La fluidità degli schieramenti politici trova un assurdo riscontro nell’anomalia siciliana. In vista delle imminenti elezioni regionali si è scatenata una corsa alle combinazioni più strane da presentare agli elettori: una vera e propria esercitazione in preparazione del compito in classe delle elezioni politiche. Si sovrappongono però problemi di governo (la manovra economica per il 2018), problemi legislativi a livello parlamentare (Ius soli), tattiche elettorali (dove e con chi sta Alfano), (dis)accordi a sinistra (con chi sta Pisapia) ed altro ancora.
In questa bagarre i temi siciliani vengono bellamente ignorati e quelli nazionali restano sullo sfondo ben coperti dalle tattiche improvvisate nella penombra, sarebbe meglio dire nel buio, della legge elettorale. Restano cioè fuori campo i motivi del contendere e le regole di tale contesa. Si vedono e si sentono i contendenti che menano colpi a destra e manca in una gara che assomiglia alla mosca cieca o alle pignatte della politica.
In realtà al di sotto di questa confusa diatriba esiste una triste realtà che accomuna destra e sinistra, vale a dire il prevalere di finte questioni identitarie, per non dire ideologiche (che diventano soprattutto personalistiche), sui veri nodi programmatici. In una situazione del genere è inevitabile che prevalgano le spinte populiste e qualunquiste interpretate dai cinque stelle e dalla Lega. Se a un commensale affamato presenti un menù dietetico, non gli rimarrà altro che buttarsi a capofitto sul cestino del pane, buono o balordo che sia.
Come voteranno i siciliani? Non ne ho la più pallida idea. Certo non staranno molto a sottilizzare sulle mosse di Tizio o Caio e andranno al sodo. E in cosa consiste il sodo? Lo sanno tutti e tutti fanno finta di niente. Mi preoccupa questo assordante silenzio programmatico della politica che potrebbe essere disgraziatamente colmato da chi è maestro a prendere il toro per le corna e questo “chi” non è certo Beppe Grillo, il quale pregusta una sonora e inconcludente vittoria.
Il dibattito mediatico si riduce a discussioni minimaliste e furvianti: sul fatto se nella prossima manovra economica debbano prevalere gli interessi dei giovani o dei pensionati, se lo Ius soli sia compatibile o meno con le paure della criminalità e del terrorismo, se per la legge elettorale si debba scegliere il Consultellum del Senato o quello della Camera.
A proposito di Senato e Camera mi viene alla mente un episodio di rara valenza qualunquista, accaduto a margine dei lavori in un seggio elettorale. Si ripeteva insistentemente che i giovani votavano solo per la Camera. Dillo una volta, dillo due, ad un certo punto uno scrutatore affermò maliziosamente: «Sì i giovani votano per la Camera, la
camera da letto…». Forse non è più vero anche perché non hanno la possibilità di allestirla. Quel che voglio dire è questo: o la politica si riappropria del suo ruolo o c’è da temere seriamente una deriva qualunquista che può portare a sbattere…