Per favore, dammi la Tua mano

Ho letto con grande tristezza la concatenazione di due fatti terribili nella loro violenza e nella conseguente disperazione. Una ragazza smaschera la violenza sessuale procuratale dal padre. Il padre, disperato nella sua vergogna, si suicida impiccandosi. Due persone che, in modo diverso, si fanno giustizia da soli. La ragazza trova il coraggio di denunciare il fatto in un tema, un drammatico compito in classe. Il genitore si autopunisce procurandosi la morte. Intorno una famiglia che non vede, una società che non interviene.

Non ho voluto approfondire i risvolti della vicenda, sono rimasto alle notizie nude e crude: bastano ed avanzano. Alla fine non illudiamoci di avere chiuso il cerchio, non pensiamo che giustizia sia stata fatta, non registriamo il ritorno alla normalità. Al dramma della violenza subita la ragazza aggiunge la tragedia della morte del padre: per lei piove sul bagnato, una pioggia che la bagnerà per tutta la vita. Alla smisurata e tardiva vergogna per un comportamento bestiale, il padre aggiunge la irreversibile disperazione e si ammazza.

Peggio di così non poteva andare. Confesso di essere rimasto molto turbato di fronte a questa vicenda, che racchiude in sé la sintesi dei mali, personali e sociali. Tutto è contenuto in tale cronaca nera: più nera di così…

Non sono un fanatico che vede il diavolo aggirarsi nelle nostre strade, ma qualche dubbio atroce mi coglie. Mi risulta che papa Paolo VI, dopo avere dialogato con il professor Vittorino Andreoli, noto criminologo e famoso psichiatra, lo abbia accompagnato cortesemente all’uscita, suggellando in modo inquietante lo scambio di opinioni che avevano avuto: «Si ricordi professore che il diavolo esiste!».

Cos’è che dà un carattere demoniaco a questi episodi. Ce ne sono tante di vicende malefiche, ce ne sono sempre state…Che evoca una presenza demoniaca attiva è la strada senza uscita, una sorta di inevitabile baratro a cui certi fatti conducono. La psicologia, la sociologia, l’antropologia, la criminologia, la medicina, persino la letteratura, ammutoliscono.

Spero che anche i salotti mediatici si zittiscano e lascino spazio alla riflessione personale: sì, occorre tacere e riflettere. Non intendo vittimizzare e criminalizzare alcuno. È troppo profondo lo sgomento per scadere in discorsi di punizioni esemplari o di prevenzioni sociali. Certo, serve anche questo, ma c’è un qualcosa in più che dobbiamo cercare e possibilmente trovare.

Mi hanno sempre destato angoscia il tradimento di Giuda e il suo drammatico epilogo. Qualche scrittore ha ipotizzato che gli sia mancata l’umiltà del pentimento: avrebbe potuto trovare rifugio nelle braccia di Maria, la madre del Tradito. Non mi sento di giudicare né Giuda né tutti i Giuda della storia, anche perché in questa categoria mi ci sento, per qualche verso, dentro. Non la voglio nemmeno buttare nel demoniaco che ci assale e ci rovina.

Faccio mio quel che dice papa Francesco a proposito della discussa espressione del Padre nostro, quel “non indurci in tentazione” che rischia di lasciarci soli in balia del male che ci assale. Dice il Papa: «Non è mai Dio a tentarci, quell’«indurci» è una traduzione non buona. Nell’ultima versione Cei si legge «non abbandonarci». Il senso è: “Quando Satana ci induce in tentazione, Tu, per favore, dammi la mano, dammi la Tua mano».

Solo quella mano può salvarci dal baratro, ad essa bisogna aggrapparsi. E, per quello che può servire, facciamo in fretta a cambiare la dicitura del Padre nostro: il mio amico don Scaccaglia lo aveva fatto da tanto tempo. Non è una questione di forma: dobbiamo pregare e pregare bene. Per tutti. Padre nostro…