C’è un disgustoso chiacchiericcio intorno al clima pseudo-politico concomitante alle consultazioni di Mario Draghi per la formazione del nuovo governo di salvezza nazionale. Ne volete un esempio di stampo nostalgico: si parla della differenza fra il famigerato “predellino” da cui Silvio Berlusconi lanciò il progetto del Partito delle libertà e il tavolino di fronte al quale Giuseppe Conte ha disegnato il suo futuro politico a breve e medio-termine, vale a dire leader del M5S e punto di riferimento della continuità dell’alleanza fra pentastellati, partito democratico e Leu.
Ebbene l’esponente di Forza Italia, l’onorevole Giorgio Mulè, tornando improvvisamente al “leccaculismo” di un tempo, ha invitato a non mischiare il sacro col profano. Penso che nel caso il santo fosse Berlusconi e il peccatore fosse Conte. Come viatico per l’ingresso di Forza Italia nella maggioranza parlamentare a favore del governo Draghi, non c’è male. A questo punto, visto quanto al riguardo ha aggiunto Vittorio Feltri, che ha collocato Berlusconi sull’altare e Conte nella polvere e che ha dichiarato di non parlare male del cavaliere nemmeno sotto tortura, non rimane che aspettare lo scioglimento del sangue di San Gennaro per varare definitivamente il governo ipotizzato da Mattarella, il quale dovrebbe mostrare al popolo italiano l’ampolla col ripristinato miracolo avvenuto per intercessione di San Silvio Berlusconi.
Consiglierei a Berlusconi di stare molto attento a questi leccaculisti da strapazzo, i quali potrebbero ributtarlo nel tristissimo passato, togliendogli l’effetto sorpresa che si è indubbiamente conquistato. Quanto a Conte, personaggio di cui non sono mai stato entusiasta pur riconoscendogli notevoli qualità e pur avendone per tempo visto il logorio dovuto anche, non dimentichiamolo, ad una situazione pazzesca da governare, non accetto le sbrigative squalifiche a vita partite, oltre tutto, da gente con una capacità critica vergognosa e insulsa.
I tifosi fanno male al calcio, figuriamoci se possono far bene alla politica. Mario Draghi, per sua e nostra fortuna, è persona che sa sicuramente smarcarsi da questo clima assurdo che lo sta circondando un po’ da tutte le parti. Qualcuno lo sta catalogando come filo-berlusconiano, altri come anti-contiano, altri ancora come amico del giaguaro, altri come marionetta scelta da Matteo Renzi messa nelle mani di Sergio Mattarella, altri come prestigiatore dell’alta finanza, altri come sdoganatore leghista, altri come becchino pentastellato, altri come costrittore piddino e via discorrendo…Forse lui si starà divertendo, pensando alla fregatura che darà a tutti coloro che gli stanno tirando la giacca. Io non mi diverto affatto, perché “ucci, ucci, sento odor di politicucci”.
La grossa trappola che gli stanno preparando è l’amletico dubbio fra governo tecnico e governo politico: lui saprà sicuramente avvertire i pericoli e uscirne alla grande (almeno lo spero). Gli consigliano una pericolosa ricetta: un po’ di preparazione scientifica, un po’ di esperienza amministrativa, un pizzico di prezzemolato partitismo, una spruzzata di amaro leaderismo politico e la torta sarebbe pronta. Cucinata da Draghi, mentre a Mattarella spetterebbe il compito di metterla in forno, al Parlamento di assaggiarla e a noi di mangiarla. Senonché…
Una volta il simpatico amico di mio padre, Renato, un brillante palchettista del Regio, la fece grossa. Volle architettare una presa per i fondelli per tutti gli ospiti del palco, in particolare per le eleganti signore snob presenti ad una importante serata di gala. Comprò una pattona e la fece guarnire da un amico pasticciere in modo tale che sembrasse una perfetta e invitante torta inzuppata con tanto di crema e panna. Durante l’intervallo la scartò e la offrì ai presenti che l’accolsero con esclamazioni di gradimento. La fece tagliare a fette dal solito chirurgo senza camice e cominciò a distribuirla su eleganti piattini con i relativi cucchiaini. Passarono pochi istanti, il tempo di assaggiare e si cominciò a sentire qualche signora che diceva all’amica: «Ma questa è pattona…». «Fammi assaggiare…, sì, questa è pattona…». Molti fecero finta di niente e mangiarono la pattona, altri la lasciarono nel piatto, chi conosceva bene Renato capì l’antifona e nel corridoio della quarta fila dei palchi si rise di gusto per tutta la serata…e anche per quelle successive.