La vera scienza ammette i propri limiti

Sono perfettamente consapevole di ripetermi, ma lo faccio a ragion veduta e perché sono stanco di ascoltare sentenze sputate alla viva il parroco, non da parrocchiani qualsiasi, ma da sacerdoti e sacerdotesse quotate nel borsino scientifico.

Parto da lontano. Se posso dire la mia opinione fuori dai denti, nutro poca stima nei confronti di tre categorie di esperti (preferisco usare questo termine anziché quello di scienziati): psicologi, sociologi ed economisti. Spero di non offendere o irritare nessuno, perché si tratta di paradossi, ho avuto ed ho stimatissimi parenti, amici e conoscenti tra gli appartenenti alle suddette categorie  e oltre tutto, nella terza penso di rientrare dal momento che sono in possesso di uno straccio di laurea in economia, quindi in un certo senso sputo coraggiosamente (?) nel piatto in cui mangio.

Gli psicologi hanno sempre ragione in quanto, per il dritto o per il rovescio, in un modo o nell’altro, in un senso o nel suo contrario, trovano sempre una spiegazione, piuttosto campata in aria, e nessuno è in grado di confutarla. A una mia amica, che mi chiedeva spiegazioni al riguardo, ho scodellato un esempio su due piedi, piuttosto brutale ma significativo. Di fronte ad un episodio di inaudita violenza di un giovane contro i propri famigliari lo psicologo potrebbe così trovare l’origine di questo comportamento: quand l’era un ragas, ‘na volta l’ha ciapè ’na psäda in-t-al cul  da so pädor…

I sociologi, come detto più autorevolmente da altri, si dedicano, più o meno abilmente, alla elaborazione sistematica dell’ovvio, fanno una fotografia, più o meno nitida, della situazione. Volete un esempio? Fiumi di parole sulla crisi della famiglia. Questo fenomeno lo conosciamo tutti e ne sappiamo bene anche le cause.

Gli economisti elaborano teorie che si rivelano sempre e sistematicamente sbagliate: in parole povere non ci pigliano mai. Ci hanno tormentato con il contenimento della spesa pubblica per non creare inflazione e così ci hanno portato alla crisi economica con tutte le conseguenze del caso.

Mio padre sarebbe oltremodo d’accordo ed aggiungerebbe: “Sì. I pàron coi che all’ostaria con un pcon ad gess in sima la tavla i metton a post tutt; po set ve a vedor a ca’ sova i n’en gnan bon ed far un o con un bicer…”

Forse sono stato poco “complimentoso”, ma un po’ di verità in quel che ho detto c’è, eccome, e mi sento di allargare il discorso ad una categoria professionale che va per la maggiore, vale a dire i virologi, coloro che operano nel ramo delle scienze biologiche e mediche che si occupa dello studio dei virus e della loro patogenicità.

La moglie di Matteo Renzi, dopo essere stata vaccinata come insegnante, si è beccata il covid. Lasciamo stare il fatto che se un simile caso fosse successo alla moglie di un tizio qualsiasi non ne avrebbe parlato nessuno, ma questo è un altro discorso rispetto a quello che voglio fare. Una illustre virologa, interrogata al riguardo, ha messo in scala gli scontati motivi: aveva avuto solo la prima dose, forse era passato poco tempo dalla vaccinazione, occorre anche la seconda dose per avere una protezione consistente, poi, comunque, si dovrebbe avere la protezione contro la morte e, dulcis in fundo, l’infezione è una cosa, la malattia un’altra.

Quindi, mettiamoci il cuore in pace, dopo essere stati vaccinati ci possiamo ancora infettare, dobbiamo solo sperare di non ammalarci e incrociare le dita al fine di non morire. Parola di virologa! Non era meglio se questa illustre studiosa avesse candidamente ammesso: di questo virus e dei vaccini che lo dovrebbero combattere non abbiamo capito quasi niente, non facciamoci illusioni e speriamo bene.

Ricordo con stima e simpatia il medico che aveva curato mio padre in un reparto ospedaliero dove era stato ricoverato per un presunto ictus cerebrale. Quando fu dimesso, fortunatamente senza conseguenze fisiche e mentali, mi confidò più amichevolmente che professionalmente: “Nella lettera di dimissioni abbiamo scritto qualcosa, ma devo ammettere che, dopo tutti gli esami e gli accertamenti eseguiti, non abbiamo capito niente…”. Questa, a mio parere, si chiama onestà intellettuale, che parte umilmente dai limiti che soprattutto certe scienze hanno e relativizza i discorsi scientifici, evitando di dare pericolose illusioni e fuorvianti prospettive. Spero di essermi spiegato.