Si dice, penso sia un proverbio, che “solo gli stupidi non cambiano mai idea”. Qualcuno allora tira una colorita conclusione: “Il Parlamento dovrebbe essere pieno di geni con tutte le volte che hanno cambiato casacca”, sottintendendo che i politici cambiano continuamente idea.
La coerenza, che ho sempre ritenuto una delle migliori qualità personali, presuppone costanza logica o affettiva nel pensiero e nelle azioni. Apparentemente esiste una forte contraddizione tra i discorsi di cui sopra. Coerenza però non vuol dire rimanere fermi sulle proprie idee, ma tenere un comportamento conseguente ad esse.
La Costituzione italiana recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.». Conseguentemente l’assenza di vincolo di mandato rende legittimo per i parlamentari il passaggio a un gruppo parlamentare diverso da quello originario, relativo alla lista di elezione.
Il discorso è ritornato di grande attualità a margine delle clamorose e sbrigative giravolte compiute da partiti ed esponenti politici durante la fase della costituzione del governo Draghi. I commentatori osservano come l’attuale legislatura dovrebbe passare alla storia come quella del cambiamento continuo delle carte in tavola. Vediamo i passaggi più significativi.
Si è partiti da una campagna elettorale in cui tutti hanno fissato paletti identitari netti ed insuperabili (mai col tal partito), salvo poi buttarli all’aria e trovare strane combinazioni contrattuali o pattizie. M5S e Lega hanno rovinosamente governato assieme per poco più di un anno, superando reciproci e preventivi veti. Poi il leader leghista Salvini, sull’onda di un consenso crescente e di una megalomania incontenibile, ha puntato alla fine anticipata della legislatura e alle elezioni per mettere a frutto il successo delle consultazioni europee ed ottenere i “pieni poteri” con una maggioranza di destra a conduzione leghista.
Disegno miseramente fallito, che ha creato i presupposti per il connubio tra M5S e PD: due formazioni politiche alternative, che hanno cercato di creare un governo al fine di evitare le elezioni anticipate e soprattutto guadagnare tempo in vita della scadenza del mandato del presidente della Repubblica. Governo giunto al capolinea dopo aver attraversato durante l’anno e mezzo di vita l’emergenza pandemica ed essere entrato in crisi più per la debolezza giallo-rossa che per la spallata renziana. Peraltro anche Renzi, che dall’esterno era stato il più acuto e convinto ispiratore della tattica alleanza tra grillini e piddini, garantendo ad essa un appoggio decisivo, quando ha capito che il patto stava diventando qualcosa di ingombrante e paralizzante, ha fatto saltare il tavolo.
Dopo un goffo tentativo di sopravvivenza del governo Conte bis, fatto approntando una camera in sala di rianimazione affidata alle cure di un gruppuscolo di parlamentari responsabili, moderati, europeisti, liberali, socialisti, etc. etc., fallito penosamente dopo qualche giochetto trasformistico di Tizio e Caio, siamo arrivati, gira e rigira, a Mario Draghi. Molti ci pensavano da tempo e finalmente Sergio Mattarella ha messo in atto il tentativo peraltro riuscito di mandare in vacanza la politica per ossigenarsi e riprendere il proprio ruolo.
Senonché l’occasione ha fatto l’uomo ancor più ladro e i partiti si sono sbizzarriti in un vergognoso gioco trasformistico, cambiando idea come cambiar di camicia, rinnegando il passato remoto e prossimo, ricollocandosi alla ricerca di un ruolo provocatoriamente occupato dai tecnici messi in cattedra dal Quirinale su proposta del migliore, vale a dire di Mario Draghi.
Qualcuno pensa di arginare i balletti partitici istituendo il vincolo di mandato, vale a dire inchiodando i parlamentari al partito con cui sono stati eletti. È una delle tante uova di Colombo (Grillo), così come le votazioni affidate a qualche centinaio di iscritti illusi di decidere il destino italiano tramite un clic sulla piattaforma Rousseau. Ciononostante il M5S è stato ed è pieno di “voltagabbana” al centro e in periferia: uno di questi sta amministrando Parma da diversi anni.
Morale della favola: la politica è una cosa troppo seria e democratica per essere imprigionata negli schemi rigidi di una revisione Costituzionale o applicati su internet. E allora? Così come non ho mai creduto che le leggi elettorali possano risolvere i problemi politici, ritengo che le idee e i comportamenti delle persone politicamente impegnate a livello istituzionale siano dettati dal loro cervello e dal loro cuore: in essi sta la quadratura del cerchio fra dinamismo ideale, pragmatismo programmatico e sensibilità democratica.
Purtroppo nella odierna classe politica manca il cervello, vale a dire la cultura, l’esperienza, la professionalità e la preparazione e manca anche il cuore, cioè la sensibilità e la capacità di ascoltare i problemi della gente facendosene carico. Non hanno idee e quindi non le possono cambiare e non possono essere coerenti con esse. Quando uno cambia idea troppo in fretta, è un bagolone più o meno scaltro. Quando uno dice una cosa e poi ne persegue un’altra è un pagliaccio.