Come volevasi dimostrare: se si supera la paradossale tempesta degli equilibrismi partitici e si comincia a parlare di problemi veri, ecco che il sereno rompe là dove la montagna dei problemi si staglia imponente. Finalmente sembra che Draghi abbia cambiato registro e, anziché ascoltare le sirene dei partiti, abbia messo la cera delle sue ali nelle orecchie per cominciare a fissare le priorità programmatiche del suo governo: fisco, giustizia e pubblica amministrazione. In esse vengono esaurientemente sintetizzati gli handicap della sua corsa e i difetti storici e cronici della situazione italiana, vale a dire, evasione fiscale, corruzione e mafia, inefficienza burocratica.
Inizio dalla burocrazia, autentica palla al piede nella vita del nostro Paese. Come ho già più volte ricordato – il ripetersi è purtroppo un inequivocabile sintomo di vecchiaia, ma, a volte può essere utile – molto tempo fa il ministro della riforma burocratica Massimo Severo Giannini, un tecnico di alto livello prestato alla politica, dopo qualche tentativo andato a vuoto, vista la difficoltà al limite dell’impossibilità di cambiare le cose, diede le dimissioni preannunciando di voler emigrare negli Usa. Giustamente l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini lo rimproverò aspramente. Avevano ragione entrambi?! Il primo si arrendeva di fronte alla forza delle procedure e degli apparati burocratici, il secondo strigliava la politica incapace di superare gli apparati. È fuori di ogni dubbio che sul nostro Paese incomba una cappa burocratica che neutralizza e condiziona i legislatori, i governanti e i governati. Durante la mia vita professionale ho avuto frequenti rapporti con la pubblica amministrazione e purtroppo ne ho misurato tutta la lentezza al limite della pigrizia e tutta la resistenza conservativa al limite della difesa dei propri privilegi. Mario Draghi avrà il suo bel daffare, anche se conosce molto bene la montagna da scalare e dovrebbe saper individuare i giusti percorsi di aggiramento e di superamento.
Altro nodo è quello della giustizia: altre caste, altre inefficienze, altre incongruenze, altre contraddizioni. Toccare nel vivo della carne del sistema giudiziario non è facile, anche perché il discorso tende a bloccarsi su pregiudiziali ideologiche come lo scontro fra giustizialismo e garantismo. La lentezza della macchina giudiziaria è sicuramente una palla al piede. Mai come in questo campo però bisogna fare presto, ma anche bene. Un sistema giudiziario moderno e intraprendente è certamente uno strumento efficace, non l’unico, per la lotta alla corruzione e alla delinquenza organizzata. Quanto alla corruzione nella pubblica amministrazione amo ricordare la spietata e colorita analisi che del fenomeno faceva mio padre, il quale amaramente affermava, generalizzando provocatoriamente il discorso e fermandosi al livello territoriale più vicino: “Sic guardìsson déntor dabón, i van in galéra tùtti, dal sindich al comèss”.
Arriviamo al problema dell’evasione fiscale. Proseguo con mio padre, il quale non era un economista, non era un sociologo, non era un uomo erudito e colto. Non era nemmeno un qualunquista e, politicamente parlando, aderiva al partito del buon senso, rifuggiva da ogni e qualsiasi faziosità, amava ragionare con la propria testa, sapeva ascoltare ma non rinunciava alle proprie profonde convinzioni mentre rispettava quelle altrui. Volete una estrema sintesi di tutto cio? Eccola! Rifletteva ad alta voce di fronte alle furbizie varie contro le casse pubbliche: «Se tutti i paghison e i fisson col ch’l’è giust, as podriss där d’al polastor aj gat…». Forse l’evasione fiscale è il problema dei problemi ed è purtroppo una bruttissima caratteristica della nostra società, che si tarpa le ali da sola, pregiudicando alla fonte ogni e qualsiasi programmazione socio-economica.
Ho fatto soltanto rapidi e superficiali cenni per significare che questa è l’attesa verso Mario Draghi. Vada avanti per la sua strada: troverà difficoltà a tutti i livelli, ma riuscirà a riformare la nostra società, per lo meno ad avviare quelle riforme che dovrebbero consentirci di uscire dalle emergenze. Sono partito definendo il percorso di Draghi come una corsa ad handicap, termino ricordandone i vantaggi dovuti all’esperienza e alla competenza. La partita è quindi apertissima, ma va giocata sul terreno adatto, non quello, in trasferta, dei desiderata partitocratici, ma quello, in casa, del tessuto civile del Paese. Mentre ho temuto di vederlo soccombere rispetto alle velleità politicanti scatenatesi sulle pregiudiziali di metodo, ho fiducia di vederlo, nel merito dei problemi, sicuro e combattivo davanti alle barriere conservative, corporative e regressive che spunteranno ad ogni stormir di riforma.