Quando una cosa la si desidera a lungo, si finisce con l’idealizzarla, rischiando di estraniarla dalla realtà. Da tanto tempo ipotizzavo un governo diverso con un premier diverso per una situazione diversissima. A prima vista sembra che i miei ingenui auspici si siano realizzati con il nascituro governo presieduto da Mario Draghi e voluto da Sergio Mattarella (anche se c’è qualcuno che ci vuol mettere sopra il cappello di paglia di Firenze).
Nei miei pensieri doveva essere un governo che metteva in campo la politica vera, lasciando in panchina quella politicante. Proseguendo nei soliti triti paragoni calcistici, in casa Atalanta il premier Gian Piero Gasperini è riuscito a sbarazzarsi del piantagrane Papu Gomez, mentre in casa Roma il premier Paulo Fonseca ha dovuto ingoiare la pillola di Edin Džeko trovando un precario compromesso a livello di spogliatoio. Draghi, alla fine dell’opera, assomiglierà più a Gasperini o a Fonseca? Mi risulta che sia un tifoso della Roma, ma speriamo non si faccia scrupoli.
Fuor di metafora, mi auguravo che il governo Draghi riuscisse a dare una chiara e inequivocabile impronta tecnica alla politica in disperata ricerca di competenze, professionalità ed esperienza da mettere al servizio della comunità nazionale, provata da una drammatica emergenza che si sta cronicizzando. Invece lo vedo purtroppo risucchiato nelle logiche politiche della peggior specie, nei tira e molla degli organigrammi “cencellinati”, nei ricatti reciproci, nelle corse a salire sul treno pretendendo posti in prima classe, nella gara a tirare fuori dai cassetti i libri dei sogni, nei tentativi di coprire le rughe con la cipria dell’esteta di turno.
C’era solo un modo per difendersi da questi coinvolgenti attacchi: fare in fretta, lasciarli fuori tutti dalla compagine governativa, pretendere dai partiti e dai gruppi parlamentari un deciso passo indietro e la concessione di una fiducia non al buio, ma al chiaro di chi può mettere in campo ciò che purtroppo manca alla classe politica. Invece si sta retrocedendo verso i soliti riti alla ricerca di combinazioni ibride o addirittura incestuose: un po’ di tecnici, andandoli magari a cercare nelle diverse aree politiche, un po’ di politici andandoli a cercare fra quelli che hanno qualche esperienza amministrativa, un po’ di leader andandoli a scovare nelle incasinate strutture interne di partito, un po’ di ministri provenienti dal governo precedente nel segno della continuità. Attenzione a non concepire in provetta un mostro che durerà poco o durerà molto, ma comunque durerà malissimo.
Si continua a fare paragoni con esperienze governative passate: non hanno senso alcuno, perché la situazione attuale è completamente diversa e assai più grave, con la classe politica inadeguata e ridotta al lumicino. Pericoloso definirlo governo dei migliori, perché immediatamente scatta la gara al meno peggio. Anche le altre definizioni lasciano tutte a desiderare: governo di unità nazionale, quando l’unità dovrebbe essere la regola quotidiana; governo di salute pubblica, quando tutti vogliono essere i medici degli altri e mai di se stessi; governo tecnico, quando la tecnica dovrebbe essere il normale supporto del nostro vivere civile.
Il presidente della Repubblica, nel proporlo, lo ha definito “governo di alto profilo” e quindi accettiamo questa definizione, che tutti possono capire senza bisogno di rispolverare formule e alchimie del passato e senza cercare un marchio di fabbrica prima di avere la fabbrica. Al momento in cui scrivo queste brevi e preoccupate riflessioni, non so come andrà a finire. Temo si vada verso un pateracchio di profilo tutto da scoprire. Sarebbe un vero peccato neutralizzare un onesto tentativo verso il “nuovo” per ripiegare irrimediabilmente verso il “vecchio”.