Riporto di seguito un articolo apparso sul sito Team. Il meteo.it. La notizia è sconvolgente e ci deve interrogare profondamente. So già che, passato lo choc del momento, in cui tutti si sbizzarriranno a sputare analisi e sentenze, ritorneremo alla quotidiana routine informatica senza lode e con molta infamia.
“A Palermo sembra che una bimba di soli 10 anni sia morta a causa di una sfida estrema su Tik Tok, il noto social network, ambito dai giovanissimi. L’assurda prova prevedeva di stringere intorno al collo una cintura, in bagno, davanti ad uno specchio, fintantoché si poteva resistere, ma con queste premesse il rischio di soffocamento era estremamente alto. E così, la ragazzina ha preso la cinta di un accappatoio, ma la situazione è sfuggita di mano e ora, purtroppo, è stata dichiarata la morte cerebrale. Come spiega il quotidiano La Repubblica, nella edizione on-line di Palermo, la Procura dei Minori ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio contro ignoti, al fine di poter procedere con le indagini. Il cuore della piccola si è fermato per un’asfissia prolungata, dovuta alla mancanza di ossigeno al cervello, durata probabilmente diversi minuti: il superamento del livello chiamato “Hanging Challenge” prevedeva di resistere il più possibile con una corda (o qualcosa di simile) stretta al collo e di effettuare foto o video per dimostrare l’avvenuto fatto.
Al di là di quanto possa essere assurdo concepire ciò, vogliamo sottolineare un aspetto importante: il mondo di internet, che ha certamente innumerevoli pregi (tra cui le informazioni in tempo reale, il telelavoro, le chat, comunicare istantaneamente con persone lontane, ecc.) ha purtroppo anche diversi limiti e, soprattutto, può risultare davvero pericoloso soprattutto per i bambini in quanto essi non hanno ancora la piena consapevolezza dei rischi o del punto fino al quale ci si può spingere senza rischiare conseguenze personali o per gli altri.
Non è raro che i genitori abbiano timore (giustamente) di lasciare andare in giro da soli i propri figli, oppure siano molto attenti a loro rendimento scolastico, ma non ci si rende conto che il pericolo, troppo spesso è dentro le nostre case. Ecco perché l’utilizzo degli smartphone da parte dei bimbi è sempre oggetto di discussione nel mondo degli adulti, proprio perché sussistono una serie di rischi che possono condurre a episodi tragici come quello citato in questo articolo”.
Questo tragico fatto mi induce ad osservare come ormai, in qualsiasi situazione ci si trovi, il protagonista principale non sia la persona ma lo smartphone. In questi giorni tutti avranno visto in Parlamento il dibattito racchiuso tra gli applausi d’obbligo della più o meno ristretta cerchia dei colleghi di partito, le reazioni scomposte e polemiche a prescindere dai contenuti e soprattutto la marea di indifferenza occupata da una inspiegabile, continua ed assurda osservazione dello smartphone: in buona sostanza i parlamentari non si ascoltavano, non si guardavano in faccia, non comunicavano fra di loro, non per colpa delle mascherine e del distanziamento (peraltro più teorico che pratico), ma in quanto affaccendati a sbirciare e a ticchettare sul proprio telefonino alla ricerca di chissà quale notizia o messaggio.
Ormai è così in tutte le occasioni di incontro, in tutte le riunioni, in tutti i dibattiti. Non diamo la colpa dell’incomunicabilità alla pandemia, il problema preesisteva e semmai le nuove regole di comportamento lo hanno accentuato ed evidenziato ancor più. Lo smartphone è diventato il protagonista assoluto della nostra vita: tutto parte di lì e finisce lì. Questa mania collettiva colpisce indubbiamente in modo letale i soggetti psicologicamente più deboli, i bambini, che dimostrano un’abilità pazzesca nell’uso di questo strumento e si lasciano coinvolgere dagli aspetti diabolicamente ludici di questa assurda macchinetta.
Di chi è la colpa di questa sbornia collettiva? Di tutti! Non si salva nessuno da questa deriva. Se qualcuno, per positiva pigrizia, per coraggiosa scelta o per umana allergia, si azzarda a restarne fuori, rischia l’emarginazione totale. Si tratta di una deriva progressiva, coinvolgente, trascinante ed alienante. Come tutti i processi sociali negativi, la “smartphonemania” miete le sue vittime sull’altare del fasullo altare della modernità. O siamo in grado di riportare la persona umana al centro dell’attenzione o rischiamo grosso.
Tornando al discorso delle aule parlamentari e ragionando per paradosso, mi sembra assai più negativa e censurabile la distrazione di massa che non la rissa verbale e totale. Nella prima ci si ignora reciprocamente, nella seconda ci si aggredisce: meglio la spietata guerra delle idee dichiarata apertamente rispetto alla subdola pace dei sepolcri dell’indifferenza.