“C’è grande gioia, è qualcosa di diverso alzare il primo trofeo da allenatore, farlo in una società storica è ancora più bello. Nelle finali è difficile giocare bene, l’importante è vincere: se vai in campo con questa determinazione può girarti bene”. Si tratta di un’equivoca dichiarazione di Andrea Pirlo, il nuovo allenatore iuventino, all’indomani della vittoria nella supercoppa contro il Napoli.
Non voglio forzare il discorso, ma “l’importante è vincere” non mi piace, anche se, come si dice sempre, va contestualizzato. Mi pare che anche Arrigo Sacchi abbia criticamente ripreso questo pericoloso e scivoloso assioma durante un suo intervento all’Università di Parma. Tutto, naturalmente, è passato sotto silenzio: chi tocca la Juventus muore e Pirlo, anche se dice cazzate, va bene comunque.
Il fenomeno calcio è sempre più paradossale ed inspiegabile: tutti in difesa con le unghie e coi denti. Molti si saranno chiesti come fanno le società di calcio a quadrare i bilanci dopo la stretta imposta agli stadi. Le grandi società vendono i pacchetti di azioni agli investitori stranieri in vena di avventurismo, rinviando i loro crac ad un futuro piuttosto ravvicinato. Le società qualunque non riesco a capire come potranno sopravvivere.
È pur vero che i ricavi fondamentali non dipendono dai botteghini allo stadio, ma dalle televisioni a pagamento e dalle sponsorizzazioni. Le tv a pagamento stanno però raggiungendo il limite massimo e prima o poi anch’esse soffriranno la minore spinta pubblicitaria del mercato. E allora? Niente paura, lo spettacolo continua e…l’importante è vincere.
Prima o poi la bolla scoppierà, ma forse prima scoppieranno i poveri diavoli che perderanno la vita e quelli che perderanno il lavoro. Mi si dirà che anche il calcio ha il suo indotto da salvaguardare. Se si tratta delle schiere di fannulloni che vivono delle chiacchiere calcistiche, ben venga il loro drastico ridimensionamento. Se si tratta del parterre di trafficoni e trafficanti operanti sul mercato dei calciatori, vadano a lavorare e la smettano di speculare sui piedi d’oro di tizio e caio. Se si tratta dei giocatori superpagati a destra e manca, vadano a dar via i loro piedi. Restano le migliaia di onesti operai del pallone: mi dispiace molto, ma dovranno cominciare a pensare a qualche alternativa professionale.
In questo quadro di squallide preoccupazioni e tristi prospettive spunta, bello come il sole, il trasognato Andrea Pirlo: “l’importante è vincere”. Innanzitutto, prima di imparare ad allenare veda di imparare a parlare. Ormai sono rassegnato a considerare il calcio come uno sfogatoio delle mie crescenti frustrazioni esistenziali: non chiedo di più, ma almeno non mi si prenda per il sedere.
Un mio carissimo collega, all’indomani della strage dell’Heysel, una tragedia avvenuta il 29 maggio 1985, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, in cui morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600, promise di non interessarsi più al calcio e di non parlarne mai più. Tenne la promessa. Oggi si sentirà sollevato.
Voglio tentare di essere obiettivo ed equidistante. Se non sopporto le fantasie di Pirlo, non gradisco nemmeno la cattiveria di Conte (mi riferisco all’allenatore dell’Inter). Ma tant’è, l’importante è anche essere cattivi per vincere. Lo dicono quasi tutti. Sono modi di dire che vanno contestualizzati: sono stanco e non contestualizzo un bel niente e chiamo col loro nome le cazzate sparate in tribuna. Non voglio essere fra quelli che tifano…perché nel calcio l’importante è vincere.