Galeotta fu la seggiola

Si potrebbe dire che tutto il mal non vien per nuocere. Il (quasi) incidente diplomatico avvenuto fra il dittatore (sic!) turco Erdogan e i massimi rappresentanti dell’Unione Europea in visita ad Ankara, che potremmo definire “la seggiola negata”, ha una sua valenza diplomatica (incautamente enfatizzata da Mario Draghi), ma ha anche un significato politico per l’Europa.

Avevamo bisogno dello sgarbo protocollare turco per capire che l’Europa è tutto meno che unita, compatta e funzionante? Tutto può servire. Un tempo sarebbe bastato a scatenare una guerra contro la Turchia, oggi sottolinea come l’Europa, che sta uscendo malridotta dall’azione scoordinata e inconcludente contro la pandemia, è assente non per colpa dei nemici che la sottovalutano, ma per colpa degli amici che la boicottano dall’interno.

Charles Michel seduto a fianco di Erdogan, Ursula von der Leyien in piedi ad attendere uno sgabello qualsiasi. Si trattava di scegliere tra la solidarietà con la presidente della Commissione europea e la difesa di lavori di distensione con un Paese di cui l’Europa ha un disperato bisogno. «Probabilmente è stato un errore, ma non mi sono alzato dalla sedia per paura di creare un incidente ancor più grave compromettendo mesi di attività diplomatica per una stabilità nelle nostre relazioni», così ha affermato Michel, presidente del Consiglio Europeo.

La versione di Michel non mi convince. Vado con la mente ad un episodio capitatomi durante la vita professionale. Accompagnai, come consulente di parte, un alto dirigente di una importante cooperativa impegnata in una delicata trattativa. All’inizio del dialogo la controparte, non ricordo bene il punto d’attacco, fece un pesante cenno alla mia incompetenza e inattendibilità. Fui tentato di alzarmi e abbandonare la riunione, ma venni trattenuto dal capo-delegazione, che intervenne drasticamente per ribadire l’assoluta fiducia nei miei confronti e nel chiedere rispetto pena l’interruzione immediata del discorso. La mossa ebbe l’effetto non di rovinare il clima, ma di riportarlo ad una dimensione dialettica non costruttiva, ma almeno accettabile.

Cosa voglio dire? Quando si tratta, non bisogna cadere nella trappola mirante a dividere l’interlocutore, ma presentarsi uniti sapendo superare anche eventuali frizioni in casa propria. Invece Charles Michel, col suo atteggiamento omertoso e dubbioso, ha finito col portare i panni sporchi europei in casa d’altri. Si sarebbe dovuto alzare per cedere il posto alla collega, dando una lezione di stile a chi stile ne ha pochissimo e fornendo soprattutto l’immagine del minimo di sopravvivenza unitaria dell’Europa. È incredibile quante conseguenze possano discendere da un banale episodio. La dimostrazione che, come diceva una importante funzionaria ministeriale di mia conoscenza, anche la forma è sostanza.

L’episodio ricorda l’ancor più grave sgarbo di Donald Trump che rifiutò di stringere la mano ad Angela Merkel ostentando indifferenza se non addirittura ostilità verso l’Unione Europea. Trump ha fortunatamente traslocato dalla Casa Bianca, mentre l’Europa è ancora lì, ma rischia di essere il barile dei pesci, i quali si mostrano indifferenti allo scopo di non compromettersi con decisioni chiare ed impegnative.

La sostanza purtroppo, al di là della dittatoriale dimensione “erdoganiana” e delle sue (eventuali) provocazioni, sta nel fatto che a livello istituzionale esistono due Europe, quella degli Stati e quella della Commissione unitaria. La prima, rappresentata dall’impettito Michel, è quella che conta e registra un sostanziale anti-europeismo fatto dell’esplicito sovranismo di alcuni e del subdolo protagonismo di altri. La seconda, incarnata dalla ridanciana Von der Leyen, è di facciata, non conta e registra i clamorosi fallimenti operativi a cui stiamo assistendo.

O ritroviamo una decente spinta unitaria o l’Europa va a farsi benedire o maledire (a seconda dei casi). Il succo della reazione individuale e sociale alla pandemia sta in poco posto etico: o ci si chiude ancor più in se stessi o si capisce che occorre collaborare e solidarizzare. A volte basta un gesto sbagliato a farci precipitare nel baratro e chi ha certe responsabilità deve esserne consapevole. Ursula von der Leyen si è alla fine seduta, se non ho visto male, su un divano a latere: è successo come nei litigi famigliari (uno dei coniugi va a dormire sul divano), che preludono al divorzio. Dio non lo voglia!