Il diritto/dovere di critica è indubbiamente il sale della democrazia, guai se non fosse così e nessuno deve essere esentato costituzionalmente, istituzionalmente e personalmente dalle critiche al suo operato. Il discorso vale anche per Mario Draghi su cui si sta però esercitando una critica salottiera di sinistra e populista di destra, che lasciano il tempo che trovano.
Trascuriamo per non essere ripetitivi lo sciocchezzaio di una destra, che sta con un piede dentro e uno fuori dal governo. Fratelli d’Italia ogni giorno deve riscaldare la minestra per giustificare la scelta di restare in minoranza e all’opposizione del governo Draghi. La Lega invece deve oscillare fra l’aplomb ministeriale di Giorgetti e la sguaiatezza politica di Salvini per salvare capra e cavoli di fronte ad un elettorato in via di smarrimento.
Lasciamo stare anche l’aprioristico, anche se furbo e documentato, atteggiamento di Marco Travaglio, che ha lo scopo di dimostrare come Draghi stia facendo le stesse cose di Conte potendo però contare su un clima osannante ed incensante nei suoi confronti. Cosa si vorrebbe? Che Draghi mettesse al rogo Conte e bruciasse assieme a lui tutti i suoi atti e provvedimenti? Si pretende una sorta di spoil system globale che non sta né in cielo né in terra?
Voglio invece appuntare l’attenzione sul salotto sinistrorso, tentato di rifugiarsi in un inconcludente purismo pseudo-ideologico, alzando il sussiegoso sopracciglio davanti al comportamento tecnocratico di Mario Draghi. Che Draghi fosse un tecnocrate di altissimo livello prestato ad una politica di bassissimo livello è cosa arcinota: chi lo ha chiamato in causa sapeva perfettamente quel che faceva e lo ha scelto proprio perché la politica non era in grado di esprimere una guida attendibile e credibile per il Paese in un momento di tragica difficoltà.
Che senso ha allora il ragionamento di Massimo Cacciari che rivendica il primato della politica rimpiangendo i Berlinguer e i Moro e svaccando sul nascere il recovery plan in quanto progetto privo di respiro e di aggancio politico. Sappiamo benissimo che l’Unione Europea è in mano ai tecnocrati e allora in questo momento si è giustamente ritenuto opportuno esprimere un tecnocrate con i coglioni assai duri al fine di fare breccia nel muro burocratico europeo, elaborando con competenza e capacità gestionali un enorme ed epocale programma di investimenti atto ad avviare riforme strutturali per riavviare lo sviluppo su basi innovative.
So benissimo che sarebbe compito della politica pura fissare una simile ed impegnativa strategia, ma in questo momento la debolezza della politica impone un massiccio ricorso al contributo dei tecnici. Non vedo chi altri all’infuori di Draghi possa elaborare proposte credibili da presentare alla Ue e chi meglio di lui possa garantire una gestione seria e rigorosa dei fondi europei. Lasciamolo lavorare e rinunciamo a questi pruriti: abbiamo un Paese che rischia di andare in fallimento e ci mettiamo a discutere sul sesso degli angeli della politica?
Sempre Massimo Cacciari enfatizza la necessità della riforma della scuola e dell’università all’interno del suddetto piano. Sono settantacinque anni che si parla di riforma scolastica, ci hanno provato fior di ministri di destra, sinistra e centro. Non ci sono riusciti. In pochi giorni con l’elaborazione del recovery plan ci dovrebbe riuscire Draghi? Ma che modo è mai questo di esercitare la critica? Speriamo che parte dei fondi provenienti dall’Unione Europea siano incanalati a favore della scuola per avviare un’agognata riforma, ma non pretendiamo la bacchettata magica che trasformi i casini scolastici ed universitari in perfetti collegi per educandi.
E che dire della riproposizione della questione se nasca prima l’uovo della necessità di riformare la politica e la legislazione o la gallina della necessità di rifondare una burocrazia snella e leale al servizio del Paese? Il problema viene sollevato in quanto sarà la burocrazia ad intervenire direttamente o indirettamente nella gestione del recovery plan. E allora aspettiamo la revisione del quadro legislativo o la riforma burocratica prima di avviare un progetto che di conseguenza non partirebbe mai?
Ultima chicca cacciariana: la pretesa che Draghi dovesse procedere ad una pesante stigmatizzazione del comportamento di Beppe Grillo sulla vicenda giudiziaria del figlio. È pur vero che Grillo è il capo di un partito che sostiene l’attuale governo, ma cosa doveva fare Draghi? Pretendere le scuse, squalificarlo a vita, chiedere le dimissioni dei ministri provenienti dal M5S? Finalmente abbiamo un presidente del Consiglio che cerca di fare il proprio mestiere e adesso desideriamo che si impicci in altre questioni pur gravi ma non di sua competenza?
Altra questione sollevata dai fini dicitori di sinistra è quella della scelta del generale Figliuolo quale commissario alla vaccinazione. Sono allergico agli uomini in divisa, ma Draghi si è rivolto ad un personaggio decisamente impegnato senza fronzoli e senza compromessi in una impresa che richiede polso fermo e idee precise. Secondo me ha fatto benissimo. Anche i militari, come i tecnici, non dovrebbero ricoprire responsabilità politiche. Ma se la politica non è all’altezza del suo compito, aspettiamo che nasca un nuovo De Gasperi prima di aggredire i problemi che ci stanno divorando?