Finalmente! Ho ascoltato con grande interesse e soddisfazione il discorso programmatico di Mario Draghi alle Camere. Mi è venuto immediatamente spontaneo considerarlo e definirlo come una lezione, non per astrattezza teorica, ma per il rigore etico-culturale che lo ha contraddistinto. Ha posto tutte le premesse per governare al meglio sulla scia degli insegnamenti provenienti dalla storia, con occhio attento alla drammatica situazione presente e con sguardo lungimirante proiettato verso il futuro.
Mi ha colpito la capacità di mixare passato, presente e futuro, senza snobbare le regole della politica, ma collocandosi una spanna al di sopra delle beghe che la stanno connotando. Non ha letto il libro dei sogni, ma ci ha fornito intenzioni concrete per poter sognare. James Freeman Clark, predicatore e teologo statunitense sosteneva provocatoriamente: “un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione; un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese”.
In questi giorni ho ascoltato piccate reazioni da parte di personaggi politici di lungo corso, irritati per la sottovalutazione del ruolo della politica, che la nascita del governo Draghi presupporrebbe. Il problema non è il ruolo della politica, il problema sono gli attuali politici, il cui livello qualitativo è a dir poco disarmante. Ben venga quindi una scossa benefica alla classe dirigente dei vari partiti affinché ritrovino il bandolo della matassa.
Non ho trovato alcuna presunzione, ma tanta convinzione di agire per l’interesse supremo del Paese. Ha fissato i paletti, di merito e di metodo, del perimetro entro cui il governo si muoverà, tappando la bocca preventivamente alle polemiche di chi teme di perdere identità. Non ha invitato la politica a fare un passo indietro (lo ha già fatto per proprio conto in senso negativo), ma a fare un passo avanti nell’interesse di tutta la società.
Con rara capacità di sintesi ha toccato tutti i punti caldi dell’emergenza, della ripartenza e del riformismo, dando l’impressione di averli ben presenti, di avere l’intenzione di affrontarli e di avere in testa importanti linee di intervento. Prevedo che i ministri non potranno sgattaiolare e tergiversare: lo lascia sperare il loro livello qualitativo, ma anche il piglio decisionista e “controllista” del premier. Penso che il governo si confronterà col Parlamento, rispettandone scrupolosamente il ruolo istituzionale, ma senza dibattiti al buio e senza sottoporre ad esso provvedimenti raffazzonati ed incompleti.
I partiti, da parte loro, dimostrano tutto l’imbarazzo e, anziché riflettere ed impegnarsi in spirito di servizio, sono preoccupati di ricollocarsi nello schieramento politico e di conquistare e/o mantenere il consenso a livello elettorale. Le attuali mosse, a destra, sinistra e centro, risentono di questa ansia, che per la verità risulta oltre modo assurda se confrontata con l’ansia dei cittadini. Come si sa, sono i gatti che hanno la tendenza a segnare il loro territorio di competenza, lasciando dietro di sé uno sgradevole odore. Che non avvenga così per i partiti. Caso mai ci penserà la volpe-Draghi a scombinare i loro istintivi piani, anche perché non vedo cacciatori in grado di mandarla in pellicceria.
Durante il dibattito parlamentare sulla fiducia (di livello molto basso e preoccupante) abbiamo assistito ad una sorta di parziale parodia partitica alle spalle di Draghi: il M5S da una parte a fare il panegirico del governo Conte, Fratelli d’Italia dall’altra a fare risalire tutti i disastri possibili e immaginabili al governo Conte, i renziani dall’altra ancora a fare i draghiani più di Draghi; per i grillini il governo Draghi sarebbe troppo discontinuo rispetto al Conte bis, per i meloniani è in perfetta continuità con lo spregevole passato, per Italia viva è tutto merito di Renzi. Mah!
Credo che la gente, ragionando con la propria testa, abbia apprezzato l’incedere autorevole, impegnato, programmatico e sobrio di Mario Draghi. Se si fa confusione, la gente va in confusione, se si fa chiarezza, la gente comprende e segue con senso di responsabilità. Paolo VI sosteneva che la Chiesa non ha tanto bisogno di predicatori, ma di testimoni. Lungi da me l’intenzione di proclamare Draghi “santo subito”, ma anche la società civile è stanca di parole e desidera fatti da chi ha dimostrato di saperli fare.