Noemi: un po’ Desdemona, un po’ Giulietta, un po’ Francesca

Questa tragedia si poteva evitare? Si riduce a questa striminzita domanda retorica, l’analisi mediatica di un fatto drammatico, quello dell’omicidio di una ragazza sedicenne ad opera del suo fidanzato diciassettenne, avvenuto a Lecce ed i cui angosciosi contorni ci spalancano una finestra sull’inferno. Noemi, manco a farlo apposta un nome biblico che richiama una vicenda di amore sublime a livello famigliare, viene uccisa dal suo innamorato a cui era legata da un rapporto fatto (così sembra) di violenza e intimidazione, subite al limite del masochismo.

Nel periodo dell’adolescenza si ha il fuoco dentro l’animo, si è portati ad estremizzare i sentimenti, a difenderne la “definitività” alla faccia di chi ce ne sottolinea la provvisorietà e la precarietà. Noemi è andata incontro a morte (quasi) certa, difendendo eroicamente il proprio amore, non volendo credere all’evidenza prospettatale dalla sua famiglia, amando nonostante tutta la violenza che subiva e andando contro tutti coloro che volevano distoglierla da questo sogno estremamente pericoloso. Anche Desdemona nell’Otello di Shakespeare non è tanto vittima della gelosia e della vendetta, come si dice sempre e superficialmente, ma di se stessa, del suo amore paradisiaco a dispetto dell’infernale macchinazione che le viene imbastita contro.

Intorno a Noemi si è proprio creata una situazione di drammatico contrasto. Prima di essere schiacciata sotto i massi della campagna salentina, viene stretta in una paradossale morsa sentimentale : da una parte i suoi genitori che vogliono difenderla da un destino assai problematico, dall’altra il suo innamorato che invece di apprezzare la sua forte disponibilità, sembra cogliere un odioso contrasto tra famiglie e, stando alle sue prime ammissioni ed al probabile ruolo attivo (tutto da dimostrare) del padre, difende e vendica (forse) il suo clan contro quello dell’amata. In un fatto di parecchi anni fa, Erika si chiamava la ragazza, i due fidanzatini precipitavano all’inferno e giustiziavano diabolicamente e di comune accordo la famiglia rea di osteggiare il loro sogno d’amore. Oggi Noemi è la vittima sacrificale di tutto: dell’amore impossibile, delle famiglie perbene, della società guardona, financo della comunità cristiana assente e balbettante (persino il parroco cade nel tranello del “si poteva evitare?”). Siamo ad una versione stranita di Romeo e Giulietta (sempre con Shakespeare abbiamo a che fare), di Paolo e Francesca (la Divina Commedia dantesca). Se la vicenda richiama le più grandi creazioni letterarie di tutti i tempi, vuol dire che è veramente profonda.

Si tratta di una vicenda in cui psicologia, sociologia, letteratura e storia si intrecciano, creando una miscela che è esplosa nelle tenere e dolci mani di Noemi. Ecco perché non sopporto il chiacchiericcio scatenatosi, volto solo a cogliere l’aspetto “cronachistico” e “giudiziario” della vicenda. Polizia e magistratura potevano evitare questo disastro? Sì, se ne vediamo solo gli effetti finali; no, se ne sondiamo le motivazioni profonde. Non vorrei esagerare, ma questa triste vicenda interroga tutti e non se ne esce cercando disperatamente l’argine a valle per un diluvio a monte. Questo è un fatto che non rientra nemmeno nel cliché del machismo violento: anche questo c’entra se vogliamo, ma c’è ben altro. Solo il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca ha il coraggio di approfondire: «Trovare una risposta giusta a questo gesto è difficile. Si tratta di adolescenti, di ragazzi che ancora non hanno sviluppato appieno la loro personalità, i loro desideri, i loro progetti, i loro sogni. Certamente c’è anche una storia precedente che in qualche modo ha toccato la vicenda dei due ragazzi. Quello che mi pare evidente, anche dalle parole lasciate su Facebook dalla ragazza, è che c’era da parte sua un desiderio di amore vero, di amore puro, che fosse fatto d’incontro e dialogo. Sono parole che invitano a un rapporto sincero».

La verità giudiziaria non sarà esauriente. Qui non siamo in una caserma dei carabinieri o in un’aula di tribunale, qui guardiamo il paradiso con i piedi ben piantati all’inferno. Speriamo che il paradiso possa attendere chi si vuole liberare dall’inferno. Noemi si è liberata ed è in paradiso. Noi tutti, più o meno, rimaniamo attaccati all’inferno.