“Dodici club europei di calcio annunciano congiuntamente un accordo per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai Club Fondatori”. “AC Milan, Arsenal FC, Atlético de Madrid, Chelsea FC, FC Barcelona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur hanno tutti aderito in qualità di Club Fondatori, si legge in un comunicato. È previsto che altri tre club aderiranno come Club Fondatori prima della stagione inaugurale, che dovrebbe iniziare non appena possibile. In futuro i Club Fondatori auspicano l’avvio di consultazioni con UEFA e FIFA al fine di lavorare insieme cooperando per il raggiungimento dei migliori risultati possibili per la nuova Lega e per il calcio nel suo complesso.
Da tempo il mondo del calcio era in profonda crisi economica in uno strabiliante squilibrio tra i costi pazzeschi, figli di un divismo esasperato ed ingiustificato, e i ricavi non aumentabili per effetto di un mercato inflazionato ed esausto. La pandemia globale non ha fatto altro che accelerare l’instabilità dell’attuale modello economico del calcio europeo.
Dal momento che non appare agibile l’ipotesi di un sano contenimento degli ingaggi e di un disboscamento del losco parterre di mediatori e procuratori avidi di ricchezze, si deve per forza ripiegare sull’obiettivo di migliorare la qualità e l’intensità delle attuali competizioni europee nel corso di ogni stagione, in modo da rendere appetibile ad un mercato sempre più saturo uno spettacolo sportivo di alto livello.
Da una parte c’è l’intenzione di far diventare gli stadi complessi ed articolati luoghi di socializzazione e divertimento, dall’altra quella di dare in pasto alla platea televisiva (in attesa di recuperare almeno parzialmente quella in presenza) una invitante occasione aggiuntiva-sostitutiva di spettacolo e divertimento.
Mi stupisce la piccata e farisaica reazione delle federazioni calcistiche nazionali: “Resteremo uniti nei nostri sforzi per fermare questo cinico progetto, si legge in una nota congiunta, e prenderemo in considerazione tutte le misure a nostra disposizione, a tutti i livelli, sia giudiziario che sportivo, al fine di evitare che ciò accada”, minacciando i club e i giocatori di vietare loro di partecipare alle competizioni internazionali. Questo persistente interesse personale di pochi va avanti da troppo tempo. Quando è troppo è troppo”.
Anche il mondo del calcio ha i suoi sovranismo e populismo. Mentre, politicamente parlando, questi due “ismi” vanno di pari passo, ragionando calcisticamente non è così: allo strumentale populismo mercatale dei grandi club fa riscontro la difesa oltranzistica di un modello nazionalistico da parte degli establishment vigenti.
Ricordo come tanti anni fa un caro e simpatico amico appassionatissimo di calcio provocasse un certo sconcerto negli ambienti della tifoseria, confessando di tifare per il Real Madrid. A chi lo criticava pesantemente rispondeva con una allusione politica inconfutabile: “Non siamo forse in Europa? E allora cosa c’è di male se io preferisco una blasonata squadra spagnola rispetto a quelle italiane?”. Discorso ineccepibile e, in un certo senso profetico, perché anche il tifo calcistico verrà rimescolato in una pentola ben più grande e ribollente di stelle calcianti.
Certamente si andrebbe verso una stratificazione nuova delle società calcistiche con l’aggiunta di una sorta di “classe di lusso” come sugli aerei. Le altre squadre verrebbero relegate in secondo piano con ovvie ripercussioni a tutti i livelli. D’altra parte il sistema capitalistico ha le sue regole che valgono per le multinazionali, per le banche, per le assicurazioni, etc. etc. Si verrebbe a creare una sorta di trust del pallone, con la conseguente rimodulazione al ribasso del mercato di tutto il contesto calcistico. Se i supermercati comportano la chiusura dei negozi tradizionali, la superlega comporterà la sparizione delle piccole e locali botteghe pallonare tanto care agli ultras di turno. Anche il tifo si dovrà adeguare e fioccheranno gemellaggi intereuropei.
Tutto cambia. Un mio cinico zio antisportivo (sopportava solo il pugilato), ipotizzava un suo interessamento al calcio solo nel caso in cui undici palloni fossero andati in cerca di un uomo, capovolgendo lo schema tradizionale. Gli undici giocatori sono effettivamente diventati sedici con la possibilità delle cinque sostituzioni. Gli arbitri sono diventati sei, quattro in campo e due in cabina cinematografica. I giornalisti sportivi non si contano più. Vuoi vedere che diminuiranno le squadre per far crescere gli spettatori? E gli spettatori cosa diranno. Allo stadio andranno sempre meno persone, si rifugeranno in salotto con tanto di video panoramico o in soffitta con tanto di smartphone a disposizione. Non ci si capirà dentro più niente e il più bel gioco del mondo andrà in malora per salvare lo stipendio a tanti professionisti dei miei stivali e creando disoccupati anche nel calcio (come se non ce ne fossero già abbastanza).