l’accettazione delle garanzie che Draghi offre in prima persona. Nel Piano predisposto dal precedente governo c’era una sola pagina dedicata alle riforme di attuazione del Recovery, «oggi ce ne sono 40», mettono nero su bianco a Palazzo Chigi. Come dire: la Commissione apprezzi lo sforzo di riscrittura del Piano fatto dal governo Draghi, che «è stato molto profondo» rispetto a quello che si è ritrovato in mano quando si è insediato. È stata anche una corsa contro il tempo: domani il Recovery sarà presentato al Parlamento, poi spedito a Bruxelles nella sua ultima versione”.
Credo che questa breve cronaca spieghi più di ogni analisi politica il significato e la portata del premierato di Draghi proprio nella fase in cui si cominciano a sentire i rumors dell’insoddisfazione e della relativizzazione del suo operato. A chi continua nello stucchevole tentativo di relegare Draghi nella continuità con il governo precedente ecco servite le più eloquenti domande/risposte: chi mai avrebbe avuto il coraggio e la credibilità di dire “basta” alle pur comprensibili perplessità accampate dagli organismi competenti della UE? Chi avrebbe l’autorevolezza per garantire in prima persona un percorso lungo e accidentato di riforme indispensabili al nostro Paese? Chi potrebbe affermare convintamente, come sosteneva il presidente Sandro Pertini, che l’Italia non è né prima né seconda agli altri Stati europei e non solo? Chi avrebbe la concreta lungimiranza per avviare e portare avanti quelle riforme, dalla giustizia alla burocrazia alla scuola alla lotta alla corruzione e al lavoro nero, di cui ci siamo riempiti la bocca nei decenni scorsi?
Draghi, pur tra mille difficoltà e intoppi, sta tenendo fede alle aspettative: volevamo un interlocutore sicuro ed esperto per ottenere i fondi della UE e spenderli nel migliore dei modi. Le attese non stanno andando deluse e dobbiamo prenderne atto con una certa soddisfazione anziché spaccare il capello in quattro alla ricerca del difetto. Chi più di Draghi ha conoscenza dei gangli burocratici della macchina amministrativa per poterli aggirare non con la bacchetta magica della demagogia, ma con la competenza che riesce a snidare le lentezze e gli ostruzionismi? Chi più di Draghi ha in questa fase storica la capacità di coniugare le esigenze economiche con quelle sociali imponendo i tempi e i modi non di una mera ripresa come se niente fosse successo, ma di una ripartenza difficile ma possibile? Chi più di Draghi ha la possibilità di contemperare le esigenze finanziarie dei mercati e delle casse erariali nazionali e comunitarie nel rispetto di una certa etica che vada al di là di una mera caccia ai profitti e alle speculazioni?
Sono volutamente domande provocatoriamente retoriche. Comunque sia non si può sbrigativamente liquidare l’operato di Mario Draghi con una scettica alzata di spalle o con un sorrisetto ironico. Abbiamo trovato una guida e cerchiamo di seguirla con una certa pazienza, senza attese messianiche e senza i soliti sciocchi benaltrismi. Qualcosa si sta sbloccando, è presto, ma finalmente si può guardare avanti con dignità e fiducia. Il resto si vedrà… Draghi non ha bisogno né di grancasse fracassone né di trombette stonate. Gli è bastato alzare la cornetta…