Le suocere di Conte

È noto e piuttosto criticabile l’atteggiamento accentratore ed esibizionista del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: interpreta tutto in chiave personale, rischiando di snobbare le istituzioni e di inflazionare i media. In parte questo comportamento può essere giustificato dalla costante emergenza che costringe chi governa a semplificare le procedure per accorciare i tempi, ma spesso va a finire che la semplificazione si traduce in scavalcamento senza alcun beneficio sui tempi decisionali.

Capisco possa irritare il fatto che Conte, sul discorso importantissimo del Recovery fund e del Recovery plan, metta Governo e Parlamento di fronte al fatto compiuto (linee programmatiche illustrate in anteprima a livello mediatico), che il premier tenda ad assegnare al riguardo competenze gestionali ad organismi più o meno manageriali (cabina di regìa), che le istituzioni competenti rischino di assumere un ruolo di mera ratifica sulle decisioni già adottate.

Al di là di tutto ciò vedo una certa qual irrequietezza politica strumentale tra gli alleati di governo. I pentastellati fremono sul discorso Mes al limite della rottura, Matteo Renzi tiene viva la sua Italia promuovendo scaramucce sul Recovery plan. I fremiti e le scaramucce prescindono dai contenuti (il miglior utilizzo possibile dei fondi europei) e si concentrano su questioni ideologiche (l’anti europeismo sempre in agguato) e su calcoli di accaparramento del consenso (fare presto e fare bene).

Si diceva che un mio illustre collega piuttosto combattivo, quando doveva affrontare riunioni tese e calde, facesse preventivamente il pieno di vis polemica andando a far visita alla suocera, la quale non mancava di fornirgli l’occasione per un efficace pre-riscaldamento: in poche parole si recava a casa della suocera, sapendo che non sarebbe mancata la tensione sufficiente a prepararsi al clima della immediatamente successiva riunione di lavoro. Le suocere, categoria tanto bistrattata e vilipesa, oltre che a custodire e financo a mantenere i nipoti, servono ad allenare le nuore e i generi in vista delle loro performance professionali più impegnative sul piano dialettico. Teniamone conto. Perché il discorso può valere anche in sede politica.

I cinque stelle e i renziani muoiono dalla voglia di fare casino e in parte riescono anche a farlo: a loro le suocere sparring partner non mancano e non mancano nemmeno le occasioni di scontro con un premier destinato a durare nonostante tutte le difficoltà della situazione. Se Conte dovrebbe darsi una regolata a livello di metodo governativo, le serpi in seno al governo dovrebbero smetterla di sputare veleno.

Sì, perché mentre le opposizioni parlamentari si esercitano in assurde pantomime aventiniane, quelle interne alla maggioranza sono una paradossale spina nel fianco già comunque sufficientemente squarciato del governo. Anche se il presidente della Repubblica richiama tutti allo spirito collaborativo e lancia avvertimenti molto chiari e negativi sugli eventuali futuri equilibri governativi e politici, gli scontri tendono ad aumentare scandalizzando e fuorviando un’opinione pubblica già in preda al panico.

Alla fine tanto tuonerà, ma non pioverà. Il M5S ha tutto da perdere da una crisi di governo che porterebbe dritto-dritto alle elezioni da cui uscirebbe, nella migliore delle ipotesi, numericamente dimezzato e politicamente squalificato. Matteo Renzi non ha più la forza di sgambettare il premier in carica: è troppo scoperto il giochino e la serenità di Conte non assomiglia a quella di Enrico Letta. Assume beffardamente un rilievo enorme la frase di Alcide De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. Il problema è che non solo mancano statisti che si preoccupino delle nuove generazioni, ma scarseggiano persino i politici in grado di prepararsi adeguatamente alle future consultazioni elettorali.

È umiliante, di fronte alle cifre tragiche della pandemia che non accenna a calmarsi, ridurre i discorsi politici a “manovrette politicanti”. La politica ha le sue regole, i suoi rituali, le sue commedie: nella peggiore delle ipotesi vanno accettate come un male necessario. Tuttavia sarebbe opportuno, in clima di tragedia, dare un taglio netto alle comiche, alle battagliette estranee alla vera guerra che stiamo combattendo e provare almeno a sembrare persone serie, non per fare un piacere a Giuseppe Conte, ma per rispetto verso chi muore, chi soffre, chi vive in mezzo a gravissime difficoltà.