Nel baseball ci sono le battute che buttano la pesante pallina fuori dal campo, facendo incetta di punti, e ci sono le battute di sacrificio, vale a dire quelle che, pur eliminando il battitore, consentono alla squadra di fare qualche passo avanti e magari mettere a segno un punticino.
Formando il nuovo governo, Mari Draghi ha agito su due piani: quello economico finanziario, giocato all’attacco sul piano tecnico e piazzato direttamente e rigorosamente sotto il suo controllo; quello squisitamente politico, giocato in difesa, lasciato ai rappresentanti dei partiti, senza dimenticarne il peso parlamentare, ma anche senza troppa fiducia nella loro capacità di intervento.
Abbiamo tutti presente quanto succedeva in famiglia allorché si dovevano discutere importanti questioni. Gli adulti, coloro che avevano voce in capitolo, si isolavano in una stanza per non essere disturbati e i bambini si mandavano a giocare in cortile con la raccomandazione di non fare confusione e soprattutto di non litigare. Mattarella e Draghi hanno agito così con i politici: non è il massimo dei risultati ottenibili, ma, tutto sommato, è la migliore soluzione realistica, un autentico capolavoro inattaccabile da tutti i punti di vista.
Confesso di essere rimasto parzialmente deluso: avrei desiderato la luna draghiana, mentre mi si è presentata la nuda terra in cui dobbiamo cercare di vivere al meglio. Forse il presidente Mattarella, se avessi la possibilità di parlargli, mi taciterebbe con la stessa battuta detta a Massimo Giannini, direttore de La stampa: “Io faccio il pane con la farina che mi forniscono gli elettori italiani”. In effetti i cittadini italiani alle elezioni del 2018 hanno combinato un casino pazzesco, creando una situazione senza vie d’uscita e mettendola nelle mani di Mattarella. Della serie: “Va’ avanti ti ch’am scapa da ridor”. Lui ha fatto i miracoli, ma più di tanto non ha potuto fare. La politica italiana, e non solo italiana, è quella che è e bisogna prenderne atto con sano realismo, senza fare ulteriori danni.
Mattarella e Draghi hanno optato per una battuta di sacrificio, sperando nei fuori campo dei tecnici: hanno registrato la presenza dei partiti, li hanno formalmente accontentati, spartendo fra di loro, con grande e quasi sadica abilità, il misero bottino ministeriale a loro rimasto, tacitandoli nelle loro assurde pretese, senza pretendere di metterli alla porta. I partiti capiranno la lezione? Ho i miei dubbi. Avrei preferito che fossero messi dietro la lavagna, invece li hanno messi nei primi banchi a imparare la lezione dai tecnici collocati in cattedra.
Evidentemente si è ritenuto che lasciare la politica completamente fuori dalla porta potesse essere rischioso per la democrazia e per il governo. Ne prendo atto con una punta di delusione, ma con tanto rispetto per chi ha deciso così. Non mi piacciono le cose poco chiare, perché temo che alla lunga non reggano e creino equivoci e difficoltà ulteriori. Forse però, a ben pensarci, si tratta del compromesso ai più alti livelli possibili nella situazione attuale. Draghi avrà sotto il suo diretto controllo tutto il discorso del rilancio economico-sociale del Paese in aderenza al discorso europeo e si limiterà a indirizzare il resto.
I partiti sono stati coinvolti, ma non troppo; i loro rappresentanti a livello ministeriale sono stati scelti nel segno dell’europeismo, di un minimo di continuismo e di protagonismo e di un massimo di disponibilità alla collaborazione. Sarà bastato? Basterà? Vedremo.
Nel frattempo buon lavoro a tutti. In primis a Draghi ed ai “suoi tecnici” e, perché no, anche ai politici affinché sappiano svolgere al meglio il loro ruolo a livello ministeriale e parlamentare. Un grazie di cuore al “fornaio di lusso”, che ancora una volta è riuscito nell’impossibile impresa di fare il pane con una farina politica piuttosto balorda. L’impegno di tutti è a coltivare frumento di migliore qualità per raccogliere del buon grano, evitando possibilmente che, dai e poi dai, la farina vada in crusca.