L’ipocrisia dell’emergenza e della legalità

Una bella vignetta apparsa sul quotidiano Avvenire fotografa molto acutamente la situazione emergenziale italiana. Su una scialuppa di salvataggio tre naufraghi aspiranti immigrati si scambiano alcune parole. Uno di essi dice: «Le mafie in Italia hanno un fatturato di oltre cento miliardi di euro». Il secondo gli risponde: «E poi l’emergenza saremmo noi…». Il terzo prende atto.

Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, guarda in faccia la realtà e sostiene: «Non è “emergenza” il fenomeno dei migranti – richiedenti asilo o economici – che in questa forma risale ormai alla fine del secolo scorso e i cui numeri, sia assoluti che percentuali, sarebbero agevolmente gestibili da politiche degne di questo nome. (…) L’emergenza riguarda la nostra umanità: è il nostro restare umani che è in emergenza di fronte all’imbarbarimento dei costumi, dei discorsi, dei pensieri, delle azioni che sviliscono e sbeffeggiano quelli che un tempo erano considerati i valori e i principi della casa comune europea e della “millenaria civiltà cristiana”, così connaturale al nostro paese».

In questi giorni, mentre riempiamo la bocca e le pagine di legalità miserevolmente contrapposta alla solidarietà verso i migranti, a Licata, nel cuore della Sicilia, il sindaco, che da mesi viveva sotto scorta dopo essere stato minacciato, aggredito, dopo aver subito ben due incendi alle sue case, per la sua battaglia contro gli edifici abusivi, viene sfiduciato dal consiglio comunale con un autentico colpo di mano a cui sembra abbiano addirittura partecipato alcuni consiglieri in odore di abusivismo. Un vero e proprio incredibile soccorso politico alla rovina territoriale, che oltretutto si ritorce contro di noi, quando la realtà naturale mette a nudo la nostra fantasia criminale.

È più illegale un povero diavolo che si rifugia in Italia senza avere i documenti in ordine o un italiano che difende a spada tratta la sua proprietà abusiva magari opportunamente difeso dalla politica (i cinque stelle sembrano vaneggiare e addirittura teorizzare e difendere “l’abusivismo di necessità” in cerca di consensi per le prossime elezioni regionali siciliane). Abusivi di necessità ok, scempi edilizi sanati, immigrati di necessità a casa loro: questa è la nostra legalità.

Poi arriviamo a Foggia e si squaderna davanti a noi una situazione di vera propria guerra mafiosa a suon di droga, estorsioni, delitti, lupare bianche, faide tra clan, omicidi, di fronte a uno Stato assente, che manda precipitosamente il suo pur bravo ministro degli interni ad assicurare una risposta durissima agli attacchi della delinquenza organizzata. Mafiosi tollerati, clandestini criminalizzati: questo è il concetto di legalità che abbiamo.

Ognuno vede l’emergenza dove gli fa più comodo. Ognuno difende la legalità a suo modo. Le contraddizioni sono evidentissime e tali da svergognare gli improvvisati tutori del (dis)ordine umanitario, ma anche legalitario.

Termino citando ancora Enzo Bianchi: «Sragionare per slogan, fomentare anziché capire e governare le paure delle componenti più deboli ed esposte della società, criminalizzare indistintamente tutti gli operatori umanitari, ergere a nemico ogni straniero o chiunque pensi diversamente non è difesa dei valori della nostra civiltà, al contrario è la via più sicura per piombare nel baratro della barbarie, per infliggere alla nostra umanità danni irreversibili, per condannare il nostro paese e l’Europa a un collasso etico dal quale sarà assai difficile risollevarsi».